2022-01-23
Chi ci chiamava «cattivi maestri» ora s’accorge dei morti «con» Covid
Quando «La Verità» e «Il Tempo» contestarono i bollettini sulle vittime, furono accusati di diffondere bufale. Adesso persino il luminare Guido Silvestri twitta: «Domandiamoci quanti positivi sono deceduti per altre cause».Non è ancora primavera ma è già cominciata la stagione dei risvegli. Solo nelle ultime settimane abbiamo sentito finalmente ammettere dal coordinatore del Cts, Franco Locatelli, che «non possiamo parlare di ospedali vicini al collasso», dall’immunologo Guido Rasi, consulente del commissario per l’emergenza, che «non ha senso mantenere il sistema immunitario continuamente attivato» da nuovi richiami e dal professor Andrea Crisanti che «non sono i no vax a diffondere il virus, ma i vaccinati». Certo, per alcuni continua l’incantesimo della narrazione incentrata sull’«è tutta colpa dei no vax» che non prevede obiezioni, dubbi né tanto meno domande sui numeri forniti dalle fonti istituzionali. Eppure, qualche risveglio si nota. Forse perché diventa sempre più difficile giustificare restrizioni e dpcm privi di basi scientifiche e valutazioni di impatto, con quasi l’80% della popolazione totale già vaccinata e con il 49,8% già «boosterizzata». O forse perché «la nostra vita comincia a finire quando rimaniamo in silenzio di fronte a ciò che conta», come diceva Martin Luther King. Citazione ripresa dall’immunologo Guido Silvestri, che da trent’anni lavora sui vaccini negli Usa e che ieri mattina ha pubblicato su Twitter quello che in gergo social si chiama thread, ovvero una serie di messaggi. Il succo? È «importante chiedersi quanti degli oltre 9.000 morti di Covid comunicati nei bollettini dall’1/12 ad oggi siano effettivamente morti PER questa infezione e non semplicemente CON essa (e lo stesso per i ricoveri ospedalieri)». Non solo. «In assenza di dati specifici su questo aspetto da Regioni, Iss, Istat, ministero etc., diventa essenziale valutare quelli sulla mortalità generale nella popolazione, confrontati con i 5-10 anni precedenti per gli stessi mesi (la cosiddetta mortalità in eccesso)», aggiunge Silvestri. Per il quale «porsi questa domanda - come fanno molti epidemiologi veri - non è negazionismo, ma volontà di capire cosa succede in questa nuova fase pandemica, che è molto diversa da quelle precedenti (e non ponendosela si rischia di usare il dato crudo in modo sbagliato e fuorviante)». Applausi al professore, e benvenuto nel club. Silvestri ha aperto un account Twitter a dicembre, quindi si sarà perso il dibattito che nel salottino social - nonché nei salotti tv - è avvenuto qualche mese prima. Quando ancora si avvertiva l’eco dell’editoriale di fine agosto scritto dal direttore di Libero, Alessandro Sallusti, sui «cattivi maestri» dei no vax, definiti come i «mandanti» delle violenze di piazza. In questo clima già sintomatico del pensiero unico pandemically correct, il 21 ottobre Il Tempo pubblica un’analisi del report dell’Iss sulla mortalità da Covid. Evidenziando che secondo il campione statistico di cartelle cliniche raccolte dall’istituto, «solo il 2,9% dei decessi registrati dalla fine di febbraio 2020 sarebbe dovuto al Covid-19. Quindi dei 130.468 decessi registrati dalle statistiche ufficiali al momento della preparazione del nuovo rapporto solo 3.783 sarebbero dovuti alla potenza del virus in sé. Il 67,7% dei defunti, infatti, pare avesse tre malattie in contemporanea». Senza scrivere o insinuare che di Covid non si muore (l’autore, il direttore Franco Bechis, ha perso la madre per colpa del virus), nell’articolo vengono evidenziate alcune perplessità, per altro già sollevate dalla Verità, su come venisse fatto il conteggio dei decessi fin dall’inizio della pandemia, quando praticamente chiunque morisse in ospedale veniva registrato come «deceduto da Covid», anche in presenza di altre patologie. Eppure, non appena l’articolo è circolato in Rete, sono arrivate le prediche delle virostar, i puntuali debunking dei cacciatori di bufale a senso unico, gli sfottò sui social e persino le accuse di avere scatenato gli attacchi ai giornalisti in piazza da parte dei no vax che brandivano cartelli contro i numeri dell’Iss. Lo stesso Istituto, il 25 ottobre, a Repubblica, non potendo smentire i dati ripresi dal Tempo (si sarebbe smentito da solo), ha tentato di correggere la lettura mediatica affermando che «la stragrande maggioranza dei morti sono persone che avevano malattie preesistenti ma che avrebbero vissuto ancora per molti anni» e che comunque «l’interpretazione del dato non è corretta». Colpa dell’Iss che quei dati non li ha spiegati bene? Giammai, colpa dei manipolatori del Tempo, dei cattivi maestri che aizzano i cretini in piazza. Tra le accuse più dure arrivate in quei giorni, ricordiamo quelle di Matteo Bassetti: «Fate tacere questi terrapiattisti e negazionisti. Generano odio, confondono la gente, mistificano la realtà e non portano da nessuna parte», aveva tuonato l’infettivologo del San Martino di Genova. Lo stesso che il 18 gennaio, ospite in tv, ha ammesso che bisognerebbe rifare i calcoli degli ultimi due anni. «Ci sono delle cause primarie e poi delle cause accessorie a cura del medico che compila il modulo con cui si accerta la morte di un paziente. Se scrive positivo al tampone automaticamente purtroppo il paziente viene classificato con un decesso avvenuto per il Covid». Bisognerebbe quindi «analizzare le cartelle cliniche per vedere quanti di quei decessi sono realmente legati al virus e quanti ad altre problematiche», ha detto Bassetti, che non è il fratello gemello del Bassetti di ottobre. Ma che avrà visto anche i dati diffusi dalla Fiaso (la Federazione delle aziende sanitarie e ospedaliere) l’11 gennaio: sui ricoveri di 6 grandi strutture, «un paziente su tre sia pur con infezione accertata al virus, viene ospedalizzato per curare tutt’altro». La fotografia scattata agli ospedali mostra il contesto attorno all’«omino rosso» non vaccinato di Speranza, quello sventolato nella slide dell’ultima conferenza stampa con i «dati grezzi» e poi «sbianchettato» dall’Iss qualche giorno dopo sui social. E dimostra quanto servano numeri chiari, aggiornati e il più possibile specifici, anche se non sono funzionali a una certa narrazione. Altrimenti i «buoni maestri» continueranno a svegliarsi tutti sudati quando suona la sveglia della realtà.
Donald Trump (Getty Images)
Donald Trump (Getty Images)
Andrea Crisanti (Imagoeconomica)