2021-05-27
Conte si fa liquidare e molla l’Inter. È il terzo scudettato di fila a saltare
Buonuscita di 7,5 milioni e addio a Zhang, che gli aveva prospettato investimenti ridotti e cessioni eccellenti Una clausola vieta al tecnico di stare in A: ipotesi Premier. La Juve congeda Paratici, l’uomo del caso Suarez Chi vince paga pegno e se ne va: per la terza volta consecutiva la squadra campione d’Italia cambia allenatore, e il calcio italiano si avvia verso una stagione, la prossima, ancora avvolta nella nebbia. Dopo Massimiliano Allegri e Maurizio Sarri, cacciati dalla Juventus dopo aver conquistato il titolo, tocca ad Antonio Conte: l’uomo di ferro non si è piegato, le prospettive di ridimensionamento dell’Inter che gli sono state sottoposte da Steven Zhang hanno convinto il tecnico a cambiare aria. Andrà probabilmente al Tottenham, Conte, dove troverebbe il suo ambiente ideale: un sacco di soldi, una rosa di qualità, niente Champions e quindi concentrazione tutta sul campionato. Ieri Conte ha trovato l’accordo per la risoluzione consensuale del contratto al termine di un lungo incontro con l’amministratore delegato Beppe Marotta e il direttore sportivo Piero Ausilio: l’allenatore riceverà una buonuscita pari alla metà dei 13,5 milioni netti che avrebbe dovuto incassare per il suo terzo e ultimo anno di contratto. L’Inter ha chiesto di inserire nell’accordo una clausola che impedisca al tecnico di allenare una squadra italiana l’anno prossimo. Dovranno farsene una ragione, gli ultras della Nord che ieri hanno esposto striscioni contro Zhang, il patron ha detto chiaro e tondo che per il prossimo anno la parola d’ordine è tagliare: niente acquisti top, ma cessioni, importanti e dolorose. Quelle, per intenderci, con le quali si possono ottenere plusvalenze. I nomi in uscita? Lautaro Martinez, Nicolò Barella, Stefan de Vrij, Alessandro Bastoni. Conte non ne ha voluto sapere di rimettersi al timone della barca nerazzurra con i motori depotenziati, con un titolo italiano da difendere e una Champions League da affrontare: arrivederci a (mica tante) grazie. In pole per guidare l’Inter il prossimo anno c’è Simone Inzagni, che ieri ha avuto l’ennesimo incontro con Claudio Lotito: l’addio alla Lazio è una ipotesi sempre più concreta per l’eterno destinato all’approdo in un top club. Toccherà a Beppe Marotta l’ingrato compito di riuscire e tenere insieme, anzi a rimettere insieme, un ambiente devastato dall’addio di Conte e dai tagli di Zhang: l’ad dovrà costruire una squadra competitiva in Italia e in Europa scommettendo su giovani promesse o manovrando con i prestiti, per eseguire gli ordini della proprietà. Se l’Inter piange, non ride il Milan: l’agognata qualificazione alla Champions è stata già oscurata dall’addio di Gigio Donnarumma. Pessima la figura della dirigenza milanista, che si è lasciata intrappolare da Mino Raiola, uomo al quale non si deve mai dare modo di arrivare all’ultima stagione di contratto di un proprio assistito. Quando succede, scatta la tagliola: non è servita a spaventare Raiola la mossa di tesserare Mike Maignan, portiere del Lille campione di Francia. «Donnarumma è stato leader», ha commentato ieri il dt rossonero, Paolo Maldini, «e spesso capitano. La gente fa fatica a capire cosa voglia dire fare il professionista, che deve essere pronto a cambiare casacca. Bisogna avere rispetto per chi ha dato tanto al Milan, non ci ha mai mancato di rispetto. Le strade si dividono», ha aggiunto Maldini, «non posso che auguragli il meglio». Il meglio o quasi: Gigio andrà alla Juve, che inizia ad accumulare raioliani (Matthijs De Ligt, difensore centrale classe 1999 della nazionale olandese, è patrocinato da Mino). In questo momento, però, la Juve ha tanti altri problemi a cui pensare: ieri è stata anche la giornata dell’addio di Fabio Paratici. «Dopo 11 stagioni di lavoro intenso», ha comunicato il club sul sito ufficiale, «di vittorie e grande passione sul campo e dietro alla scrivania, Fabio Paratici, managing director football area della Juventus, lascerà il club. Il suo contratto, in scadenza il 30 giugno 2021, non sarà rinnovato». Il dirigente e il presidente Andrea Agnelli si sono incontrati ieri alla Continassa e hanno sancito il divorzio, dovuto, secondo molti, alla necessità di separare le strade per tenere al riparo il club dal processo per il caso Suarez. L’addio di Paratici spalanca la porta al ritorno di Max Allegri, ma l’anno prossimo per i bianconeri si annuncia assai tempestoso: lo stesso Agnelli sembra ormai destinato a lasciare il posto al cugino il cugino Alessandro Nasi, per volontà del grande manovratore, ovvero John Elkann. Come dicevamo, per un Paratici che va può esserci un Allegri che viene: vedremo se Max accetterà di tentare di rimettere in piedi una Juve ai minimi termini, con l’addio di Cristiano Ronaldo ormai quasi inevitabile, o se Andrea Pirlo riuscirà a restare inchiodato alla panchina. A completare il quadro (della disperazione) l’ipotesi dell’esclusione dalla Champions per la questione superlega. Ieri sera i bianconeri - assieme a Real Madrid e Barcellona - hanno risposto alla Uefa che i tre club «esprimono il proprio rifiuto nei confronti dell’insistente coercizione, esercitata da Uefa. Questo comportamento preoccupante costituisce una palese violazione della decisione delle corti di giustizia, che hanno chiaramente ordinato alla Uefa dall’astenersi da qualsiasi tipo di azione che possa penalizzare i membri fondatori della Super League mentre i procedimenti legali sono in corso». Problemi, incertezze e psicodrammi anche in casa Napoli, dove la stagione si è conclusa con la disfatta di domenica scorsa contro il Verona e l’esclusione dalla Champions. L’addio di Rino Gattuso è durato quattro mesi, tanti ne sono passati dalla rottura definitiva con Aurelio De Laurentiis, patron che non riesce a non litigare con un suo allenatore: Ringhio si è accasato a Firenze, dove trova il compatriota calabrese Rocco Commisso. A Napoli dovrebbe arrivare Luciano Spalletti, ma la piazza è letteralmente in rivolta: la prestazione con il Verona ha scatenato le ire dei tifosi, mentre la mancata qualificazione in Champions comporterà cessioni importanti, a partire da quella di Kalidou Koulibaly. Niente rinnovo, fino ad ora, per il capitano Lorenzo Insigne, in scadenza 2022: nessun segnale dalla società.
(Guardia di Finanza)
I Comandi Provinciali della Guardia di finanza e dell’Arma dei Carabinieri di Torino hanno sviluppato, con il coordinamento della Procura della Repubblica, una vasta e articolata operazione congiunta, chiamata «Chain smoking», nel settore del contrasto al contrabbando dei tabacchi lavorati e della contraffazione, della riduzione in schiavitù, della tratta di persone e dell’intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.
Le sinergie operative hanno consentito al Nucleo di polizia economico-finanziaria Torino e alla Compagnia Carabinieri di Venaria Reale di individuare sul territorio della città di Torino ed hinterland 5 opifici nascosti, dediti alla produzione illegale di sigarette, e 2 depositi per lo stoccaggio del materiale illecito.
La grande capacità produttiva degli stabilimenti clandestini è dimostrata dai quantitativi di materiali di contrabbando rinvenuti e sottoposti a sequestro: nel complesso più di 230 tonnellate di tabacco lavorato di provenienza extra Ue e circa 22 tonnellate di sigarette, in gran parte già confezionate in pacchetti con i marchi contraffatti di noti brand del settore.
In particolare, i siti produttivi (completi di linee con costosi macchinari, apparati e strumenti tecnologici) e i depositi sequestrati sono stati localizzati nell’area settentrionale del territorio del capoluogo piemontese, nei quartieri di Madonna di Campagna, Barca e Rebaudengo, olre che nei comuni di Caselle Torinese e Venaria Reale.
I siti erano mimetizzati in aree industriali per dissimulare una normale attività d’impresa, ma con l’adozione di molti accorgimenti per svolgere nel massimo riserbo l’illecita produzione di sigarette che avveniva al loro interno.
I militari hanno rilevato la presenza di sofisticate linee produttive, perfettamente funzionanti, con processi automatizzati ad alta velocità per l’assemblaggio delle sigarette e il confezionamento finale dei pacchetti, partendo dal tabacco trinciato e dal materiale accessorio necessario (filtri, cartine, cartoncini per il packaging, ecc.), anch’esso riportante il marchio contraffatto di noti produttori internazionali autorizzati e presente in grandissime quantità presso i siti (sono stati infatti rinvenuti circa 538 milioni di componenti per la realizzazione e il confezionamento delle sigarette recanti marchi contraffatti).
Gli impianti venivano alimentati con gruppi elettrogeni, allo scopo di non rendere rilevabile, dai picchi di consumo dell’energia elettrica, la presenza di macchinari funzionanti a pieno ritmo.
Le finestre che davano verso l’esterno erano state oscurate mentre negli ambienti più interni, illuminati solo artificialmente, erano stati allestiti alloggiamenti per il personale addetto, proveniente da Paesi dell’Est europeo e impiegato in condizioni di sfruttamento e in spregio alle norme di sicurezza.
Si trattava, in tutta evidenza, di un ambiente lavorativo degradante e vessatorio: i lavoratori venivano di fatto rinchiusi nelle fabbriche senza poter avere alcun contatto con l’esterno e costretti a turni massacranti, senza possibilità di riposo e deprivati di ogni forma di tutela.
Dalle perizie disposte su alcune delle linee di assemblaggio e confezionamento dei pacchetti di sigarette è emersa l’intensa attività produttiva realizzata durante il periodo di operatività clandestina. È stato stimato, infatti, che ognuna di esse abbia potuto agevolmente produrre 48 mila pacchetti di sigarette al giorno, da cui un volume immesso sul mercato illegale valutabile (in via del tutto prudenziale) in almeno 35 milioni di pacchetti (corrispondenti a 700 tonnellate di prodotto). Un quantitativo, questo, che può aver fruttato agli organizzatori dell’illecito traffico guadagni stimati in non meno di € 175 milioni. Ciò con una correlativa evasione di accisa sui tabacchi quantificabile in € 112 milioni circa, oltre a IVA per € 28 milioni.
Va inoltre sottolineato come la sinergia istituzionale, dopo l’effettuazione dei sequestri, si sia estesa all’Agenzia delle dogane e dei monopoli (Ufficio dei Monopoli di Torino) nonché al Comando Provinciale del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco di Torino nella fase della gestione del materiale cautelato che, anche grazie alla collaborazione della Città Metropolitana di Torino, è stato già avviato a completa distruzione.
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