2020-11-28
Boccia e compagnia vogliono imporre l’inutile coprifuoco perfino a Gesù
Niente messa di Natale a mezzanotte. Il governo: «Anticiparla non è tabù». Ma il rispetto dei riti per i fedeli non è un capriccio.Cesare si sta decisamente allargando: pretende di sindacare anche su ciò che è di Dio. E con quale tracotanza, poi: esige pure che il Bambinello si dia una mossa, e che nasca alla svelta onde non contraddire il Principe. Decreta il ministro Francesco Boccia: «Seguire la messa, e lo dico da cattolico, due ore prima o far nascere Gesù bambino due ore prima non è eresia. Eresia è non accorgersi dei malati, delle difficoltà dei medici, della gente che soffre. Questa è eresia, non facciamo i sepolcri imbiancati». Boccia pare aver confuso gli Affari regionali di cui dovrebbe occuparsi con gli affari celesti che non sono di sua competenza, tuttavia la decisione sembra confermata: niente messa di mezzanotte a Natale, bisogna rispettare il coprifuoco. Sandra Zampa, sottosegretario alla Salute, non perde l'occasione per assentire: «Il coprifuoco resterà alle 22». Del resto quando c'è da rovinare il Natale la Zampa è sempre in prima fila, un po' come il Grinch. Si aggrega al gruppetto il ministro della Famiglia, Elena Bonetti, che con la scusa di venire da «ambienti cattolici» sdogana qualunque cosa: «Anticipare la messa di Natale nonè tabù». Cesare ha parlato: più della tradizione può il dpcm, e Gesù si adegui, se non vuol essere multato anche lui assieme al bue, l'asinello e tutta la Sacra Famiglia. Ma intanto che il Principe dispone, i ministri di Dio che fanno? Chinano il capo. Monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia accademia per la vita, fa il tappeto: «Il problema non è l'ora nella quale si celebra la messa, quindi si può anticipare. Il tema è come si celebra il Natale». Vincenzo Corrado, portavoce della Cei, si lustra le ginocchia: «È nostro desiderio continuare la valida collaborazione con la presidenza del Consiglio dei ministri, il ministero dell'Interno e il Cts», assicura. Michele Pennisi, vescovo di Monreale si esibisce in un triplo inchino carpiato. Precisa che l'importante è rispettare le regole, e corre a specificare che la Chiesa le sta rispettando. Riguardo alle frasi di Boccia sul Bambinello, lascia correre: «Battute», le definisce. Fortuna che qualcuno, come l'arcivescovo di Bisceglie, Giovanni Ricchiuti, non è altrettanto leggero: «Gesù bambino può nascere due ore prima o tre ore prima? Non mi sembra un'uscita intelligente». La sensazione, tuttavia, è che - al netto di qualche voce critica - i vescovi siano più che ben disposti ad anticipare l'anticipabile affinché si rispetti il coprifuoco. Il messaggio che passa è, in sintesi, il seguente: non importano i riti, i gesti, gli orari; conta come ciascuno vive il Natale. Ancora una volta, si trascura un passaggio fondamentale: come scriveva l'immenso teologo Romano Guardini, «la liturgia non dice “io", bensì “noi". [...] La liturgia non è opera del singolo, bensì della totalità dei fedeli». Dunque il rituale, i gesti e «lo stile» contano eccome. Far finta che non sia così significa sminuire il ruolo della Chiesa e, al contempo, insistere a separare corpo e spirito, come questo governo usa fare dall'inizio della pandemia: «Ogni realtà spirituale», scriveva ancora Guardini, «trapassa immediatamente e si traduce in condizioni o movimenti corporei; ogni azione esterna è sentita immediatamente come qualcosa di spirituale». Della liturgia, quindi, bisogna avere rispetto: ogni dettaglio è vitale. Al di là del fascino di riunirsi festosi mentre fuori regnano buio e freddo, al di là della piacevole consuetudine italiana, non è un caso se la messa di mezzanotte si celebra proprio a quell'ora. La mezzanotte segna l'inizio di un ciclo nuovo. Gesù che nasce è come il sole che sorge maestoso, è il «Sole invitto» che già le tradizioni antiche e precristiane celebravano il 25 dicembre. Così il profeta Malachia: «Ma per voi, che temete il nome del Signore, sorgerà il sole della giustizia; sotto le sue ali vi è la salvezza». E ancora recita l'inno: «Gesù, luce da luce, / sole senza tramonto/ tu rischiari le tenebre/ nella notte del mondo». Nel rito ambrosiano, nella funzione notturna, si usa leggere il prologo del Vangelo di Giovanni, che non potrebbe essere più deciso quando rivela che il Figlio «era la vita/ e la vita era la luce degli uomini». Cristo arriva nel cuore della notte, in «mediam circiter noctem», come specificava nel 1974 la Congregazione per il culto divino. La sua luce è quella della rinascita, segna l'inizio della nuova era di salvezza. Il bel volume che riunisce le omelie tenute da Giovanni Paolo II dal 1978 al 2004 durante la messa di mezzanotte, appena stampato da Ancora, si intitola Parole a mezzanotte, e rimanda a un versetto del libro della Sapienza: «Mentre un profondo silenzio avvolgeva tutte le cose, e la notte era a metà del suo rapido corso, la tua Parola onnipotente scese dal cielo». Certo, il dettaglio del rito tocca soltanto i fedeli. Ma in questa vicenda c'è anche (e soprattutto) qualcosa che riguarda tutti: l'arroganza di Cesare. Con l'aggravante che nemmeno siamo di fronte a un Cesare vero, ma abbiamo a che fare con Boccia, la Bonetti, la Zampa e altri di questo spessore. La sicumera con cui costoro si permettono di modificare una celebrazione sacra e il disprezzo con cui arrivano a dire che «Gesù può nascere due ore prima» sono gli stessi con cui si fanno largo nelle vite degli italiani. La leggerezza con cui spostano l'orario della messa è la stessa con cui vi hanno proibito di fare esercizio, con cui vi dicono di far penitenza ed evitare cenoni, sci e addirittura baci e abbracci. Togliendovi, in aggiunta, il diritto di criticare le loro imposizioni di ferro, anche quando sono insensate. Qual è la ratio di anticipare di due ore la messa di Natale, se non quello di far prevalere, tignosamente, la lettera del dpcm? È in qualche modo più sicuro andare in chiesa alle 22 invece che alle 24? No, affatto, e basta il buon senso per capirlo. Al massimo potrebbe risultare vagamente sensato raddoppiare i turni delle celebrazioni. Ma cambiare orario, ai fini del contagio, è sostanzialmente irrilevante. Si tratta solo di rafforzare i confini del dominio, di ribadire quale sia il potere che regna incontrastato: la medicalizzazione arbitraria. E se questo potere non esita a farsi beffe del Cristo, figuratevi quante premure potrà mai avere per noi tutti.
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