2023-06-01
Demolì l’obbligo vaccinale: la toga finisce sotto inchiesta disciplinare
Susanna Zanda (nota anche per aver archiviato le querele temerarie di Matteo Renzi) è accusata di non aver seguito il dettato di Speranza & C. L’indipendenza dei giudici vale solo quando non si tratta di coronavirus?La giudice annullò il decreto Draghi sul ricatto vaccinale e, allora, oggi la puniscono, mettendola, a scoppio ritardato, sotto procedimento disciplinare.Alla faccia dell’indipendenza della magistratura. Alla faccia dell’autonomia della magistratura. Susanna Zanda, magistrato del tribunale civile di Firenze, finisce sulla graticola dopo che osò annullare la sospensione dal lavoro di una sanitaria che si era rifiutata di fare la terza dose di siero anti- Covid. Un verdetto, quello emesso dalla Zanda, pronunciato in tempi successivi alla sentenza della Corte costituzionale secondo la quale, come è noto, l’obbligo vaccinale con i sieri a mRna era cosa buona e giusta. Così, per aver scritto nella sua sentenza dello scorso 27 marzo, il contrario di quanto sentenziato dalla Corte Costituzionale tre mesi prima, ora, secondo la Procura generale di Firenze, Susanna Zanda sarebbe stata negligente e colpevole di non essersi allineata. Non si capisce come, in conformità con la Carta, possa essere sottoposto a procedimento disciplinare un giudice per le decisioni prese sull’applicazione di un decreto legge e però così sta succedendo a questo magistrato originario di Cagliari, già agli onori delle cronache per aver archiviato per due volte due querele presentate da Matteo Renzi e per questo apostrofato sui soliti giornaloni come «la giudice no vax che ha dato torto a Renzi». C’è’ forse lo zampino, in questa vicenda, di uno dei partiti che voleva strenuamente il buco per tutti? Chissà. Di certo qualche mese fa il deputato renziano Ivan Scalfarotto ha ritenuto doveroso scagliarsi contro di lei con un’interrogazione parlamentare al ministro della Giustizia Nordio per chiedere, appunto, di avviare un procedimento disciplinare; e il ministro, nella sua risposta di dieci giorni fa, si era pure dichiarato favorevole. Aveva specificato, Nordio, di considerare «meritevole di un approfondimento in sede disciplinare» l’operato della Zanda, ritenuto «particolarmente grave». A distanza di qualche giorno da queste dichiarazioni è stato notificato alla giudice il procedimento disciplinare e certo la tempistica è sospetta, anche se il fascicolo risulta aperto formalmente a maggio, cioè prima dell’interrogazione parlamentare e non si tratta comunque di un atto arrivato dal ministero della Giustizia.Nella sentenza incriminata con cui Susanna Zanda aveva sospeso dall’obbligo vaccinale una sanitaria, la giudice aveva evidenziato che si stavano obbligando i lavoratori a inocularsi una sostanza che non preveniva il contagio e che dunque il relativo decreto non andava applicato. Nel verdetto Zanda, inoltre, aveva evidenziato come non si possa obbligare nessuno a una cura, posto che i vaccini altro non fossero che trattamenti preventivi della malattia Covid 19 grave, sottolineando pure che la cosiddetta «Scienza» su cui si era basato il verdetto della Consulta fosse in realtà quanto dichiarato dalle autorità sanitarie in nome della «scienza», il che significava qualcosa di diverso - e chi ha studiato la letteratura scientifica sa che è così. Insomma, la giudice aveva emesso una sentenza basata su evidenze scientifiche e fatti ormai di dominio pubblico, ma per i suoi accusatori Zanda, semplicemente, non lo non doveva fare. Secondo la Procura generale, la giudice doveva attenersi - è questo il senso del procedimento - a quanto sentenziato dalla Corte Costituzionale. Tuttavia, le sentenze di rigetto della Consulta non hanno efficacia di giudicato, non comportano alcuna preclusione per i giudici di prime cure e non è previsto che esse debbano condizionare i giudizi di merito nelle aule giudiziarie, funzione questa invece riservata alla Corte di Cassazione; però, per il caso Zanda, evidentemente la Procura generale di Firenze ritiene sia legittima questa attività inquisitoria basata solo su quanto ufficialmente dichiararono e continuano a dichiarare le autorità in merito alla natura, l’efficacia e la sicurezza dei cosiddetti vaccini anti Covid. La giudice infatti viene accusata in particolare di aver «disatteso» le «indicazioni provenienti da organi e istituzioni nazionali e internazionali e preposti alla tutela della salute» specificando, gli accusatori della Zanda, quali fossero questi organi e istituzioni nazionali: ministero della Salute, Aifa e Cts. I quali, ad esempio - fa notare la Procura generale - negarono, come riportato pure dalla Consulta, che i vaccini anti Covid a mRna fossero sperimentali. Le autorità lo hanno negato e dunque questa è la verità, per la Procura generale e quindi, seguendo il ragionamento, se un magistrato nega queste verità tradisce il suo ruolo di tutore della legalità. Tuttavia sappiamo, specie da quando sono uscite le intercettazioni dell’inchiesta di Bergamo e le carte interne di Aifa, quanto invece tante sedicenti evidenze scientifiche fossero in realtà fake ufficiali confezionate ad arte per giustificare scelte politiche. E poi a quale scopo mettere adesso sotto procedimento la giudice no vax, visto che ormai obblighi e ricatti vaccinali sono caduti? La Procura generale che accusa la giudice scrive che il suo comportamento ne metterebbe in pericolo la stessa credibilità e il prestigio dell’ordine giudiziario ma il messaggio che arriva non è esattamente qualcosa a tutela della libertà e della democrazia di cui i magistrati, con il loro lavoro, dovrebbero essere garanti. Infine, tra le accuse che ora vengono rivolte a Zanda, c’è quella, rifiutandosi a suo tempo di esibire il super green pass, di aver messo in pericolo la salute dei colleghi non essendo «immunizzata». Una menzogna contro la logica e contro i fatti, che però evidentemente è ancora funzionale, oggi, alla censura.