2023-02-08
Dietro la predica c’è la furia del Cda. «Esclusi dai dialoghi con il Colle»
La retorica melensa dell’attore in ginocchio dal presidente nasconde un retroscena. Tutti i consiglieri hanno saputo del blitz di Sergio Mattarella da Amadeus: trattativa Stato-Festival in mano a Lucio Presta. Carlo Fuortes sotto tiro.Call my agent, puntata dal vivo. Nessuno sapeva in Rai, fino all’ultimo momento, della presenza di Sergio Mattarella sul palco del Teatro Ariston per la partenza col botto del Festival di Sanremo perché nessuno dei protagonisti del blitz ha ritenuto di avvertire gli azionisti dell’azienda culturale più importante del Paese, finanziata con i denari dei contribuenti. L’invito e il conseguente accordo dipendono da una trattativa dello staff di Amadeus direttamente con il Quirinale, per la precisione il potente Lucio Presta da una parte e il consigliere per la comunicazione del capo dello Stato, Giovanni Grasso, dall’altra.Mentre il presidente della Repubblica, con la figlia Laura, raccoglieva gli applausi della sala canterina dopo quelli della Scala (prima la musica lirica, poi la leggera, un bel record quanto a mondanità), fegati in subbuglio si agitavano ai piani alti di viale Mazzini. La Rai senza bussola funziona così. Letteralmente sotto shock il consiglio d’amministrazione, bypassato in tromba, che in giornata è stato costretto a scrivere una lettera alla presidente Marinella Soldi per rammaricarsi «di non poter essere a Sanremo a fare gli onori di casa a un capo dello Stato per la prima volta al Festival». I componenti del cda hanno sottolineato che «l’assenza non è motivata da sgarbo istituzionale ma dall’averlo saputo a cose fatte». Un modo elegante per lanciare un siluro a Soldi e all’ineffabile ad Carlo Fuortes, che hanno tenuto sotto coperta invito e trattativa. E che, secondo alcune voci, neppure sapevano ciò che si stava organizzando.Mattarella apre sul palchetto, con Amadeus e Gianni Morandi in adorazione in un’atmosfera da strapaese; Volodymyr Zelensky chiuderà con fremiti bellici. E la Rai che organizza fa la figura del taxi. Al di là dell’alto valore istituzionale della presenza quirinalizia, rimane lo sgarbo concretizzatosi alla presentazione dell’ospite più importante senza mai citare l’azienda. Una decisione di Amadeus che ha creato fibrillazione, contrarietà, mitigata solo dal rispetto assoluto per il presidente della Repubblica.«Sono emozionato ma soprattutto grato al presidente per aver accettato il mio invito e per questo voglio ringraziare il consigliere per la comunicazione del Quirinale, dottor Giovanni Grasso, e Lucio Presta, che lavorano da tempo affinché questo possa accadere», spiega il presentatore in mattinata, all’annuncio dell’ospite eccezionale. Non cita mai la Rai. Qualche presente mugugna: «Avrebbe potuto farlo anche solo per una questione di stile». Anche questo è un inedito che conferma l’onnipotenza degli esecutori rispetto a organizzatori e dirigenti. È singolare soprattutto il ruolo di Presta. L’ex ballerino di Cosenza ormai è più decisivo di Fuortes nel determinare non solo le scalette, ma anche i programmi e le guest star. L’agente (di attori, presentatori, ballerine), ma pur sempre con la maiuscola. Quello più defilato anche nelle cronache dei giornali, quello che vince sempre. Tre anni fa riuscì a far calcare il palco più nazionalpopolare a Rula Jebreal aprendo e chiudendo le trattative con l’allora ad Fabrizio Salini, dopo che la giornalista aveva definito gli italiani «un popolo di razzisti in un paese fascista».Per Sanremo, ormai, ha un ruolo chiave. Scaletta, ospiti, assenze eccellenti: da lui bisogna passare. In un’intervista al Sole 24 Ore, la strategia Rai per il futuro legata al Festival l’ha declinata Presta, chi altri. «Sanremo è lo specchio del Paese, anzi è il Paese. Ma non può durare solo una settimana, in un certo senso è diventato una serie tv. Siamo nell’epoca della serialità e il Festival non fa eccezione. Abbiamo il più grande strumento di comunicazione generalista, il Tg1, costruiamo con lui una narrazione che abbracci più mesi e faccia discutere per un anno». Obiettivo, un Festival permanente con lui dietro le quinte a dettare i tempi del gossip. Si torna in diretta, riecco lo scalone dell’Ariston percorso in fretta da Roberto Benigni, messo lì nella speranza che mostri qualche zingarata pop in direzione di Mattarella. Dopo la Carrà e Berlinguer, manca alla collezione. E infatti eccolo. «Presidente, lei è al secondo mandato mentre Amadeus ha già prenotato il quinto. È un colpo di Stato». Poi chiede il «binocolone per vedere se è davvero il presidente». Alla fine, un consiglio: «Lo vuole vedere tutto, il Festival? Può andare via anche dopo metà». Chiacchiere in lungo e in largo di un comico sopravvissuto a sé stesso, che si aggrappa alla parola Costituzione per provare a dare un senso a uno sproloquio che non ne ha.In onore all’articolo 21 («Tutti hanno diritto di manifestare il proprio pensiero»), osiamo dire che il Roberto nazionale avanza nella noia di frasi come «l’Italia ripudia la guerra» senza cogliere il dettaglio - chiaro da un anno anche ai bambini - che la guerra non ripudia l’Italia. Mentre Mattarella lo guarda con imbarazzo, Benigni non riesce a spegnersi, sfora i tempi, del resto il suo agente (guarda un po’) è Presta. Ma la dentiera gli balla in 4K e finalmente qualcuno trova il tasto off. La vita è bella.
L'ex procuratore di Pavia Mario Venditti (Ansa)
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