2021-02-26
Draghi strapazza l’Ue sui vaccini. «Non dà certezze, ora si muova»
Il premier promuove il modello inglese e spinge perché le case producano in Europa. Il Consiglio lo segue nella linea dura con le aziende inadempienti: «Vieteremo loro l'export». Intanto David Sassoli chiede i patentiniIl cantiere europeo sul necessario cambio di passo nella strategia vaccinale è stato aperto ieri dal vertice in videoconferenza tra i 27 capi di Stato e di governo, il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, e la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. Si tratta del primo summit con Mario Draghi in veste di presidente del Consiglio, nonché di presidente di turno del G20. E la sua posizione è già chiara: le aziende che non rispettano gli impegni non dovrebbero essere scusate. Secondo quanto riferito da fonti diplomatiche europee, il premier italiano ha richiamato gli esempi del Regno Unito e degli Stati Uniti chiedendo perché l'Europa non possa seguire la stessa strada, ha invitato a guardare ad altre produzioni fuori della Ue, e ha sollecitato un approccio comune sui test e un migliore coordinamento per l'autorizzazione all'export. Linea accolta dal Consiglio europeo, che è orientato a chiedere un approccio più rigido nell'applicazione del divieto di esportare per quelle aziende farmaceutiche che non rispettano gli impegni presi nella fornitura. Per rallentare la corsa delle mutazioni «occorre andare più veloce», ha commentato di fronte alle slide sulle consegne delle dosi di vaccino del secondo e del terzo trimestre, definendo i numeri poco rassicuranti, perché non danno certezze. Nell'Ue sono stati distribuiti complessivamente 51,5 milioni di dosi. In tutto sono state 29,17 milioni le somministrazioni. Il tasso di vaccinazione è salito così all'8% (il 5% ha ricevuto la prima dose, il 3% anche la seconda), con l'obiettivo di immunizzare il 70% della popolazione adulta, ovvero 255 milioni di persone. Alla videoconferenza, la von der Leyen ha mostrato altre due diapositive: una secondo cui nel secondo trimestre si potrebbe raggiungere la consegna di circa 600 milioni di dosi, tra quelle confermate, da confermare, e di vaccini ancora da autorizzare. Il numero nel terzo trimestre sale intorno al miliardo e mezzo, ma sempre tra dosi confermate, da confermare e di sieri ancora da approvare. La terza diapositiva mostra invece una mappa dei siti Ue per l'aumento della capacità produttiva in Europa (l'Italia figura con due siti, per il confezionamento delle dosi da iniettare). Quanto al programma Covax, lo strumento per l'accesso globale ai vaccini anti Covid, Draghi ha evidenziato un problema di credibilità nei confronti dei cittadini europei se si avviassero le donazioni in questo momento. In sostanza, il premier ha detto di comprendere in pieno le ragioni morali, ma di non essere a favore delle donazioni ora, proprio perché l'Unione è troppo indietro sulle vaccinazioni. Il presidente dell'Europarlamento, David Sassoli, ha invece proposto l'introduzione di un «certificato vaccinale», come «strumento di politica della mobilità in Europa» e come «modo per incoraggiare la riapertura». Ma nessuna decisione definitiva è stata presa.Nella discussione tra i 27 Paesi dell'Unione, a tenere banco è stato dunque il tema della produzione e distribuzione dei vaccini. Per questo, ieri, al Parlamento Ue sono stati ascoltati anche i rappresentanti delle case farmaceutiche. «So che c'è stata delusione ma vi assicuro che facciamo tutto il possibile per consegnare le 40 milioni di dosi. La nostra priorità è venire incontro alle aspettative più alte», ha spiegato l'ad di Astrazeneca, Pascal Soriot, in audizione. Aggiungendo che «non è la condivisione dei brevetti il problema, ma incrementare la produzione». Astrazeneca non ha «alcun magazzino», nel senso che le dosi vengono spedite non appena confezionate, «quindi ogni volta che si verificano problemi di produzione si sentono subito». La rappresentante di Pfizer, Angela Hwang, ha invece sottolineato che «i divieti all'esportazione non sono una soluzione, il nostro vaccino usa 200 ingredienti e materiali da 86 fornitori in 19 Paesi del mondo, quindi noi siamo contrari a qualsiasi restrizione agli scambi e chiediamo che alcuni prodotti critici siano liberi di circolare su scala globale». Nel frattempo, la casa farmaceutica statunitense ha avviato trattative con undici aziende con stabilimenti in Europa per ampliare la produzione del suo vaccino anti Covid, la maggior parte delle quali si trova in Germania, altre in Svizzera. Con Biontech è stato inoltre avviato uno studio per vedere se una terza dose del vaccino già autorizzato aumenterebbe l'efficacia contro nuove varianti, come il ceppo identificato per la prima volta in Sudafrica. Buone notizie arrivano, infine, da Curevac, che si aspetta autorizzazione per il suo vaccino «a fine maggio, inizio di giugno», ha detto ieri l'ad Franz-Werner Haas, spiegando che il gruppo sta collaborando con una società acquisita da Tesla per avere siti di produzione mobili da usare in regioni dove scoppiano focolai. Nel frattempo, davanti all'incalzare del pericolo varianti, l'Agenzia europea del farmaco (Ema) ha deciso di diffondere le linee guida che le aziende produttrici dei vaccini già approvati (o che lo saranno in futuro) dovranno seguire per modificare i loro prodotti per renderli ugualmente efficaci e ottenere le necessarie autorizzazioni. «È una priorità urgente per la salute pubblica», scrive l'Ema, «definire un processo rapido per l'adattamento dei vaccini affinchè proteggano contro le attuali e future varianti» del virus. Il contributo italiano alla risposta globale alle nuove pandemie si articolerà anche nel Global health summit, coorganizzato con la Commissione Ue, in connessione con la presidenza italiana del G20. Nella sessione di oggi si discuterà del coordinamento comunitario in materia di sicurezza: l'Ue punta a rafforzare la Difesa, per promuovere una maggiore sinergia con l'amministrazione Usa do Joe Biden e rilanciare l'agenda transatlantica.