Dopo il salvataggio Eurovita da parte degli istituti, la presidente di Ania, Maria Bianca Farina, avanza l’idea di un meccanismo di sistema valido «in prospettiva». Strana interrogazione della Serracchiani pro Generali.
Dopo il salvataggio Eurovita da parte degli istituti, la presidente di Ania, Maria Bianca Farina, avanza l’idea di un meccanismo di sistema valido «in prospettiva». Strana interrogazione della Serracchiani pro Generali.Un fondo di garanzia per le assicurazioni sul modello del Fondo interbancario «è utile in prospettiva» alla luce della crisi di Eurovita. A indicare la strada è la presidente di Ania (l’associazione delle compagnie assicurative), Maria Bianca Farina, dopo il salvataggio del risparmio accumulato nelle polizze della compagnia finita in crisi. Creare adesso un paracadute simile a quello bancario sarebbe prematuro «perché aggiungere allo sforzo e all’importante intervento fatto per Eurovita anche la costituzione del Fondo mi sembrerebbe troppo per un mercato sotto pressione», ma «in emergenza se ci fosse stato il Fondo probabilmente saremmo stati più sereni», ha aggiunto. Sulla stessa linea è anche l’Ivass: «Per risolvere la crisi di Eurovita, le banche hanno accettato qualche non irrilevante sacrificio. Adesso che la vicenda è chiusa, bisognerà pensare al futuro rivedendo il complesso delle norme che regolano la materia delle polizze a rendimento garantito riscattabili a valori predeterminati, e valutando l’introduzione di un Fondo di garanzia», ha sottolineato il presidente della Vigilanza delle assicurazioni, Luigi Federico Signorini.Il tema ha dunque tenuto banco durante l’assemblea dell’associazione che si è tenuta ieri servita, soprattutto, per fare un punto dello stato di salute del settore. Il mercato del risparmio Vita non vive un momento favorevole, «l’inflazione ha fatto diminuire la raccolta e l’aumento repentino dei tassi ha favorito comportamenti opportunistici di chi considera l’assicurazione come un usa e getta e non è così», ha spiegato la presidente dell’Ania. Sullo sfondo si agita poi il problema di un’Italia sottoassicurata proprio mentre le catastrofi naturali, come l’alluvione in Emilia Romagna, rendono urgente dotarsi di una maggiore protezione. Se si includono anche i terremoti, la quota di danni assicurati nel nostro Paese non supera oggi il 14% del totale: è il dato più basso fra i principali Paesi europei. Il messaggio lanciato dall’associazione è che le compagnie italiane sono pronte a fare la loro parte al fianco delle istituzioni. «L’Italia ha bisogno di protezione dai rischi, di coesione, conciliazione, ripresa demografica, certezze in campo di assistenza sanitaria. Noi ci siamo», ha precisato Farina. Invocando un «modello di welfare innovativo che possa integrare l’uso di risorse pubbliche e private». Intanto, il governo vuole incentivare la sottoscrizione di polizze contro le catastrofi naturali. Nel ddl catastrofi «abbiamo inserito una norma che riguarda le assicurazioni», ha detto durante il suo intervento all’assemblea il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, spiegando che si tratta di una misura importante per le piccole imprese. La norma prevede che il 30% debba essere erogato subito dalla compagnia «serve anche ad incentivare chi non l’abbia mai fatto ad assicurarsi contro questi rischi» anche perché oggi «nessuno ha la certezza che poi l’assicurazione paghi il pattuito», ha spiegato il ministro garantendo un confronto con l’Ania. Dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, arriva inoltre l’auspicio «che il livello di investimento delle compagnie e in titoli di Stato garantisca adeguato finanziamento per politiche di investimento di interesse pubblico e di lungo periodo, evitando i rischi connessi con le eccessive turbolenze di prodotti finanziari diversi o complessi», ha detto nel messaggio inviato all’assemblea. Nel frattempo, l’eco sulle manovre della famiglia Del Vecchio nel capitale delle Generali è arrivato ieri dalle stanze della politica. Anzi del Pd. Con un’interrogazione al ministro dell’Economia e al ministro delle Imprese presentata dalla deputata Dem, Debora Serracchiani, sull’autorizzazione concessa dall’Ivass alla Delfin a incrementare la sua quota nella compagnia triestina, teoricamente fino a ridosso del 20%. «Il governo chiarisca quali procedure sono state seguite dall’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni» e «se l’autorizzazione richiesta per sanare un fatto tecnico sia stata concessa in forma incondizionata e illimitata e, nel caso, quali considerazioni l’Ivass abbia svolto a tutela del settore assicurativo e dei clienti per giungere a siffatta conclusione».Non sembra, invece, preoccupato il presidente di Generali, Andrea Sironi: «Delfin ha fatto un commento, l’ho trovato molto chiarificatore». In una nota, la holding dei Del Vecchio lunedì ha chiarito che l’autorizzazione chiesta all’Ivass «non sottintende alcuna particolare strategia, se non quella di agire in conformità alle regole rispetto alla propria posizione quale azionista della compagnia assicurativa triestina». C’è quindi da chiedersi se agitare lo spauracchio dell’«assalto a Generali» (così recitava lunedì il titolo di prima pagina di Repubblica) non stia diventando uno strumento «politico» nel dibattito su se, e come, cambiare le norme per la presentazione delle liste nei cda. Tema assai caro a Francesco Gaetano Caltagirone, azionista sia di Trieste sia di Mediobanca e alleato di Del Vecchio nella battaglia (persa un anno fa) sulla governance del Leone.
Donald Trump (Ansa)
Il tycoon ferma i negoziati sui dazi: ufficialmente per uno spot che sfrutta l’ex presidente contro le tariffe, in realtà per i flirt di Mark Carney e dei suoi ministri con il Paese di Xi. Che The Donald incontrerà giovedì in Corea, sperando nell’asse con la nuova premier nipponica.
Friedrich Merz e Giorgia Meloni (Ansa)
Urso: «Finalmente prevale la ragione, rivediamo le regole. Mi auguro che anche Spagna e Francia facciano come noi».






