2024-07-01
«Fidarsi del Ppe è stato un errore»
Gian Marco Centinaio (Imagoeconomica)
Il vicepresidente del Senato Gian Marco Centinaio: «La fretta sulle nomine per sterilizzare l’effetto del voto francese, ma noi leghisti non ci illudevamo sulla reale volontà di cambiamento dei popolari. I balneari? Da Bruxelles c’è accanimento».Si discute non poco di come sono andate le nomine in Europa, se l’Italia abbia o no un protagonismo. Si discute molto anche di riforme e la polemica pare avere il sopravvento sui contenuti. E allora si va alla fonte. Conviene bussare a Gian Marco Centinaio – attualmente vice presidente del Senato – pavese, leghista da sempre, che nella sua vita politica ha percorso un cursus honorum fatto di impegno istituzionale – è stato ministro dell’Agricoltura e del Turismo –, di curiosità culturale e di grande attenzione per i territori. Il premier Giorgia Meloni ha denunciato i caminetti europei, lei, senatore Centinaio, che pensa dell’organigramma europeo che si sta delineando? Le piace il bis di Ursula?«Né io né la Lega ci siamo mai illusi della reale volontà di cambiamento di chi tira le fila di questa Europa, a cominciare dai Popolari che non a caso hanno ricandidato Von der Leyen, pur con molti mal di pancia interni. Matteo Salvini ha sempre detto che non l’avremmo votata e non lo faremo. Ma perfino io sono rimasto sorpreso dalla caparbietà con la quale Popolari, Socialisti e Liberali hanno voluto ignorare le scelte degli elettori, che il 9 giugno hanno dato più forza alle proposte dei gruppi di destra».Viene il sospetto che a Bruxelles abbiano avuto tanta fretta per sterilizzare l’effetto Le Pen. È possibile?«Non solo è possibile, è chiaramente così. Altrimenti non avrebbe avuto senso formalizzare le nomine 48 ore prima del voto che potrebbe cambiare il governo di uno dei principali Paesi europei. Un altro schiaffo in faccia agli elettori».Voi come Lega e gruppo Identità e Democrazia in Europa avete detto mai col Pse, ma questo non pone problemi al centrodestra in Italia con Fi che si accoda ai Popolari e Fdi che cerca accordi attraverso Ecr?«La maggioranza è composta da tre partiti diversi che appartengono a tre famiglie europee diverse. Era così anche prima e questo non ci ha impedito di governare, né di ritrovarci spesso su posizioni comuni anche a Bruxelles. Un altro discorso è distinguere tra il dialogo che si deve mantenere tra governo e istituzioni europee e le trattative politiche dei singoli partiti o gruppi. Sono due piani diversi e tali devono rimanere».Restiamo ancora in Europa: che pensa del Patto di stabilità e del pressing rinnovato sull’Italia per il Mes?«La Lega si è astenuta sul Patto di stabilità perché mancano le novità che chiedevamo su investimenti e flessibilità. Il ministro Giorgetti ha fatto un gran lavoro per migliorare quel testo e molto ha portato a casa, ma le resistenze dei “falchi” sono state troppo forti da sconfiggere. Il pressing sul Mes ce lo aspettavamo e da quello che leggo sui giornali c’è anche qualche timido tentativo di cambiare la natura e la finalità di quel fondo. Al momento, troppo timido e troppo vago per farci cambiare idea sulla sua ratifica».Dopo la pausa estiva si aprirà la sessione di bilancio, ma il suo collega Giancarlo Giorgetti forse non farà le ferie perché a settembre deve presentare a Bruxelles il piano di rientro. Quali sono le priorità assolute per la Lega nella prossima manovra?«Condivido le parole del ministro Giorgetti sulla conferma del taglio del cuneo fiscale e, in generale, della riduzione delle tasse. Anzi, dobbiamo cercare progressivamente di allargare la platea al ceto medio. Intanto il governo sta dando segnali importanti già in questi giorni, con i numerosi sgravi che aiuteranno le imprese ad assumere soprattutto donne, giovani e disoccupati. Deve essere chiaro che noi siamo quelli che aiutiamo le famiglie dando lavoro, non reddito di cittadinanza. È finito il tempo di scialacquare risorse in sussidi per chi resta a casa senza motivo o in Superbonus che alimentano le truffe e mandano all’aria i conti».Uno degli impegni assunti dalla Lega con gli elettori, e cioè l’autonomia differenziata, è stato colto. Che valutazione ne dà, quali effetti pensa produrrà e soprattutto che pensa del possibile referendum?«La mia prima tessera della Lega risale al 1990 e già c’era scritta la parola “autonomia”. L’approvazione di quella legge per noi non era un semplice obiettivo, ma una missione storica. Certo, rimane ancora parecchia strada da fare, come ha ricordato il ministro Calderoli. Ma abbiamo posto le basi per consentire alle Regioni che lo vorranno di fornire servizi più adeguati e sviluppati ai propri cittadini e a tutte le altre di migliorare le prestazioni attuali grazie alla definizione dei Lep (livelli essenziali delle prestazioni, ndr.). Su un eventuale referendum, ricordo che Pd e M5S votarono Sì ai referendum per l’autonomia di Lombardia e Veneto e che il presidente Bonaccini promosse la richiesta di più poteri per l’Emilia-Romagna. Inoltre, come ha scritto nei giorni scorsi anche La Verità, la legge Calderoli somiglia molto alla proposta dell’ex ministro Boccia. Evidentemente sono pronti a sostenere tutto e il contrario di tutto sulla base delle convenienze politiche del momento».Che giudizio dà sulla riforma del premierato e pensa sia un traguardo possibile?«Il premierato fa parte dell’accordo interno alla maggioranza e la Lega sta facendo la sua parte in Parlamento per migliorare il testo e portarlo all’approvazione. In Senato è stato fatto un buon lavoro, adesso vedremo se la Camera riterrà opportune ulteriori modifiche, come ha ipotizzato anche la ministra Casellati».Lei è stato ministro dell’Agricoltura. In sede europea si discute di una nuova Pac ma intanto si riaffacciano tentativi di rimettere in moto il Farm to Fork. Su cosa non bisogna cedere?«In queste ultime settimane di “vecchia gestione” europea abbiamo assistito all’approvazione della legge sul ripristino della natura e a un nuovo rinvio della decisione sulle Tea, le tecniche di evoluzione assistita (le piante bioresistenti, ndr). Esattamente il contrario di quello che serve. Noi dobbiamo dare agli agricoltori gli strumenti per lavorare meglio, non per lavorare meno. Dobbiamo favorire la ricerca e le tecnologie sicure come le Tea, che possono aiutare a contrastare gli effetti del cambiamento climatico, a partire dalla siccità, e a usare meno pesticidi. L’ambientalismo ideologico invece fa perdere all’agricoltore quel ruolo di custode del territorio che storicamente gli appartiene e intanto alimenta la follia di ecovandali, come quelli che hanno distrutto il campo di Pavia, nel quale si sperimentavano per la prima volta in Italia le Tea».C’è una legge contro il caporalato eppure a Latina – terra dove operano anche le cooperative di solidarietà con i migranti – tutti sanno che ci sono i nuovi schiavi. Cosa bisogna fare per sconfiggere il caporalato?«Dobbiamo mettere magistratura e forze dell’ordine nelle condizioni di intervenire subito e con forza nei confronti delle imprese che sfruttano il caporalato. Il governo ha già annunciato che moltiplicherà i controlli, bene. Io aggiungo: siamo sicuri che non si possa anche migliorare la legge esistente? Quando lo proposi, da ministro, sinistra e Cgil alzarono le barricate. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Non vorrei aspettare un altro caso tragico come quello di Latina prima di ripetere questa domanda. Gli agricoltori onesti, che sono la stragrande maggioranza, sono i primi a chiedere di combattere lavoro nero e caporalato, che provocano lo sfruttamento dei lavoratori, spesso immigrati irregolari, e una concorrenza sleale sul mercato». L’Italia sta registrando un boom turistico. È un segnale positivo ma ci sono anche delle criticità: dall’overturism, alla mancanza di strutture. Secondo lei serve una maggiore consapevolezza del valore del turismo nel Paese?«Purtroppo abbiamo dato spesso per scontata la presenza di turisti in Italia, come se venissero indipendentemente dalla qualità dei servizi che siamo in grado di offrire, oltre che per le nostre bellezze e il patrimonio agroalimentare. Questa idea sta progressivamente cambiando. Il Piano strategico presentato dalla ministra Santanchè interpreta il turismo come un settore industriale, che necessita di investimenti e norme adeguate. È importante che questa visione si estenda anche ai territori, visto che si tratta di un tema di competenza concorrente tra Stato e Regioni, e questo ancora non sempre accade». È curioso che accanto alla riforma del Catasto nelle sue raccomandazioni Bruxelles insista sui balneari. Secondo lei perché accade e soprattutto cosa bisogna fare per chiudere questa annosa vicenda senza penalizzare le imprese?«Sembra effettivamente che ci sia un accanimento da parte dei burocrati di Bruxelles nei confronti dei nostri balneari. Per la Lega non è più il momento di posticipare una decisione o di trovare soluzioni transitorie. Noi proponiamo tre punti chiave: approvare la mappatura delle coste realizzata dal governo e sulla base di quella aprire un confronto formale con Bruxelles; affermare il diritto di prelazione per i concessionari uscenti nelle gare che verranno eventualmente realizzate; prevedere adeguati risarcimenti agli uscenti da parte dei concessionari che dovessero subentrare. Abbiamo presentato un nostro emendamento al dl Agricoltura con questi contenuti, vedremo cosa deciderà la commissione Industria del Senato che lo sta esaminando».
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