2022-06-24
Per Bonomi l'Istat ha gonfiato il Pil per fare un favore al governo
Carlo Bonomi (Imagoeconomica)
Il presidente Confindustria: «Sembra di essere tornati al pre Covid. Ma non è così».Il rischio recessione in Italia esiste oppure no? A invitare alla cautela è stato il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, che dall’assemblea annuale dell’associazione a Cuneo ha ammonito: «La cosa che inizia un po' a stupirmi è la revisione dei numeri, perché nel silenzio più assoluto al 31 maggio di quest’anno l’Istat ha rivisto alcuni parametri con i quali si calcola il Pil. Effetto per cui il quarto trimestre del 2019 è stato rivisto e guarda caso al 31 marzo 2022 magicamente siamo ritornati ai livelli pre-Covid», ha osservato Bonomi. «Ecco, io su questa elaborazione dei numeri starei molto attento, perché non vorrei che qualcuno iniziasse a raccontarci che sta andando tutto bene». Bonomi ha aggiunto che «la situazione economica che stiamo vivendo è molto complicata, però non nasce oggi. Sembra che tutto sia dovuto al conflitto russo-ucraino, ma è da prima, è dall’autunno dell’anno scorso, che Confindustria diceva che dopo il rimbalzo successivo alla perdita del 9% del Pil nel 2020 avevamo già iniziato a rallentare». E ora il quadro non è affatto roseo. «È innegabile: c’è una fascia di italiani che sta soffrendo a causa dell’inflazione, dei costi». In più, ha evidenziato Bonomi, «abbiamo 880 miliardi di debito pubblico in più in 11 anni ed è raddoppiato il numero dei poveri. Qual è stato il grande errore? La politica dei bonus: dagli 80 euro in poi, i partiti hanno fatto una politica molto chiara, decine e decine di bonus, per terme, rubinetti, famiglia, potrei andare avanti tutto il giorno. È una spesa pubblica inefficiente e che non è riuscita a contrastare la povertà. I nostri sforzi di ripresa», ha concluso Bonomi, «sono messi in discussione da una guerra alle nostre porte».Parole bollate come esagerate dal ministro della Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, secondo cui «il presidente dei catastrofisti è il presidente di Confindustria». Brunetta ha spiegato: «L’anno scorso il Pil ha chiuso al +6,6%, cifra mai vista in ultimi 10 anni, anche, ma non solo, figlia del rimbalzo post pandemia. Quest’anno, a fronte di alcune previsioni anche ingiustificate legate alla guerra e all’inflazione, Confindustria parlava di recessione tecnica in atto», mentre per il ministro, in base ai primi dati sul Pil del primo e del secondo trimestre, «c’è la grande probabilità che quest’anno si chiuda attorno al 3%. Naturalmente se non cade un asteroide». Chi ha ragione? Di certo sono diversi gli indicatori che invitano alla cautela. Secondo l’Istat le famiglie italiane vedono la loro situazione economica in peggioramento: nel 2021 questa percezione ha riguardato il 30,5% dei nuclei, rispetto al 29,1% del 2020. Il lavoro in Italia è sempre più povero e precario: solo un contratto su cento ha una durata superiore a un anno mentre uno su tre arriva fino a un mese. Come è emerso dalle comunicazioni obbligatorie del ministero del Lavoro, nel primo trimestre del 2022 sono aumentati i contratti di pochi giorni mentre sono calati quelli di durata maggiore. E in base alla nota trimestrale sulle tendenze dell’occupazione pubblicata da Istat, ministero del Lavoro, Inps, Inail e Anpal, nel primo trimestre 2022 il 33,3% delle posizioni lavorative attivate prevedeva una durata fino a 30 giorni (il 9,2% un solo giorno), il 27,5% da due a sei mesi e soltanto l’1% superiore all’anno. Anche chi lavora rischia poi di non guadagnare abbastanza per vivere: come ha rilevato ieri lo stesso ministro, Andrea Orlando, «il 12-13% dei lavoratori è sotto la soglia di povertà». Sono solo alcuni segnali del fatto che, al di là dei numeri e dei sistemi di calcolo, in Italia c’è effettivamente qualche motivo di preoccuparsi.