2020-05-19
Da banca di sistema a banca d’Italia
Intesa, dopo aver puntato Ubi, diventa riferimento dell'intero comparto auto. Con 50 miliardi collegati al dl Liquidità e più di 100 messi nei Btp, mira a essere volano del Pil.I riflettori del mercato, del dibattito politico, sindacale e anche editoriale sono tutti puntati su Fca e sull'opportunità dell'operazione salva filiera da oltre 6 miliardi su cui potrebbe aprirsi il paracadute delle garanzie pubbliche (via Sace) garantito dal Dl Liquidità. Sembra invece passato in secondo piano il ruolo di un attore importante - anzi, indispensabile visto che è la banca che concederà la linea di credito - dell'intero intervento necessario a tenere in piedi il settore dell'automotive: Intesa Sanpaolo. Il gruppo guidato da Carlo Messina sta infatti mettendo in piedi una nuova operazione di sistema, la più grande di tutte considerando l'importo di cui si parla, peraltro replicabile anche per altre big dell'industria. Un prestito che si aggiunge al plafond da 15 miliardi messo a disposizione per il nuovo credito aumentato a 50 miliardi a seguito del decreto Liquidità, ai 100 milioni per il settore della sanità oltre alla moratoria per famiglie e imprese con 180.000 sospensioni di finanziamento per un controvalore di circa 22 miliardi. Mentre, anche sul fronte del sistema bancario, Intesa è in attesa del via libera dell'Antitrust, di Consob, Bankitalia, Bce e Ivass all'offerta «di sistema» su Ubi che vede coinvolti tutti i principali operatori del settore finanziario (come Unipol e Mediobanca) italiano. Senza dimenticare che il gruppo guidato da Messina possiede titoli del debito pubblico in quantità pari a quasi tre volte i 36 miliardi che il Mes si appresta a metterci a disposizione. Più i 450 miliardi di affidamenti, poco meno di un terzo del Pil, accordati al sistema Paese. Ora Intesa diventa istituto di riferimento e capofila del rilancio di un intero comparto. Quello dell'auto che da solo vale il 6,2% del Pil italiano e dà occupazione a circa il 7% di tutta la manifattura ma che è stato quasi dimenticato dal decreto del governo dove si è data la precedenza a biciclette e monopattini senza garantire sostegni mirati, rottamazioni e nuovi incentivi per le quattro ruote, a parte un contentino di 100 milioni per rafforzare l'ecobonus peraltro non esaurito lo scorso anno. In un'intervista rilasciata nei giorni scorsi al Messaggero, Messina ha sottolineato che «sarà fondamentale far arrivare rapidamente a destinazione le risorse stanziate». Tanto da suggerire, per accelerare l'erogazione dei prestiti garantiti dallo Stato deliberati dalle banche ma frenata dalla burocrazia, l'erogazione delle risorse all'impresa capo filiera, condizionando la destinazione del finanziamento al pagamento degli stipendi e dei fornitori entro un certo lasso di tempo. Proprio come verrà fatto, se la trattativa andrà in porto, con Fca. Intanto, domenica scorsa sull'operazione è intervenuto in tv Romano Prodi che, ospite di Lucia Annunziata, ricordando che Fca ha un quarto del fatturato del gruppo in Italia ha detto: «Il resto è all'estero. Ma è assolutamente legittimo finanziare imprese che sono localizzate in Italia, sia di proprietà straniera, sia italiana. Attenzione però: se io do dei soldi per fare una casa, devo sapere dove viene fatta, che progetto c'è. Devo, quindi, avere delle garanzie che gli investimenti vengano fatti in Italia». Ecco perché, ha aggiunto Prodi, «serve la capacità del governo di dialogare e imporre il rispetto dei patti presi e questo finora non c'è stato». Stavolta, però, se Giuseppe Conte e Roberto Gualtieri non ci riusciranno ci penserà Intesa. Il professore bolognese, va ricordato, viene dallo stesso mondo del patron di Intesa, Giovanni Bazoli. Con cui ha condiviso il legame con Beniamino Andreatta che negli anni Ottanta sceglie Bazoli per rifondare il Banco Ambrosiano reduce dalla tempesta Roberto Calvi e negli anni Novanta lancia la candidatura di Prodi alla presidenza del Consiglio con l'appoggio Bazoli. Il grande vecchio della finanza cattolica, ora presidente emerito di Intesa, ha affidato a Messina il compito di portare avanti il grande disegno della banca di sistema ma anche di aggiustare gli ingranaggi quando il meccanismo si inceppa. Del resto, lo stesso «sistema» è cambiato rispetto al solito schema del capitalismo di relazione. Oggi non basta più sedersi nei «salotti buoni» della finanza e dell'industria che un tempo erano il crocevia di interessi e di potere. Oggi conta chi ci mette i soldi. O li presta. Come Intesa Sanpaolo che da banca di sistema sta diventando la banca d'Italia.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
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