2019-03-31
Mafia nigeriana, il Cara di Mineo
era il centro internazionale
Scovati in Francia e in Germania dieci latitanti affiliati al clan Viking. Avevano creato una rete con contatti in tutta Europa che partiva dal centro di accoglienza in Sicilia. Fermando gli sbarchi si evitano casi simili. Nell'ultima settimana abbiamo sentito ripetere a getto continuo i consueti slogan che la sinistra italiana ricicla ormai da anni. Abbiamo sentito parlare di gestione criminale dell'immigrazione, di disumanità, perfino di nazismo. Illustri esponenti del fronte progressista hanno difeso i migranti accusati di aver dirottato verso l'Europa una nave diretta in Libia, li hanno paragonati ad ebrei in fuga da un campo di concentramento, li hanno dipinti come vittime della ferocia dei populisti italiani. A Malta, tre di loro sono accusati di terrorismo, ma dalle nostre parti sono eroi. Il vero cattivo, qui, è ovviamente Matteo Salvini, uno che merita di essere processato per sequestro di persona: dopo averla scampata nel caso Diciotti, adesso il ministro dell'Interno rischia un altro procedimento. Nei giorni scorsi, come noto, i magistrati della Procura di Roma hanno ai colleghi di Siracusa il fascicolo relativo alla Sea Watch, la nave delle Ong che rimase per 12 giorni ferma davanti al porto della città siciliana alla fine di gennaio. Insomma, come al solito si ripropone la pantomima: vittime straniere contro carnefici italiani (di destra).Tutto filerebbe alla perfezione, nel racconto dei democratici, se non fosse per un piccolo particolare. E cioè che la realtà - ostinata - si mette di mezzo e racconta una storia un poco diversa. La notizia l'ha comunicata ieri con soddisfazione lo stesso Salvini: «Una decina di latitanti nigeriani sono stati arrestati in Francia e Germania dalla Polizia di Stato, in collaborazione con le autorità francesi e tedesche. Erano ricercati con l'accusa di associazione mafiosa, violenza sessuale, traffico di droga. Operavano a Catania e, secondo le accuse, avevano la base operativa nel Cara di Mineo che ora stiamo progressivamente svuotando». Già: un clan di mafiosi africani affiliato ai Viking gestiva i propri affari all'interno del centro di accoglienza siciliano. Spacciatori, magnaccia, violenti della peggior specie. Gente che regolava i conti con il machete, che si dilettava negli stupri di gruppo (anche ai danni di una povera connazionale ospite del suddetto Cara). Il rito di affiliazione ai Viking prevedeva che il candidato bevesse il sangue dei confratelli: è bene saperlo, giusto per comprendere con che genere di personaggi abbiamo a che fare. Delinquenti di questo tipo operano nel nostro Paese da anni, e tanti di loro, quasi tutti, sono arrivati a bordo dei barconi. Come hanno dimostrato altre indagini, in particolare quelle svolte a Torino su altri clan mafiosi, i nigeriani venivano reclutati in patria, poi giungevano qui grazie al servizio taxi operativo nel Mediterraneo, quindi raggiungevano i propri capi e si mettevano all'opera. Ecco: ogni volta che qualcuno parla di «disumanità» e scomoda paragoni impegnativi con Auschwitz, ricordatevi la storia del Cara di Mineo. Questo centro è l'emblema dell'invasione, il concentrato di tutti i problemi causati al nostro Paese dall'immigrazione di massa. Un luogo sovraffollato, mal gestito, costoso, ricettacolo di criminali e di illegalità. Un luogo su cui hanno lucrato troppi italiani, e in cui hanno vissuto malissimo troppi immigrati. Un buco nero che i precedenti governi a trazione sinistra non sono riusciti a smantellare, nonostante persino un'indagine bipartisan ne avesse invocato la chiusura. Tutti i bellimbusti che, persino oggi, si ostinano a difendere le Ong, tutti i finti buoni che insistono a giudicare «disumana» la chiusura delle frontiere, sono gli stessi che negli anni passati hanno contribuito a creare e difendere il sistema mortifero da cui è scaturito il Cara di Mineo. Ancora ieri, sulla Lettura del Corriere della Sera, lo scrittore Sandro Veronesi (strenuo sostenitore delle Ong) inveiva contro il governo, accusandolo di razzismo e di violazione del diritto del mare. «Finché non riusciremo a vedere il multiculturalismo come una risorsa», gridava, «e non come un'imposizione o come un vezzo, allora non usciremo da questa trappola». Sicuro: l'invasione migratoria è una risorsa. Sapete per chi? Per gente come i Viking nigeriani, quelli che bevono il sangue dei loro «fratelli» e, metaforicamente, pure il nostro. È una risorsa per chi ha campato grazie a una macchina di morte che ora, grazie al cielo, si comincia a distruggere. Il Cara di Mineo, finalmente, viene abbattuto. Ma a quanto pare c'è già la fila dei «buoni» intenzionati a ricostruirlo.
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