2019-06-27
Negli Usa pronti via con le primarie dem: luoghi comuni e buonismo
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Pochi guizzi e molta prevedibilità. Il primo dibattito tra i candidati alla nomination democratica del 2020, organizzato NBC News a Miami, non ha brillato per particolari sorprese.Attacchi contro Trump e toni melodrammatici. A questo, in sostanza, si è ridotto il primo dibattito tra i candidati alla nomination democratica del 2020. Un confronto televisivo sbiadito, senza particolari guizzi, che ha messo in luce – una volta di più – non solo le profonde spaccature interne all'Asinello ma anche – più in generale – la difficoltà che i democratici stanno riscontrando nel criticare Donald Trump. A dispetto dei sondaggi che lo vedrebbero perdente praticamente contro ogni dem attualmente in lizza, il presidente può al momento contare su due fattori non indifferenti: il mantenimento della stretta sull'immigrazione e i buoni risultati economici raggiunti. E, proprio su questi due fronti, i democratici hanno cercato di concentrarsi nel dibattito. Con risultati tuttavia abbastanza scarsi.La questione migratoria è stata tra i principali temi affrontati. Ad occuparsene è risultato soprattutto l'ex ministro, Julian Castro, che ha criticato il presidente, invocando una riforma complessiva della materia migratoria. Il candidato ha inoltre affermato di voler smantellare la politica della tolleranza zero adottata dall'amministrazione Trump, favorendo – tra l'altro – gli immigrati clandestini nel processo di acquisizione della cittadinanza americana. Castro ha quindi citato il recente caso del padre e della bambina affogati nel Rio Grande.«L'immagine di Oscar e sua figlia, Valeria, è straziante. Dovrebbe anche farci infuriare tutti», ha dichiarato. Nelle parole di Castro era chiaramente sottintesa l'intenzione di attribuire la responsabilità dell'episodio allo stesso Donald Trump. Una linea, in buona sostanza ripresa anche dal senatore del New Jersey, Cory Booker, che ha lasciato intendere come la morte dei due migranti sia dovuta proprio al presidente, colpevole – a suo dire – di tagliare risorse per risolvere i problemi migratori. Insomma, la gestione dell'immigrazione clandestina torna al centro della battaglia politica. I democratici sanno infatti che, sul tema, Trump si giochi gran parte della rielezione nel 2020. E, per questa ragione, cercano di bersagliarlo ripetutamente: non solo nell'agone elettorale ma anche – come accaduto negli ultimi mesi – a livello giudiziario, intentando cause contro il muro al confine con il Messico. Una linea, quella democratica, che deve fare i conti con alcune contraddizioni interne. In primo luogo, non bisogna dimenticare che sia stato proprio l'Asinello, in passato, a realizzare barriere al confine meridionale: si pensi soltanto alla presidenza Clinton negli anni '90. In secondo luogo, qualche mese fa, il senatore del Vermont, Bernie Sanders, si è chiaramente detto contrario alla politica delle frontiere aperte. Una mossa che va incontro alle istanze della classe operaia impoverita della Rust Belt. Una quota elettorale, un tempo democratica, che nel 2016 ha votato per Trump, convinta dalle sue posizioni in tema di commercio internazionale e di stretta migratoria. Non è quindi chiaro se la linea morbida e buonista in termini di immigrazione possa aiutare l'Asinello a recuperare quel fondamentale voto, in vista del 2020.Altro elemento caratterizzante del dibattito di stanotte è risultato il tema economico. Anche qui, i democratici si trovano da mesi in un certo imbarazzo. Con i principali indicatori fortemente favorevoli, Donald Trump si trova al momento in una botte di ferro. I suoi avversari hanno quindi un'arma spuntata quando lo attaccano sulla questione e – non a caso – hanno preferito concentrarsi stanotte sulla questione delle disuguaglianze sociali e del contrasto alle big corporation. Su questo fronte è stata la senatrice del Massachusetts, Elizabeth Warren, a fare la parte del leone, attaccando i giganti economici, la delocalizzazione della produzione e le crescenti sperequazioni sociali. Una linea che ha provato a far propria anche il sindaco di New York, Bill de Blasio, il quale non è tuttavia riuscito a scalzare la senatrice dal suo ruolo di «paladina anti-corporation». Tanto che, alla fine, il primo cittadino della Grande Mela ha dovuto accontentarsi di un misero ruolo da comparsa, fondamentalmente incolore e privo di effettivo significato. Ciò detto, anche su questo fronte le armi dei dem si sono rivelate piuttosto spuntate. In questi anni di governo, Trump ha mantenuto un rapporto non sempre cordiale con i colossi economici (si pensi solo ai frequenti attriti con Amazon). Senza poi dimenticare come l'attuale presidente si sia sempre speso per contrastare la delocalizzazione della produzione (soprattutto nel settore automobilistico). Insomma, la retorica dem forse sbaglia bersaglio. E se è vero che l'attacco politico in campagna elettorale è necessario, bisognerebbe forse calibrarlo meglio. Altrimenti il rischio è fare un regalo all'avversario. Non sarà del resto un caso che dalle parti della Casa Bianca si gongola.I democratici sembrano trovare compattezza solo su alcuni loro classici cavalli di battaglia, come l'aborto o i diritti civili. Cavalli di battaglia che, piaccia o meno, non sembrano destinati tuttavia a risultare così dirimenti in vista delle elezioni del 2020, quando – con ogni probabilità – saranno dossier come i salari e il protezionismo commerciale a prendersi il centro della scena. Senza poi trascurare che nell'Asinello si litighi anche su questioni un tempo più o meno condivise. Si pensi solo alla sanità. Questa notte si sono infatti scontrati coloro che auspicherebbero un sistema sanitario universale (connesso all'abolizione delle assicurazioni private) con chi chiede – di contro – un modello meno invasivo da parte del governo federale. Un fattore che non farà che alimentare le già dure lotte intestine che sconvolgono l'Asinello.A livello generale, si può dire che – in definitiva – il dibattito di stanotte lo abbia vinto la Warren. Esito abbastanza scontato e già preconizzato da tutti i sondaggi. Indubbiamente la senatrice ha avuto il pregio di avanzare proposte chiare e dettagliate. Eppure non va trascurato che la sua vittoria sia stata favorita anche dalla presenza di competitor particolarmente scialbi. Si pensi solo all'ex deputato texano Beto O' Rourke, che è risultato caratterizzato da un preoccupante «effetto Marco Rubio»: un candidato da laboratorio, tutto marketing politico e ben poco arrosto. Nel corso della serata, si è mostrato irresoluto, tentennante, a tratti quasi imbambolato. Proprio lui, che da più di un anno i media americani (e nostrani) hanno spesso dipinto come la giovane promessa della politica statunitense (incuranti del fatto che fosse già stato sconfitto dal senatore repubblicano Ted Cruz nella corsa elettorale per il seggio senatoriale del Texas lo scorso novembre).Insomma, stando a questo primo dibattito, l'Asinello risulta perso dietro a battaglie di principio (talvolta un po' ipocrite) e ai crismi del politicamente corretto. Vedremo se nel confronto televisivo di giovedì sera emergerà qualche figura interessante o se resterà invece intatto questo generale piattume. Trump, per il momento, sta alla finestra e aspetta. Perché, nonostante i soliti sondaggi apocalittici, è in fin dei conti convinto che l'Asinello si stia scavando – ancora una volta – la fossa con le sue stesse mani.so".
Volodymyr Zelensky (Ansa)