2023-02-13
Bidengate. Gli affari sospetti in Ucraina
Dal gennaio 2018 il figlio del presidente Usa è indagato per reati fiscali: chi ne parlò fu liquidato come «agente russo» .Silenzio, a differenza di quanto fatto con Trump, anche sul computer che custodiva i segreti degli investimenti a Kiev. Ora finalmente farà luce la nuova commissione d’inchiesta istituita dalla maggioranza repubblicana al Congresso.Il dossier pubblicato dal «New York Post»: una sfilza di mail compromettenti e gli intrecci con gli oligarchi di Zelensky.Il lato oscuro di Biden Jr: ha sfruttato la vicinanza al potere per fare i soldi. E buttarli.Lo speciale contiene tre articoliManca soltanto l’intervento dei giudici ma, per il resto, il puzzle che ricostruisce il lavoro del Deep State americano contro Donald Trump e gli imbarazzanti affari della famiglia Biden in Ucraina è ormai completo, grazie soprattutto ai file recuperati dalla cache del computer del figlio di Joe Biden, Hunter. Ora la nuova maggioranza repubblicana al Congresso intende far luce su tutti gli affari del presidente e ha istituito una sub-commissione d’inchiesta ad hoc presieduta da James Comer. I repubblicani sono stati chiari: non è il fragile figlio di Joe Biden, ex alcolista e tossicomane, oggi artista, a essere nel mirino. Certo, è un fatto che Hunter Biden dal 2018 sia sottoposto a indagine fiscale dalla procura di Wilmington, nel Delaware, per riciclaggio, evasione fiscale, attività di lobbying non registrata, violazione della legge sulle armi da fuoco e altro. «Ma», ha precisato Comer, «non indaghiamo su Hunter Biden, quanto su suo padre Joe». Stephen Bannon, ex stratega di Trump, è stato ancora più chiaro: «Non mi interessano i sentimenti di Hunter. Questa è guerra». I repubblicani intendono dimostrare che «membri della famiglia Biden» hanno percepito ingenti somme di denaro da paesi stranieri; che sono stati pagati in virtù della parentela con il presidente; che questo traffico d’influenze è andato contro gli interessi degli Stati Uniti d’America; che Joe Biden ne era al corrente e avrebbe mentito e che tutto ciò comprometterebbe il presidente. rischio di impeachmentDi qui all’impeachment di Potus (acronimo di President of the United States), il passo potrebbe essere breve. Una prima audizione si è tenuta mercoledì scorso: sulla graticola Yoel Roth, ex direttore Trust and safety di Twitter, Vijaya Gadde, allora capo dell’ufficio legale della piattaforma, e Jim Baker, consulente legale di Twitter e soprattutto ex avvocato generale dell’Fbi. Sono loro che, alla vigilia del voto del 2020, hanno disposto la rimozione di tutte le notizie sul computer di Hunter Biden. Notizie che, se pubblicate, avrebbero cambiato il corso della storia. I tre, dopo numerosi «non ricordo» di Baker, hanno ammesso di aver sbagliato, ma «in buona fede e non per ragioni politiche». Sarà, ma è ormai noto che il vecchio gruppo dirigente di Twitter votasse e finanziasse il Partito democratico. Se gli affaires che lo riguardavano fossero stati resi pubblici, Joe Biden non sarebbe mai diventato presidente degli Stati Uniti. E invece.Qualche democratico, come Alexandria Ocasio-Cortez, continua a definire il computer «mezzo falso», anche se i documenti compromettenti sono stati riconosciuti come autentici dai cyber-esperti forensi; gli stessi avvocati del figlio di Joe Biden lo hanno ammesso pochi giorni fa, citando improvvidamente in giudizio, per «violazione della privacy», chi ne ha diffuso il contenuto.Il caso scoppia il 14 ottobre 2020, proprio a ridosso delle elezioni presidenziali del 3 novembre. Pochi giorni prima, sulla scrivania di Robert Costello - avvocato dell’ex sindaco di New York, il repubblicano Rudy Giuliani - era arrivato un plico dal Delaware, feudo elettorale dei Biden. Lo aveva inviato Mac Isaac, titolare di un negozio di assistenza; conteneva l’hard disk del Macbook Pro di Hunter. Il figlio di Joe Biden lo aveva mandato in riparazione da Isaac nell’aprile 2019 e non lo aveva più ritirato. Diventatone automaticamente proprietario, Isaac ne aveva visionato il contenuto e, trovandolo «politicamente imbarazzante», aveva avvisato l’Fbi, che nel dicembre 2019 ritira il laptop, non prima che Isaac faccia una copia del disco rigido, poi inviata all’avvocato Costello. Nel computer c’è tutta la vita di Hunter Biden: 25.000 foto (molti selfie, foto familiari, foto sessualmente esplicite) e 11.500 email, delle quali alcune estremamente compromettenti per lui e per il padre.Giuliani riceve le 644 pagine di materiale (oggi pubblico, sul sito Bidenlaptopreport.marcopolousa.org) e contatta il New York Post, che il 14 ottobre 2020 pubblica lo scoop, documentando gli imbarazzanti interessi della famiglia Biden in Ucraina e Cina: si parla di consulenze e lobbying per decine di milioni di dollari e si profila, come minimo, un enorme conflitto d’interessi. Forte della posizione del padre, all’epoca vicepresidente di Barak Obama, Hunter Biden avvia importanti business in Ucraina occupandosi di due settori specifici: laboratori biologici ed energia, casualmente gli stessi che muoveranno gli ingranaggi della storia negli anni successivi, tra pandemia e guerra. Dal laptop emerge anche un’importante dipendenza da droga e alcool di Hunter, nonché una spiccata inclinazione per armi e prostitute. Sesso, droga, soldi, potere: una storia esplosiva, specialmente se coinvolge il figlio dell’imperatore del mondo.Il New York Post lancia la storia in prima pagina - mancano soltanto 20 giorni alle elezioni - ma nessun media la riprende per non danneggiare la campagna elettorale di Joe Biden. Anzi: Facebook la rimuove, così come Twitter. La macchina del fact-checking paraistituzionale - «onlus» finanziate, ça va sans dire, dai democratici - si mette in moto e asserisce che si tratti di «disinformazione russa» (stessa giustificazione data dai dirigenti di Twitter). La Cnn detta la linea e intervista l’ex direttore dell’Intelligence nazionale James Clapper, che la liquida come «interferenza russa». Il 3 novembre 2020, Biden è eletto presidente.Un mese dopo l’insediamento, la giornalista Nina Jankovicz - ex stagista presso il governo ucraino - diffonde un video su Tiktok in cui, sulle note di Supercalifragilistichespiralidoso, bolla nuovamente la storia del portatile come «disinformazione russa»: il tormentone diventa virale e fa milioni di visualizzazioni. Un anno dopo sarà nominata da Joe Biden a capo del Disinformation governance board, ufficio alle dipendenze della Homeland Security (il Dipartimento per la sicurezza interna, che difende il paese dagli attacchi terroristici). Il Board sarà smantellato due mesi dopo per le numerose contestazioni.Bisognerà aspettare 18 mesi, il 16 marzo 2022, prima che il New York Times consegni al grande pubblico i guai di casa Biden, seguito a ruota dal Washington Post. Da allora, la posizione del presidente vacilla sempre di più. Elon Musk ci mette del suo: dopo l’acquisto di Twitter, il miliardario autorizza la pubblicazione di documenti interni, i Twitter files, che testimoniano le pressioni dell’Fbi affinché fosse censurata la storia del computer di Hunter Biden. I file di Twitter confermano che quello della «disinformazione russa» è l’alibi per rimuovere qualsiasi notizia scomoda per i Biden: l’Fbi e altre agenzie federali, in quei mesi, trattano Twitter «come una loro succursale», con l’obiettivo più che evidente di proteggere la reputazione di Biden affinché venga eletto al posto di Trump.La storia dei documenti classificati di Joe Biden, rivelata dalla Cbs il 9 gennaio 2023, è l’ultimo tassello del Bidengate, e reitera la stessa dinamica usata con il laptop di Hunter: quando si tratta della famiglia Biden, il Dipartimento di giustizia Usa è estremamente cauto. Quelle carte (le prime di una serie), infatti, erano state consegnate il 2 novembre 2022, sei giorni prima delle elezioni di midterm, ma si è atteso gennaio 2023 prima di parlarne. Secondo il New York Times, nelle settimane successive al ritrovamento si è instaurata una «cooperazione silenziosa» tra Casa Bianca e Dipartimento di giustizia, che ha consentito che Joe Biden fosse, ancora una volta, graziato dal giudizio degli elettori.Hunter Biden ha cambiato da poco la squadra di avvocati, ora guidata da Abbe Lowell. La strategia è far apparire il «First son» come vittima di macchinazioni per colpire il padre: Lowell ha sollecitato il Dipartimento di giustizia e il procuratore del Delaware affinché aprano indagini su 14 persone coinvolte nella diffusione dei dati, tra le quali Mac Isaac e Rudy Giuliani. Ma i lavori della commissione istituita dai repubblicani promettono guai seri per la Potus family.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/bidengate-gli-affari-sospetti-in-ucraina-2659405262.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="fondi-in-gas-energia-e-biotech-settori-diventati-strategici-con-covid-e-guerra" data-post-id="2659405262" data-published-at="1676223270" data-use-pagination="False"> Fondi in gas, energia e biotech: settori diventati strategici con Covid e guerra Biolaboratori, energia e gas: sarà un caso, ma gli affari di Hunter Biden in Ucraina, venuti alla luce dopo il ritrovamento del suo computer portatile abbandonato nel Delaware, ruotano proprio intorno a ciò che muove interessi geopolitici che oggi, a un anno dallo scoppio della guerra con la Russia, appaiono sempre più nitidi. Il materiale ricevuto dall’ex sindaco Rudy Giuliani e poi pubblicato dal New York Post è talmente vasto e compromettente che non c’è settimana che il tabloid non aggiunga nuovi tasselli al Bidengate. È a marzo 2022, neanche un mese dopo lo scoppio delle ostilità in Ucraina, che perfino il New York Times rivela che il figlio del presidente degli Stati Uniti, già sottoposto a indagine fiscale dal 2018, avrebbe in parte regolarizzato la sua posizione ma è nei guai per un altro filone d’indagine, che riguarda proprio le sue attività di lobbying in Ucraina, emerse dopo la pubblicazione del contenuto del suo computer, a ottobre 2020, dal New York Post. Hunter Biden è stato membro del consiglio di amministrazione di Burisma, principale compagnia energetica ucraina, da aprile 2014 al 2018, proprio quando suo padre era vicepresidente di Barack Obama, incaricato di supervisionare il processo di lotta alla corruzione in quel Paese: Biden senior effettuerà ben 13 visite di Stato in Ucraina, l’ultima il giorno prima che si insediasse il presidente Trump. Burisma è posseduta da Mykola Zlochevsky, ma è il miliardario Igor Kolomoisky, ucraino con passaporto israeliano e cipriota, a detenere una partecipazione di controllo. Kolomoisky, fondatore e proprietario di Privatbank fino al 2016, è uno degli uomini più ricchi d’Ucraina e possiede un patrimonio netto di 1 miliardo di dollari nel 2022; è lui il principale finanziatore della campagna elettorale di Volodymyr Zelensky. Ed è lui a mettere in contatto il suo uomo dentro Burisma, Vadym Pozharskyi, con Hunter e Joe Biden. Di fatto, Hunter Biden e Zelensky sono legati allo stesso oligarca, che poi però finisce nella lista nera di Washington, incriminato nel 2020 per frode bancaria, e privato di visto per gli Usa dal 2021. In una mail a Devon Archer, suo socio di allora, Hunter Biden negozia il suo stipendio, fissato poi a 50.000 dollari al mese, promettendo incontri con il padre Joe (indicato come «my guy»). Hunter organizza per Pozharskyi una riunione a Washington con suo padre Joe, nell’aprile 2015. «Non ho mai parlato del lavoro in Ucraina con mio figlio», dichiarerà il presidente, ma le email ritrovate dicono proprio il contrario. Per i repubblicani, Biden Sr. «si è reso vulnerabile al ricatto». In effetti, meno di otto mesi dopo, l’allora vice presidente intima al presidente ucraino Petro Poroshenko di licenziare il procuratore generale Viktor Shokin, minacciando di trattenere un miliardo di dollari di aiuti. «Ho detto loro: se il procuratore non viene licenziato, non riceverete i soldi», si vanterà Joe Biden nel 2018 al Council on foreign relations. Cosa aveva fatto Shokin per meritare il licenziamento? «Indagavo su Burisma e volevo interrogare Hunter», ha raccontato il procuratore. Secondo Joe Biden, invece, gli Stati Uniti volevano che Shokin fosse rimosso «per voci di corruzione, condivise dall’Unione europea». Le attività di Hunter Biden in Ucraina non si sono limitate al settore dell’energia. Nel computer del figlio del presidente sono state trovate tracce dei suoi affari con Metabiota, società appaltatrice del Dipartimento della difesa beneficiaria di finanziamenti per milioni di dollari, specializzata in agenti patogeni e incaricata di «migliorare la sicurezza dei laboratori in tutta l’Ucraina». Nell’aprile 2014, Biden Jr. riceve una email da Mary Guttieri, vicepresidente di Metabiota, che gli dice di voler «affermare l’indipendenza culturale ed economica dell’Ucraina dalla Russia»: obiettivo alquanto insolito per un’azienda biotecnologica. Quattro giorni dopo, Vadym Pozharskyi scrive al socio di Biden Jr. per parlare del progetto scientifico Science Ukraine, lanciato da Hunter, che avrebbe coinvolto sia Burisma sia Metabiota. Gli affari di Hunter Biden hanno spaziato fino in Cina: nell’aprile 2022, il Washington Post ha pubblicato un articolo sugli accordi milionari di Hunter con una società energetica cinese, la Cefc China energy, mentre il New York Times ha confermato che Biden Jr. aveva fondato ed era membro del Cda di Bhr partners, fondo con sede a Shanghai coinvolto nell’acquisto, per 3,8 miliardi di dollari, di uno dei più grandi giacimenti di cobalto al mondo. Le email ritrovate nel Macbook Pro di Hunter Biden raccontano gli affari cinesi del figlio del presidente, insieme con lo zio Jimmy. Affari piuttosto imbarazzanti per Joe Biden, accusato peraltro, a luglio 2022, di aver consentito l’esportazione di petrolio della riserva strategica americana in Cina. «Una minaccia diretta per la sicurezza nazionale americana», hanno denunciato i repubblicani. Un’ulteriore tegola sul presidente, e un carico di lavoro spropositato per il Gop, che intende destituire Joe Biden il prima possibile. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/bidengate-gli-affari-sospetti-in-ucraina-2659405262.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="alcol-droga-e-festini-a-luci-rosse-la-vita-spericolata-del-finanziere" data-post-id="2659405262" data-published-at="1676223270" data-use-pagination="False"> Alcol, droga e festini a luci rosse. La vita spericolata del finanziere «Una vita selvaggia, un’anima in pena»: così il New York Post ha riassunto l’esistenza di Hunter Biden, come emerge dalle decine di migliaia di email e foto ritrovate nel computer del figlio del presidente degli Stati Uniti. La vita di Robert Hunter Biden, secondogenito di Joe Biden, classe 1970, è segnata da una tragedia, l’incidente automobilistico nel dicembre 1972 in cui la mamma Neilla e la sorella di appena 13 mesi, Naomi, perdono la vita mentre lui stesso e il fratello maggiore Joseph «Beau» Biden rimangono gravemente feriti. Joe è stato appena eletto, per la prima volta, al Senato e presta giuramento nella stanza d’ospedale dei suoi due bambini sopravvissuti. C’è questo e anche altro in ciò che i media ribattezzano subito il «laptop from hell», il computer dall’inferno dell’anima di Hunter Biden, in cui il «First son» custodisce non soltanto le prove delle sue spericolate avventure lavorative, ma anche i suoi vizi e i suoi dolori. L’infanzia di Hunter scorre tra le assenze del padre lanciato in politica (i due bambini sono affidati agli zii) e il rispetto di quel codice che imponeva di propagandare l’immagine di una famiglia unita: «Non ho mai mancato agli eventi pubblici di mio padre», racconterà. Il marchio sembra quello dei Kennedy, dove potere, avidità e sesso si fondono con solitudine, malattia e morte. L’adolescenza di Hunter è all’ombra del fratello Beau; lui è il secondogenito, va al liceo cattolico per poi studiare legge a Georgetown e Yale, le università dei rampolli Dem: un’educazione di primordine. I guai con l’alcol arrivano dopo il matrimonio, quando Biden Jr. comincia le sedute con gli alcolisti anonimi. Il 2015 è il suo annus horribilis: il fratello Beau, primogenito di Joe Biden, muore di cancro a 46 anni, Hunter si separa dalla moglie e arrivano grane sul lavoro. È allora che il figlio del presidente scivola nell’inferno: festini a luci rosse, incontri con giovanissime prostitute, fumate di crack «ogni 15 minuti», dichiara, e poi la cocaina, una storia con l’assistente stipendiata dietro prestazioni, la relazione con la vedova del fratello, Hallie. Le conversazioni licenziose con lei, ritrovate nel computer, raccontano una storia un po’ diversa dalla liaison romantica che la «Biden Inc.», con l’aiuto dei media, voleva vendere agli elettori americani. Hunter ne parla nel suo libro e in un’intervista al New Yorker. Anche le confessioni rubate dal diario dell’ultimogenita di Joe Biden, Ashley, avuta dalla seconda moglie Jill, fendono un velo nel quadretto felice dipinto dagli aedi del presidente, specialmente quando la donna parla di «docce inappropriate» con il padre. «I figli del presidente condividono la strana abitudine di lasciare le loro confessioni più intime dove chiunque possa trovarle», scrive il New York Post. «Immaginate però», osserva il tabloid, «se le stesse notizie, riguardanti ad esempio Ivanka Trump, fossero finite nelle mani della stampa Dem: picconate, indignazione femminista, impeachment». Il nuovo pool di avvocati che difende il figlio del presidente sta puntando in effetti sulla violazione della privacy. Hunter Biden è una vittima? Per il tabloid che ha mostrato il lato oscuro del presidente, no, «è un artista della truffa, un figlio privilegiato che ha sfruttato il nome della famiglia per guadagnare milioni buttati in droga e prostitute». Che sia l’uno o l’altro, purtroppo il battito della farfalla nel Delaware non ha fermato l’uragano a Kiev, e in tutto il mondo.
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)