2023-03-06
Brusaferro: «Mai saputo del piano». Ma verbali ed email lo sbugiardano
Il capo dell’Iss disse ai pm di aver scoperto solo a maggio 2020 dell’esistenza del documento. Che, però, fu menzionato in una riunione della task force già a gennaio e gli venne inviato a febbraio.Districarsi nella giungla di bugie, mistificazioni e insabbiamenti che hanno caratterizzato la fase iniziale di gestione della pandemia è un compito davvero arduo. Ma qualche certezza, dopo oltre tre anni, possiamo dire di averla. Una in particolare: l’Italia avrebbe dovuto disporre di un piano di preparazione e risposta alle pandemie aggiornato e funzionante, ma non lo aveva. Ne possedeva uno vecchio, risalente al 2006, che comunque avrebbe consentito - soprattutto nella fase appena precedente al deflagrare del virus in Lombardia - di studiare una risposta appena più dignitosa. Con un piano attivo avremmo capito quali e quanti dispositivi di protezione fossero disponibili, quanti posti in terapia intensiva, quanti ospedali sarebbero stati in grado di farsi adeguatamente carico dei malati e via dicendo. Purtroppo, nemmeno il vecchio scudo fu utilizzato. Per quale motivo ciò sia accaduto, resta un mistero.I pm che hanno condotto l’inchiesta di Bergamo lo scrivono senza giri di parole: «Vi è comunque da dire che non è stato chiarito fino in fondo il motivo per il quale non sia stato adottato in nessuna delle sue parti e che si sia deciso di predisporne uno nuovo, senza, peraltro, aver preventivamente esaminato il piano esistente nei dettagli o, come dichiarato da Brusaferro, senza nemmeno averlo letto». È proprio da questo passaggio contenuto nelle carte dell’indagine che emerge il ruolo giocato in quei primi giorni da Silvio Brusaferro, ancora oggi presidente dell’Istituto superiore di sanità. Membro del Cts, figura a cui fu data enorme rilevanza pubblica, Brusaferro fu tra i protagonisti dell’era emergenziale, una delle personalità a cui spettava comunicare la «verità ufficiale». La ricostruzione effettuata dagli inquirenti, tuttavia, mostra parecchie zone d’ombra e, al solito, qualche menzogna.Sentito dai magistrati bergamaschi, il presidente dell’Iss ha fornito la sua versione dei fatti. «Sono diventato presidente dell’Iss il 1.1.2019», ha dichiarato Brusaferro. «All’atto dell’assunzione di tale incarico, non c’è stata un’informativa specifica sull’esistenza del piano pandemico del 2006. Nessuno me lo ha mai comunicato. Come professore di Igiene avevo conoscenza dell’esistenza di un piano pandemico, senza conoscerne però i dettagli». Agli investigatori che gli chiedevano quando avesse letto per la prima volta il piano pandemico del 2006, Brusaferro ha risposto senza esitazioni: «Nessuno lo ha mai portato alla mia attenzione. Ho letto, come presidente dell’Iss, per la prima volta il Piano pandemico 2006 nel maggio del 2020. […] Nessuno mi ha segnalato che vi fosse un piano pandemico, né mi è stato richiesto di esprimere un parere su questo».Già queste prime risposte bastano a suscitare un po’ di sconforto: il presidente dell’Istituto superiore di sanità, membro del Cts, dice di non aver mai visto il piano pandemico vigente in Italia e sostiene che nessuno gliene avesse mai mostrato una copia. Sbalorditivo: chi doveva affrontare l’emergenza non aveva idea di cosa prevedesse il piano d’emergenza.In realtà, stando alle carte dell’inchiesta, la ricostruzione fornita da Brusaferro non è esatta. Lui il piano pandemico lo aveva visto o comunque avrebbe dovuto vederlo, perché lo aveva ricevuto eccome. Il 6 e il 9 febbraio del 2020 un dirigente del ministero della Salute, Francesco Maraglino, si era fatto inviare il piano via mail dalla moglie (e collega presso il dicastero della Salute) Anna Caraglia. Subito dopo averlo ricevuto, lo ha inoltrato per posta elettronica agli altri componenti del Cts. Scrivono infatti gli inquirenti: «Si può senz’altro affermare, pertanto, che almeno dall’11.2.2020, i membri del Cts fossero a conoscenza dell’esistenza di un piano pandemico per la risposta ad una pandemia influenzale, nonostante le dichiarazioni di Silvio Brusaferro».Capito? Brusaferro ha dichiarato ai pm di aver visto per la prima volta in vita sua il piano pandemico del 2006 nel maggio del 2020. Ma agli investigatori risulta che gli fosse stato mandato via mail già nel febbraio 2020. Interessante. La faccenda non è niente affatto secondaria, perché a Brusaferro e all’Iss - proprio a febbraio del 2020 - fu affidato il compito di elaborare un piano anti Covid. Scrivono i magistrati: «Brusaferro dichiarava di aver preso visione del piano pandemico non prima del mese di maggio 2020, particolare non di poco conto, se solo si pensi al fatto che nel febbraio precedente era proprio l’istituto di cui è presidente a preparare un apposito piano anti Covid».La domanda scaturisce spontanea: per quale motivo si sono messi a fare un nuovo piano se non avevano mai visto neppure quello vecchio? Sulla base di che cosa hanno deciso che non andasse bene? E perché non hanno utilizzato quello che già avevano senza perdere tempo?A questa domanda fornisce risposta - seppure indirettamente - lo stesso Brusaferro nella conversazione con gli inquirenti: «Nel mese di gennaio 2020», dichiara il presidente dell’Iss, «emergeva una peculiarità di questo virus; quindi abbiamo cercato di declinare le nostre iniziative sulla base delle peculiarità di questo virus che lo rendono differente rispetto all’influenza». Sentita questa dichiarazione, i pm gli chiedono: «Nell’ambito della task-force prima e poi del Cts, si è mai posto il problema di verificare quali iniziative assumere sulla base del piano pandemico 2006?» Risposta: «No, a quanto mi risulta no. Non è mai stato affrontato il tema «piano pandemico» nel Cts o nella task force». Chiaro, no? Brusaferro, componente prima della task force anti Covid e poi del Cts dichiara di non aver mai sentito parlare del piano pandemico del 2006.Peccato che proprio durante una riunione della task force (come il nostro giornale ha scritto ormai molti mesi fa) del piano si parlò eccome. Per la precisione, esso fu citato il 29 gennaio, come testimoniato dal verbale della riunione che il ministero ha a lungo tentato di tenere segreto. Quel giorno uno dei membri della task force, Giuseppe Ippolito dello Spallanzani di Roma, fece un intervento importante: ricordò l’esistenza del piano e invitò ad aggiornarlo e a utilizzarlo. Per la precisione Ippolito suggerì - onde definire «procedure omogenee» per affrontare il Covid in arrivo - di «riferirsi alle metodologie del piano pandemico di cui è dotata l’Italia e di adeguarle alle linee guida appena rese pubbliche dall’Oms». Ecco la prova: un medico autorevole, componente della task force, disse davanti a tutti che un piano anti pandemia esisteva, che andava aggiornato e che forse era il caso di utilizzarlo.Sapete chi c’era ad ascoltare le parole di Ippolito? I responsabili della gestione della pandemia al gran completo. C’era Agostino Miozzo, coordinatore dell’ufficio Promozione e integrazione del Servizio nazionale della Protezione civile. C’era Giovanni Rezza, attuale direttore generale della Prevenzione presso il ministero della Salute. C’era il ministro Roberto Speranza. E c’era Silvio Brusaferro, presidente dell’lstituto superiore di sanità. Ma nessuno di loro ha commentato l’uscita di Ippolito.Che del piano si sia parlato in task force lo ha confermato anche l’ex dirigente ministeriale Claudio D’Amario, a sua volta sentito dai magistrati: «Ne avevo parlato con il dott. Ippolito, in qualità di direttore scientifico dello Spallanzani, che poi lo aveva riproposto in task force, ma fu invece proposto da parte di Silvio Brusaferro un piano specifico che a partire dalla casistica cinese e seguendo dei modelli matematici poteva misurare meglio il bisogno emergenziale. Rammento che Iss aveva dato mandato alla fondazione Kessler di elaborare il modello statistico matematico al fine di produrre degli scenari possibili. In una successiva riunione della task force fu illustrata la metodologia elaborata da Merler e sempre Brusaferro, con i suoi esperti dell’Istituto, preparò un piano Covid consegnato ai componenti della task force. Mi si contesta che questa attività risale al febbraio 2020 e rispondo che non è così perché risale alla fine di gennaio».Nuovi piani, nuovi studi e modelli da elaborare. E intanto il tempo passava, e il piano vigente di preparazione alla pandemia - che secondo i magistrati andava attivato addirittura il 5 gennaio del 2020 - non veniva messo in funzione. Quali siano stati i risultati lo sappiamo da fin troppo tempo.Ha collaborato François de Tonquédec