2022-11-26
«Noi delle baby gang vestiti di nero perché così non si vede il sangue»
Nel riquadro, alcuni fotogrammi delle baby gang in azione a Padova (IStock)
Viaggio nel disagio giovanile. Sono bande che infestano un po’ tutte le città italiane, soprattutto al Nord. «Il nostro divertimento è bere, fumare, picchiare. Siamo divisi in gruppi a seconda delle nazionalità».«Noi se vogliamo prendiamo uno e lo ammazziamo». Sono «ragazzini», hanno tutti dai tredici ai sedici anni. A volte anche otto. Li incontriamo un sabato notte accanto alla stazione di Padova. Sono in quattro, tutti vestiti uguali, zaini in spalla, guanti neri, i cappucci delle felpe che avvolgono le teste. Il capetto, quello più basso e tarchiato, ma assai sveglio, ci viene incontro senza indugio. Abbiamo invaso il suo territorio. E si sente minacciato. «Fammi vedere i tuoi documenti, chi sei? Cosa vuoi sapere?».«Chi siete? Cosa fate?», chiediamo. «Noi facciamo parte della baby gang AK47, hai presente il fucile? Ecco quello. Noi se vogliamo prendiamo uno e lo ammazziamo. Il nostro divertimento è bere, fumare, picchiare».Ci addentriamo in mezzo a loro. Sono quasi tutti stranieri. «Ragazzini di seconda generazione», come li chiamano i progressisti.Qui a Padova in zona stazione c’è un vero e proprio formicaio. Ma anche in Prato della Valle o in pieno centro.Sono divisi in gruppi a seconda delle nazionalità. Ci sono albanesi, marocchini, tunisini, romeni. I capetti li riconosci subito. Sguardo duro. Schiena dritta. Spalle fiere. Hanno intorno una nuvola di adepti che li segue. Se non fai come il gruppo sei tagliato fuori.Se li guardi più di mezzo secondo comincia la sfida e c’è da aver paura. In Prato della Valle, un gruppo ci spiega che «ci sono i Maranza, a Milano vengono chiamati Zanza. Bisogna essere tutti vestiti uguali e soprattutto di nero perché bisogna picchiare la gente e se picchi qualcuno non si vede il sangue». Ci sono maschi, femmine. Quando si menano è proprio la vista del rosso vivo che li eccita. Il pugno preso in faccia. Il calcio. Il fatto che se rispondi, «l’altro ti rispetta». «Ti senti invincibile», ci dice un bullo pentito, «ti sale l’adrenalina nelle gambe ed è bellissimo».«Una volta hanno fatto Verona contro Padova», ci dice un ragazzino. Avrà all’incirca 12 anni. Accanto una ragazzina con addosso un piumino e sotto seminuda dice che «qui è normale e ogni weekend scoppia la rissa».A Mestre, nel Veneziano, la situazione non è diversa. I teppisti si annidano attorno al centro commerciale. Molti urlano, danno fastidio alle persone, sputano. Una banda turca, in pieno centro, ci mostra la maglia rossa con scritto «Turkey». Hanno dai 13 ai 17 anni. «Urliamo per fare casino. Se uno inizia a fissarci io vado lì e lo colpisco. Per entrare nel nostro gruppo devi essere turco e nato in Turchia, siamo sempre i migliori e puntiamo i più grandi. Siamo dei criminali». «Loro», ci dice un altro indicando due giovani, «sono stati presi e schedati dalla polizia. Hanno menato un ragazzo perché ha insultato la loro patria e la loro madre».Un ragazzo ci passa accanto con la bottiglia di vino in mano. «Noi siamo baby gang. Siamo tutti moldavi. Questa sera beviamo perché domani abbiamo un incontro. Siamo 30 contro 5. Da noi si usa così».Infatti. I vandali delle bande giovanili stanno tenendo sotto scacco intere città. Milano, Torino, Udine, Bologna, Roma. Bevono, si menano e hanno armi. Si organizzano nei social, Tik Tok, Instagram, si danno appuntamento in un luogo all’ora x e comincia la rissa. Albanesi contro marocchini. Tunisini contro romeni. Turchi contro moldavi. Neri contro bianchi. Bianchi contro neri. A Padova è anche accaduto che prendessero a bottigliate dei clienti seduti ai tavolini di un bar. Altre volte prendono di mira qualche coetaneo e non c’è verso di fermarli. Un ragazzino di 14 anni che intervistiamo nel Polesine, quest’estate è stato pestato a sangue.«Mi hanno fermato per chiedermi se avessi sigarette e soldi», racconta. «Mi hanno rubato 15 euro. Erano in quattro, poi c’erano altri sei, sette ragazzi. Alcuni avevano la mia età. Altri due più piccoli. Il ragazzo più piccolo mi diceva: «Se mi incolpi un’altra volta io ti ammazzo». Mi hanno picchiato, ho perso sangue e sono finito in ospedale. Avevo una lesione alla mandibola sinistra. Non è la prima denuncia che prendono, più di una volta hanno picchiato qualcuno».Un investigatore privato che raggiungiamo, Giuseppe Tiralongo, a Roma ha «sventato» un omicidio. Ingaggiato dai genitori del ragazzino, italiano, ha scoperto che costui stava pianificando l’uccisione di un uomo con alcuni amici. Avevano già la pistola. «Qui non si parla più di baby gang», dice, «sono vere e proprie bande di criminali. Ragazzini annoiati, anche della Roma bene».Una nota del ministero dell’Interno del 7 ottobre scorso parla di baby gang come «una realtà in aumento in Italia». Transcrime, il centro di ricerca tra la Cattolica, Alma Mater e l’Università di Perugia, il mese scorso ha pubblicato uno studio sulle gang giovanili nel nostro Paese. «Nella maggior parte dei casi i membri sono italiani», quelle «composte in prevalenza da stranieri di prima o seconda generazione sono più frequenti nel Nord del Paese rispetto alla media nazionale. Mentre situazioni socioeconomiche di marginalità e disagio sono evidenziate in prevalenza nelle regioni del Sud».Il report del Servizio analisi criminale della Polizia criminale sui minori, a febbraio scorso, parlava di 25.000 minori denunciati o arrestati nel 2021, con un +10%. In aumento del 20% i reati di lesioni personali, danneggiamento, minacce, omicidio doloso, rapina, resistenza e violenza a pubblico ufficiale. In crescita anche i traffici di stupefacenti e la percentuale degli stranieri all’interno di queste bande: dal 44 al 46 %. Ragazzi violenti, gruppi criminali, iniziano ad armarsi sul web e poi spaventano le piazze.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)