2023-01-21
Medici in lotta per cambiare sesso ai minori
Endocrinologi e pediatri si scagliano addosso agli psicologi che avevano lanciato l’allarme per fermare la somministrazione dei farmaci che bloccano la pubertà. Incuranti dei rischi per la salute. E per la psiche.La Spi, la Società psicoanali-tica italiana, scrive al governo per denunciare i rischi delle terapie sperimentali usate per bloccare la pubertà e far iniziare il cambio di sesso ai bambini. Immediata la levata di scudi di pediatri ed endocrinologi che corrono a difendere i farmaci «incriminati». Alla fine l’agenda gender ha fatto irruzione anche nel dibattito italiano. È bastata una lettera della Società psicoanalitica italiana (Spi), inviata a Giorgia Meloni per attirare l’attenzione sul rischio di danni fisici e psichici dei farmaci che bloccano la pubertà in bambini e adolescenti con disforia di genere, a innescare la polemica, cavalcata da sette società scientifiche (Sie, Siedp, Sigis, Siams, Onig, Sinpia insieme con la Sip, Società italiana di pediatria). Il cartello delle sette sorelle gender ha preso carta e penna e vergato una replica per sostenere che la posizione degli psicoanalisti, guidati dal professor Sarantis Thanopoulos, «contiene errori di interpretazione e imprecisioni in contrasto con i dati scientifici a oggi disponibili». Sotto accusa è la somministrazione della triptorelina, molecola che agisce sul sistema endocrino per arrestare la pubertà, consentendo agli adolescenti che ne fanno uso di non identificarsi nel proprio corpo e guadagnare tempo, in attesa di assecondare il proprio desiderio percettivo. «Il farmaco», puntualizzano le sette società, «è stato autorizzato dal Comitato nazionale di bioetica nel 2018 e approvato da Aifa nel 2019». In realtà non è così: la triptorelina è stata autorizzata da Aifa come uso «off label», ossia fuori dalle indicazioni generali, sotto la responsabilità dei singoli medici, e il Comitato nazionale di bioetica non ne ha affatto liberalizzato l’uso per i casi di disforia di genere (come erroneamente riportato), ma ha «raccomandato di consentire l’uso di questo farmaco solo in casi molto circoscritti, con prudenza, con una valutazione caso per caso». La polemica ruota inoltre intorno ai cosiddetti «detransitioner», ossia gli adolescenti che, dopo aver affrontato la terapia, cambiano idea e vogliono tornare al sesso che avevano alla nascita (provocatoriamente definito sesso «assegnato») con grandi difficoltà, non soltanto sanitarie - la transizione da un genere all’altro è molto più seguita e sostenuta della detransizione - ma anche sociali. Secondo Annamaria Colao, presidente della Società italiana di pediatria, e Mariacarolina Salerno, presidente della Società di endocrinologia pediatrica, «gli studi di follow up dimostrano che i trattamenti con farmaci bloccanti la pubertà sono reversibili, consentono di guadagnare tempo per riflettere e sono in grado di ridurre in modo significativo depressione, rischio suicidario e comportamenti autolesivi negli adolescenti trattati». Ma gli studi internazionali non hanno trovato evidenze sulla certezza della reversibilità, e alcuni di questi quantificano la percentuale di ragazzi che hanno scelto la detransizione in uno sconvolgente 25%. Il numero potrebbe essere decisamente più alto, considerato che i membri della comunità transgender negli Stati Uniti, uno dei Paesi in cui la transizione è più diffusa ma anche più politicizzata, considerano i detransitioner che cambiano idea dei «pentiti», e li trattano come tali, discriminandoli. La transizione è ormai diventata, negli Usa, un florido business, tanto che si parla chiaramente di gender industry: un confronto tra la mappa delle cliniche «pediatriche» per cambio di sesso e terapie ormonali nel 2007 e nel 2022 mostra che nell’arco di 15 anni, il numero è spaventosamente aumentato. Papa Francesco ha fermamente condannato l’ideologia gender sottolineando che «oggi ai bambini - ai bambini! - a scuola si insegna questo: che il sesso ognuno lo può scegliere. E perché insegnano questo? Perché i libri sono quelli delle persone e delle istituzioni che ti danno i soldi. Sono colonizzazioni ideologiche, sostenute anche da Paesi molto influenti. E questo è terribile». Le teorie di genere infiammano anche la polemica politica tra Democratici e Repubblicani Usa, mentre dagli studi emerge che molti adolescenti americani non vogliono necessariamente medicalizzare la transizione ma tengono di più all’identificazione «non binaria», anche se non hanno cambiato genere né fatto terapie ormonali. Il fenomeno è in ascesa, insomma, ma la partita in gioco è soprattutto ideologica e sociale.Colao e Salerno ritengono che la polemica innescata dagli psicoanalisti «rischia di creare un allarme ingiustificato nei ragazzi con disforia di genere, in cui è presente una profonda sofferenza legata al pregiudizio e allo stigma». Ma il fervore è contraddetto dai numeri: per quanto sia relativamente ma non massivamente diffuso, il ricorso ai farmaci per arrestare la pubertà porta con sé non soltanto contraddizioni ma anche minacce alla salute: tra il 2013 e giugno 2019, la Food and drug administration registrava 41.213 eventi avversi, tra cui 6.379 decessi e 25.645 reazioni «gravi» in piccoli pazienti che avevano preso il bloccante ormonale conosciuto come Lupron, prescritto a migliaia di adolescenti sani.
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