2025-03-18
Audi frenata dall’avanzata cinese. Taglierà 7.500 posti in quattro anni
Byd invece prepara un maxi piano di espansione con la Germania in pole position.L’industria dell’auto procede a due velocità: la Cina corre, l’Europa frena. Nelle stesse ore, infatti, arrivano due annunci speculari. Audi comunica un piano di ristrutturazione che comporterà la perdita di 7.500 posti di lavoro entro il 2029 con l’obiettivo di risparmiare un miliardo. I cinesi di Byd invece preparano un ambizioso programma di espansione della propria presenza in Europa, che avrà la Germania come piattaforma. Due visioni opposte che segnano lo stato di salute di realtà appartenenti a mondi differenti: quello dell’industria automobilistica tradizionale europea e quello della sfidante cinese che, grazie a corposi sussidi pubblici e alla manodopera a basso costo, cresce a ritmi vertiginosi.Audi, parte del colosso Volkswagen, si è impegnata a investire otto miliardi fino al 2029 negli stabilimenti tedeschi per completare il passaggio alla mobilità elettrica. I primi 6.000 posti di lavoro saranno tagliati entro il 2027, gli altri 1.500 entro il 2029. Il sindacato si è detto soddisfatto anche perché nell’accordo è previsto il ritorno di alcune funzioni, fino ad oggi esternalizzate, in azienda. Audi non è la sola ad affrontare una ristrutturazione, ma le sue scelte colpiscono particolarmente per l’entità dei tagli e per il fatto che si inseriscono in un più ampio piano di transizione verso la mobilità elettrica che la Ue ha imposto per arrivare entro il 2035 a emissioni zero.Una scelta suicida che distrugge l’auto europea a favore di quella cinese. Il gruppo Byd sta mettendo a punto una strategia di espansione in Europa per aumentare significativamente la propria quota di mercato. Il piano per la Germania è ambizioso. Vuole creare impianti di assemblaggio in Europa mentre cerca di vendere auto a basso costo nella regione per sfidare i concorrenti europei poiché la domanda rallenta in Cina.Vuole anche evitare le tariffe imposte dall’Ue ai veicoli elettrici fabbricati dalla Cina l’anno scorso.Il vicepresidente esecutivo di Byd Stella Li ha detto in un’intervista che il gruppo stava considerando un terzo impianto per servire il mercato europeo - oltre ai due che sta costruendo in Ungheria e in Turchia - ma non ha detto dove.La Germania è in pole position, anche se la questione è dibattuta internamente a causa degli alti costi dell’energia del Paese, e della bassa flessibilità del lavoro. Le mosse di Audi e Byd sono speculari, ma in contesti radicalmente diversi. Da un lato, Audi deve ridurre il numero di dipendenti per affrontare la transizione verso l’elettrico. Dall'altro, Byd, con il supporto di ingenti investimenti e di un governo cinese che sostiene finanziariamente l’espansione internazionale, sta puntando su una nuova era per l’automobile, quella dell’elettrico, con l’ambizione di scavalcare i vecchi giganti come Audi e Volkswagen.Se Audi è costretta a «snellire» il proprio organico per adeguarsi al mercato, Byd, al contrario, si trova nella posizione di un attaccante che può crescere, evolversi e conquistare fette di mercato, soprattutto in Europa sostenuta dagli ingenti finanziamenti concessi dal governo. In questo scenario, la Germania, cuore dell’automotive europeo, diventa il terreno di scontro per l’auto del futuro: chi avrà la meglio? Saranno i colossi storici come Audi, che tentano di rimanere al passo con i tempi, o i nuovi arrivati come Byd, pronti a prendere il controllo della mobilità sostenibile globale? Il Partito democratico cristiano, che guiderà il governo , si è impegnato a tagliare le tasse sulle società e attirare lavoratori qualificati, ed è particolarmente desideroso di sostenere il settore automobilistico in quanto principale di entrate del Paese.
Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico.
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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Viktor Orbán durante la visita a Roma dove ha incontrato Giorgia Meloni (Ansa)
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