2024-04-01
Brassaï: la sua Parigi in mostra a Milano
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A Palazzo Reale di Milano (sino al 2 giugno 2024), una mostra di oltre 200 immagini d’epoca racconta la «Ville Lumière» attraverso lo sguardo poetico e disincantato di Gyula Halász, in arte Brassaï (1899-1984), fotografo fra i più noti e apprezzati del XX secolo e fra i primi a immortalare con poetico realismo la Parigi del suo tempo, con le sue luci e le sue ombre, i clochard, le prostitute, gli operai e le giovani coppie innamorate.Pareti scure, tendaggi rossi, luci soffuse. Una mostra dall’atmosfera ovattata, avvolgente, quasi magica, da visitare lentamente, per godere appieno di ogni singola immagine, di ogni particolare, di ogni dettaglio, pezzi di puzzle che vengono prima del «tutto ». Uno sguardo, un paio di labbra,un pacchetto di sigarette, lingerie di pizzo, ma anche un lampione, una bicicletta appoggiata al muro, un cono d’ombra. Dettagli, appunto. Scampoli di realtà, di vita vissuta, che l’occhio straordinario di Brassaï ha saputo cogliere e trasformare in poesia. Una poesia che si coglie ovunque, in ogni scatto, in ogni soggetto ( e oggetto ) ritratto. E’ poesia lo straordinario bianco e nero, è poesia la nebbia lattiginosa, è poesia Parigi, è poesia la notte. Ed ancora più poetica è «Parigi di notte », che è poi la vera protagonista dell’esposizione a Palazzo Reale, un’ampia retrospettiva dedicata a Brassaï e al suo amore sconfinato per la capitale francese, di cui lui - ungherese di nascita ma francese (o meglio, parigino) d’adozione - conosceva ogni angolo e ogni quartiere. Meglio se popolare o malfamato. Della Ville Lumière Brassaï ha immortalato tutto, Montparnasse, Montmartre e il Trocadero, i teatri e i cafè chantant, gli atelier di moda e i luna park, la gente comune e gli amici artisti, persino i muri con i loro graffiti, ma i suoi scatti migliori, quelli che ti arrivano dritti dritti al cuore, sono quelli che raccontano la Parigi oscura delle bische clandestine, dei monelli di strada, dei bordelli e dei clochard. Il sottobosco che sta sotto lo scintillio abbagliante delle luci. La notte e le sue creature inquietanti. Amico di Matisse, Picasso, Dalì, Man Ray, pittore, scultore, giornalista, regista, sperimentatore, vicino al surrealismo senza mai aderirvi apertamente, «Esporre oggi Brassaï - ha dichiarato Philippe Ribeyrolles, nipote del fotografo e curatore della mostra- significa rivisitare quest’opera meravigliosa in ogni senso, fare il punto sulla diversità dei soggetti affrontati, mescolando approcci artistici e documentaristici; significa immergersi nell’atmosfera di Montparnasse, dove tra le due guerre si incontravano numerosi artisti e scrittori, molti dei quali provenienti dall’Europa dell’Est, come il suo connazionale Andrè Kertèsz , che esercitò una notevole influenza sui fotografi che lo circondavano, tra cui lo stesso Brassaï e Robert Doisneau».Parole importanti quelle di Ribeyrolles, che inquadrano Brassaï nella sua completezza e poliedricità, ben rappresentata in mostra da una serie di «sperimentalismi fotografici» (eccezionale la ricerca sul nudo femminile e la sezione dedicata ai graffiti, a testimoniare il legame di Brassaï con le arti marginali e l’art brut del pittore francese Jean Dubuffet), sculture, documenti e oggetti appartenuti al fotografo. E a fine percorso espositivo, al termine di un intrigante (e un po’ claustrofobico…)«labirinto» di piccole sale, dove vige il divieto tassativo di fotografare, un intero spazio dedicato ai selfie… Affollatissimo!
Eugenia Roccella (Imagoeconomica)
Mario Venditti. Nel riquadro da sinistra: Oreste Liporace e Maurizio Pappalardo (Ansa)
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