Solo macerie nel centrosinistra dopo la batosta elettorale. I dem s’interrogano sull’opportunità di continuare a genuflettersi al M5s che sta esplodendo. Grillo infierisce su Whatsapp: «Si muore più traditi dalle pecore...».
Solo macerie nel centrosinistra dopo la batosta elettorale. I dem s’interrogano sull’opportunità di continuare a genuflettersi al M5s che sta esplodendo. Grillo infierisce su Whatsapp: «Si muore più traditi dalle pecore...».Con il «Movimento 5%» non si può più trattare da pari a pari. Così come non si può più reggere la responsabilità di tenere insieme una coalizione che coalizione non è.Il giorno dopo la sconfitta in Liguria, nel Pd nessuno ha voglia di alimentare polemiche interne, soprattutto in vista delle prossime elezioni in Emilia-Romagna e in Umbria ma, a taccuino chiuso, non manca chi si lascia andare a una riflessione che appare tanto sensata quanto inopinatamente ancora minoritaria all’interno del partito: «Il Pd», riflette con la Verità un parlamentare dem di primissimo piano, «deve continuare a fare il Pd senza caricarsi dei problemi di tutta la coalizione. Non dobbiamo più farci condizionare dai veti incrociati degli altri partiti, dai dispetti, dalle antipatie e dai rancori personali degli esponenti delle altre forze politiche. Non possiamo accontentarci di perdere ma potendo affermare che è stata colpa degli alleati. Altrimenti, l’alternativa al centrodestra non sarà mai una prospettiva concreta».Quindi? «Quindi», aggiunge con evidente amarezza il nostro interlocutore, «bisogna andare avanti per la nostra strada, con la matematica certezza che le altre forze progressiste si uniranno a noi. E tra le forze progressiste ormai possiamo annoverare anche il M5s. Attenzione: non dobbiamo mutuare la logica del comando che caratterizza il rapporto tra Fratelli d’Italia e gli alleati, ma non possiamo neanche far finta di dimenticare che il Pd vale da solo la metà del centrosinistra. Dialogo sì, ma basta diktat».Quello che il nostro ex ministro non dice, ma pensa, è che se Elly Schlein avesse alzato un muro di fronte al veto di Giuseppe Conte nei confronti di Italia viva, oggi Andrea Orlando sarebbe presidente della Liguria, come certifica anche l’Istituto Cattaneo che sottolinea come «nella vittoria di Marco Bucci, l’elemento di maggiore rilievo sostantivo è la considerevole fetta di elettori (circa il 3,6%) dell’ex Terzo polo (Azione, Italia viva, +Europa) confluita nelle liste dei partiti di centrodestra». Parliamoci chiaro: le teorie metafisiche secondo le quali, con Italia viva in coalizione, Pd e M5s avrebbero perso voti sono pura fuffa politicista. Le regionali, in particolare, si vincono con liste forti, le liste forti si fanno con candidati in grado di raccogliere molti voti, i candidati in grado di raccogliere molti voti non si lasciano commuovere da ragionamenti sui massimi sistemi ma si collocano dove hanno la possibilità di essere eletti e, magari, di vincere.Claudio Scajola, democristiano purosangue, dominando nella sua Imperia ha consegnato la Liguria al centrodestra; sarebbe bastato qualche buon candidato della stessa scuola in quella circoscrizione per avere buone chance di capovolgere la situazione, per il centrosinistra. Invece no: Conte ha detto «O me o Renzi», la Schlein si è accucciata all’ex premier sbagliato ed è finita con una sconfitta che, per il centrosinistra, ha del clamoroso considerando le condizioni in cui si trovava il centrodestra, travolto dal caso-Toti. Altro dato significativo: Pd e M5s perdono per la nona volta su dieci una elezione regionale in cui vanno insieme. Il caso-Sardegna, isola felice giallorossa, assume ormai i contorni di un miracolo.Il M5s, in particolare, sembra avviato verso la completa dissoluzione, quella «estinzione» evocata dal garante Beppe Grillo, che a votare nella sua Liguria manco ci è andato. Difficile dar torto a Beppe: il M5s è diventato un partito come tutti gli altri, guidato (salvo preziose ma rare eccezioni), da piccoli notabili la cui unica ossessione è il superamento del vincolo dei due mandati, pilastro politico ed etico del movimento, elemento principale di diversità rispetto ai partiti tradizionali. «Si muore più traditi dalle pecore che sbranati dal lupo», ha scritto ieri Grillo nel suo stato su Whatsapp e non è difficile immaginare chi sia il gregge al quale il garante si riferisce. Non è certo un caso che, al crollo del M5s, faccia da contraltare il consolidamento di Avs, partito vero i cui pilastri programmatici si sovrappongono quasi integralmente a quelli di Conte (pacifismo, salario minimo, no all’autonomia). Da copia del Pd a copia di Avs: il declino inesorabile del M5s contiano è tutto nel grido di dolore che il vicepresidente del senato, Mariolina Castellone, rimasta fedele a Grillo a ai valori originari del M5s, affida all’Huffpost: «Ho sempre creduto che questo nostro progetto», scrive la Castellone, «dovesse restare uno spazio dove la democrazia diretta e partecipativa fosse reale e costante e sono convinta che i tentativi più o meno palesi di soffocare le voci di dissenso, di ridurle bassamente a meri calcoli personali, oltre ad essere estranei al nostro Dna, non ci facciano altro che male, condannandoci a una lenta, inesorabile e triste fine. È evidente che stiamo perdendo i nostri attivisti che non si sentono coinvolti ma, soprattutto, vanno via tanti elettori che oggi preferiscono non votare. Da settimane stiamo masochisticamente calpestando la nostra storia, l’eredità di valori, di impegno, di battaglie che ci è stata lasciata da chi questa nostra meravigliosa creatura l’ha fondata».Conte, però, minimizza: «Mi assumo sempre le responsabilità, ci mancherebbe"», dice Giuseppi a ilfattoquotidiano.it e Fanpage, «le leadership sono sempre in discussione nel momento in cui non c’è consenso; al di là delle scadenze della comunità, noi stiamo facendo un’assemblea costituente. Purtroppo siamo abituati a risultati non assolutamente soddisfacenti e anche molto deludenti sui territori, ne siamo consapevoli».
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast del 17 settembre con Carlo Cambi
Dario Franceschini (Imagoeconomica)
L’ex ministro dem: «La maggioranza solleva odio». Walter Verini (Pd): «Sconcertante».
Papa Leone XIV (Getty Images)
Il portavoce della Santa Sede riferisce la posizione di Leone XIV, comunicata al nuovo ambasciatore Usa in Vaticano: «La violenza politica lo preoccupa, e pensa sia necessario astenersi dalla retorica e dalle strumentalizzazioni che portano alla polarizzazione».
Sergio Mattarella con la mamma di Willy Monteiro Duarte (Ansa)
Il presidente della Repubblica ricorda Willy Monteiro Duarte e tra le righe manda un messaggio ai progressisti esagitati: datevi una regolata. Ma non ce la fanno: se a morire è un loro avversario, fioccano i distinguo e persino le giustificazioni.