
Il Consiglio di Stato ha accelerato le gare per gli stabilimenti. A rischio 300.000 posti.Estate a rischio, ma il meteo non c’entra. Le perturbazioni sono di ordine giuridico e politico e arrivano dal Consiglio di Stato. Sono in ballo circa 300.000 posti di lavoro stagionali e le tariffe potrebbero subire già dal mese di giugno aumenti che vanno dal 50 all’80%. A Fregene ombrellone e due lettini si pagano in media al giorno sui 30 euro, in Versilia il noleggio costa 50 euro, a Rapallo sui 40, a Rimini bastano 25 euro, a Lignano ce ne vogliono 28. Ora sarà difficile trovarli al di sotto dei 70 euro. I gestori sono al canto del cigno. Molti di loro a settembre dovranno chiudere e passare la mano ad altri e non sanno neppure se verranno risarciti degli investimenti che hanno fatto negli anni. L’Italia che dal turismo balneare riceve un contributo stimato attorno a 55 miliardi, qualcosa meno del 3% del Pil, ha un’alta probabilità di veder compromessa la «stagione». Con due ordinanze che si contraddicono i supremi giudici amministrativi hanno stabilito che le concessioni balneari sono scadute al 31 dicembre scorso. Le proroghe, decise dal Governo Meloni e convertite in legge dal Parlamento, non valgono nulla e bisogna mettere all’asta gli arenili perché palazzo Chigi mente sostenendo che la «risorsa non è scarsa». Gli spazi sono occupati e non c’è concorrenza, affermano i giudici amministrativi, deve scattare l’articolo 12 della famosa – o famigerata – direttiva Bolkestin che impone le aste. I Comuni devono indire subito le gare. Per la verità la Cassazione in una recente sentenza aveva rampognato il Consiglio di Stato affermando che i giudici non possono sostituirsi al Parlamento, ma in parte per le coperture che sull’argomento ha assicurato il presidente della Repubblica – Sergio Mattarella ha perorato la Bolkestein due volte: sui bagnini e sugli ambulanti – e in forza dell’affermazione del diritto comunitario come prevalente, i giudici hanno deciso di smontare il «Bagno Italia». Il vicepresidente del Senato Gian Marco Centinaio (Lega) l’ha presa malissimo e nota: «Il Consiglio di Stato ha qualche problema con le misure, sia delle spiagge che delle sue competenze. C’è una legge dello Stato che proroga le concessioni e c’è la mappatura fatta dal Governo che ha dimostrato come la risorsa non è scarsa; i giudici di palazzo Spada dovrebbero farci sapere su cosa basano i loro giudizi». Dello stesso tono le dichiarazioni di Maurizio Gasparri (Forza Italia). Maurizio Licordari di Assobalneari (Confindustria) e Bettina Bolla di Base Balneare sollecitano il Governo «a varare un provvedimento entro 30 giorni per sterilizzare il pronunciamento dei giudici o salta l’estate». Sottolineano che il Consiglio di Stato se ha imposto le aste con un pronunciamento, in un’altra ordinanza concomitante – la 03943/2024 – sulla stessa materia «sospende il giudizio in attesa di un provvedimento della Corte di giustizia dell’Ue». Il caos sulle concessioni balneari è totale. Ma gli effetti si stanno già producendo: «Là dove ci sono state le prime aste», sostiene Licordari, «le concessioni sono finite, come a Jesolo, dalle imprese familiari alle holding e le tariffe sono aumentate del 50%». L’Ue ha già fatto sapere che non va bene la mappatura quantitativa - quanti chilometri sul totale delle spiagge sono in concessione - ma vuole quella qualitativa. A Bruxelles - o forse ai gruppi finanziari che guardano a questa partita - interessano la Versilia, la Romagna, Portofino, la Sardegna, la Sicilia e il Veneto. Per mettere le mani su un business assai profittevole. La prova? In Spagna dopo decenni di resistenza alla Bolkestein il socialista Pedro Sanchez ha detto sì alle aste. Così a Formentera sono spariti i chiringuitos storici. Locali arcinoti, come il Cala Saona o il Luky, saranno smantellati perché sono arrivati i gruppi turistici del Nord Europa a prendersi le spiagge.
Il toro iconico di Wall Street a New York (iStock)
Democratici spaccati sul via libera alla ripresa delle attività Usa. E i mercati ringraziano. In evidenza Piazza Affari: + 2,28%.
Il più lungo shutdown della storia americana - oltre 40 giorni - si sta avviando a conclusione. O almeno così sembra. Domenica sera, il Senato statunitense ha approvato, con 60 voti a favore e 40 contrari, una mozione procedurale volta a spianare la strada a un accordo di compromesso che, se confermato, dovrebbe prorogare il finanziamento delle agenzie governative fino al 30 gennaio. A schierarsi con i repubblicani sono stati sette senatori dem e un indipendente affiliato all’Asinello. In base all’intesa, verranno riattivati vari programmi sociali (tra cui l’assistenza alimentare per le persone a basso reddito), saranno bloccati i licenziamenti del personale federale e saranno garantiti gli arretrati ai dipendenti che erano stati lasciati a casa a causa del congelamento delle agenzie governative. Resta tuttavia sul tavolo il nodo dei sussidi previsti ai sensi dell’Obamacare. L’accordo prevede infatti che se ne discuterà a dicembre, ma non garantisce che la loro estensione sarà approvata: un’estensione che, ricordiamolo, era considerata un punto cruciale per gran parte del Partito democratico.
2025-11-10
Indivia belga, l’insalata ideale nei mesi freddi per integrare acqua e fibre e combattere lo stress
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In autunno e in inverno siamo portati (sbagliando) a bere di meno: questa verdura è ottima per idratarsi. E per chi ha l’intestino un po’ pigro è un toccasana.
Si chiama indivia belga, ma ormai potremmo conferirle la cittadinanza italiana onoraria visto che è una delle insalate immancabili nel banco del fresco del supermercato e presente 365 giorni su 365, essendo una verdura a foglie di stagione tutto l’anno. Il nome non è un non senso: è stata coltivata e commercializzata per la prima volta in Belgio, nel XIX secolo, partendo dalla cicoria di Magdeburgo. Per questo motivo è anche chiamata lattuga belga, radicchio belga oppure cicoria di Bruxelles, essendo Bruxelles in Belgio, oltre che cicoria witloof: witloof in fiammingo significa foglia bianca e tale specificazione fa riferimento al colore estremamente chiaro delle sue foglie, un giallino così delicato da sfociare nel bianco, dovuto a un procedimento che si chiama forzatura. Cos’è questa forzatura?
Zohran Mamdani (Ansa)
Nella religione musulmana, la «taqiyya» è una menzogna rivolta agli infedeli per conquistare il potere. Il neosindaco di New York ne ha fatto buon uso, associandosi al mondo Lgbt che, pur incompatibile col suo credo, mina dall’interno la società occidentale.
Le «promesse da marinaio» sono impegni che non vengono mantenuti. Il detto nasce dalle numerose promesse fatte da marinai ad altrettanto numerose donne: «Sì, certo, sei l’unica donna della mia vita; Sì, certo, ti sposo», salvo poi salire su una nave e sparire all’orizzonte. Ma anche promesse di infiniti Rosari, voti di castità, almeno di non bestemmiare, perlomeno non troppo, fatte durante uragani, tempeste e fortunali in cambio della salvezza, per essere subito dimenticate appena il mare si cheta. Anche le promesse elettorali fanno parte di questa categoria, per esempio le promesse con cui si diventa sindaco.
Ecco #DimmiLaVerità del 10 novembre 2025. Il deputato di Sud chiama Nord Francesco Gallo ci parla del progetto del Ponte sullo Stretto e di elezioni regionali.






