2021-10-11
Per la sinistra l’unica destra buona è quella che non c’è. O che si suicida
Enrico Letta sdoganò Giorgia Meloni quando gli serviva dividerla da Matteo Salvini, ma ora che Fratelli d'Italia è il primo partito la attacca ferocemente. Viene addirittura elogiato Fini dopo averlo disprezzato per i «trascorsi nostalgici» Succinto riepilogo della versione fornita dai media allineati: la destra italiana è un immondezzaio senza pari. A essa va attribuita la responsabilità dei disordini andati in scena ieri a Roma (anche se in piazza c'erano esponenti dei movimenti più diversi) e dell'assalto «squadrista» alla Cgil (che pure, fino all'altro giorno, veniva deprecata in prima pagina con l'accusa di spalleggiare i no vax). Secondo il direttore della Stampa, Massimo Giannini, dell'album di famiglia della destra farebbe parte addirittura la «feccia black bloc», cioè Forza Nuova, e poco importa che il «blocco nero» sia, storicamente, quello anarco-insurrezionalista. Tale «feccia» sarebbe legata a doppio filo con Fratelli d'Italia e Lega, colpevoli di «ospitare o tollerare i «cattivi maestri». A questo maleodorante calderone fascio-sovranista, insistono i commentatori illuminati, andrebbe contrapposta una «buona destra». oggi solo «feccia»Nulla di nuovo sotto il sole. L'insistenza progressista sull'eterno ritorno del fascismo da sempre si accompagna agli «accorati appelli» a favore di un ircocervo chiamato «destra presentabile». Quali dovrebbero essere i connotati di questa destra? Claudio Tito, su Repubblica, la immagina «repubblicana», con «l'europeismo» al primo posto tra i «valori fondamentali». Altri, come Mara Carfagna, la vorrebbero «lontana dalle nostalgie fasciste». Altri ancora la gradirebbero più liberale e meno identitaria. Più o meno chiunque non sia di destra, in sostanza, si sente in diritto di dire la sua sulla destra. C'è però un punto su cui tutti gli osservatori appaiono concordi: la «buona destra» non è mai collocata nel presente, ma soltanto in un lontano futuro o in un tempo antico dai contorni nebulosi. Con il consueto piglio orwelliano, la sinistra italiana riscrive il passato per utilizzarlo come arma. Un caso emblematico è quello di Enrico Letta. A marzo di quest'anno, il segretario del Pd ha partecipato a un incontro a tu per tu con Giorgia Meloni, di fatto riconoscendola come la guida dell'opposizione. Ai giornali ha fatto sapere che la riunione era stata «buona» e si era svolta in un «clima cordiale». Eppure, lo stesso uomo che in primavera si dava appuntamento con la Meloni - evidentemente ritenendola degna di stima - ieri la attaccava ferocemente. La presidente di FdI si trovava a Madrid, ospite d'onore a un affollatissimo congresso di Vox e per Letta si è trattato di un gesto intollerabile: a suo dire, Vox sarebbe un partito «neofranchista», che «vuole rilegittimare il franchismo in Spagna». In un lampo, dunque, la Meloni è passata da leale avversaria a seguace di Franco: strabiliante.«meglio silvio»Il giochino è chiaro: quando crede che gli serva a mettere in difficoltà Salvini, Letta è pronto a fare le fusa a Giorgia. Ma ora che FdI è il partito più lanciato, ecco che l'atteggiamento cambia radicalmente. Il segretario del Pd è disposto a tutto, persino a riabilitare il babau Silvio Berlusconi. «Il centrodestra un tempo aveva in Berlusconi un federatore che i due capi di oggi non sanno essere», ha detto Letta alla fine di settembre. «Ora hanno agende opposte e non riescono a stare insieme». Ma certo: quando c'era Berlusconi la destra era presentabile, ora invece… È l'ennesima variazione sul solito tema: la «buona destra» si trova sempre altrove. Negli ultimi giorni è addirittura diventato di moda citare Gianfranco Fini. Il suo nome viene evocato a ripetizione nei dibattiti televisivi, stimati analisti della politica lo tirano in ballo descrivendolo come un coraggioso innovatore che ebbe il fegato di rompere con il «passato fascista». Persino un personaggio come Luca Bottura, battutista spocchiosetto della sinistra bene, su Twitter si è cimentato in un elogio del capo di Alleanza nazionale. «Avrà anche avuto dei cognati di melma, ma almeno andò a Gerusalemme per dire che il fascismo era il male assoluto», ha scritto Bottura, aggiungendo un accorato commento: «Scusaci, Gianfranco. Quando ti hanno coperto di liquame non ti abbiamo difeso abbastanza». Che dolce, il Bottura. A che serve riesumare Fini? Idem come sopra: a sostenere che lui era bravo e buono, mentre Giorgia Meloni è brutta e cattiva. Il caro Gianfranco è diventato quello che voleva liberarsi degli ingombranti antenati, mentre l'odiata Meloni viene dipinta come colei che ha riacceso la fiamma, e riportato le camicie nere per le strade. dimenticare fiuggiGiova ricordare, a questo proposito, che Fini ebbe a benedire la svolta di Fiuggi nel lontano 1995. Ancora nel 2006, tuttavia, Repubblica lo rimproverava (in occasione di un confronto con Amos Luzzatto, illustre presidente dell'Unione delle comunità ebraiche) perché «nel suo partito prevalgono e durano umori nostalgici». In altri termini: il Fini che ora viene portato a modello, nonostante le sue ripetute svolte, le sue abiure e i suoi strappi, per tutta la carriera è stato sempre trattato come un fascista, né più né meno. Tranne quando si mise a confliggere con Berlusconi, cioè appena prima che la sua epopea si concludesse malamente. La storia di Fini ci regala dunque una lezione da tenere a mente: per i progressisti, chiunque non la pensi come loro è un fascista. E l'unico fascista buono è un fascista morto.
Il ministro dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida (Ansa)
Lo stabilimento Stellantis di Melfi (Imagoeconomica)
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