2022-01-21
Altra inoculazione, altri pasticci. La quarta dose è già un’incognita
A molti fragili che hanno ricevuto il booster in autunno tra poco scadrà il green pass, eppure nessuno sa dare indicazioni sul da farsi. Né è chiaro quali sieri saranno usati. Si naviga ancora a vista, sull’onda dell’emergenza.Nella conferenza stampa del 18 gennaio l’agenzia europea del farmaco, l’Ema, ha detto che «non ci sono prove della necessità di una quarta dose nella popolazione generale con gli attuali vaccini» contro il Covid definendo comunque, «ragionevole» che le autorità sanitarie pubbliche prendano in considerazione il quarto shot per le persone «con sistema immunitario gravemente indebolito». La palla, insomma, è passata ai singoli Stati. Israele - capofila nella sperimentazione - è già partita con fragili e over 60 ma il ministro delle finanze israeliano Avigdor Lieberman (63 anni), che ha ricevuto la quarta dose lo scorso 10 gennaio, ha dichiarato sabato di essere risultato positivo al Covid. Del resto, i primi dati preliminari di uno studio dell’ospedale Sheba di Tel Aviv diffusi il 17 gennaio hanno evidenziato che la quarta dose di Pfizer e Moderna non offre «sufficiente» protezione dall’infezione Omicron. E in Italia come si muoveranno il ministero della Salute e l’Aifa, l’agenzia nazionale del farmaco? Ancora non si sa. E si rischia l’ennesimo, gran pasticcio perché a molti fragili che hanno ricevuto per primi la terza dose a settembre/ottobre, tra fine febbraio e inizio marzo scadrà il green pass: cosa faranno? Altro punto non proprio irrilevante: se l’Aifa (finora silente) deciderà di fare la quarta dose solo agli immunodepressi seguendo consigli Ema, quale vaccino verrà usato? Con le attuali Pfizer e Moderna a disposizione, con quelli aggiornati o con vaccini di nuova generazione che stanno per arrivare sul mercato? Proprio ieri la Regione Lazio ha annunciato l’arrivo per febbraio di Novavax. Il nuovo vaccino verrà somministrato in quindici hub in tutta la Regione, di cui sette nella Capitale ma le dosi saranno riservate solo per le prime somministrazioni degli over 18. Sarà possibile usarlo come booster eterologo o si continuerà a usare Novavax solo per le prime dosi e quindi per convincere i novax irriducibili? E per la popolazione generale come si andrà avanti quando finalmente la pandemia si trasformerà in endemia? Ci sarà una spinta verso i vaccini «universali», ovvero quelli che colpiscono parti di virus che non mutano rapidamente come la proteina Spike? Insomma, cosa succederà dopo? Le domande sono molte e le risposte ancora assai poche. Di certo, dovrà essere fatta una programmazione degli acquisti dei prossimi vaccini aggiornati. E anche se tra meno di un anno i vaccini attuali saranno fuori produzione, sostituiti da quelli di nuova generazione, bisognerà comunque continuare a monitorare le varianti con il tracciamento dei contagi. C’è poi un aspetto logistico che non va mai sottovalutato, soprattutto in Italia a giudicare da come è stata complicata la somministrazione delle terze dosi chiudendo prima gran parte degli hub e poi riaprendoli in fretta e furia. Lo abbiamo sottolineato più volte: è stato sbagliato pensare di affrontare una emergenza diventata «ordinaria» con strumenti di routine che c’erano prima che scoppiasse. Detto in altri termini, se devo vaccinare ogni tot tutta la popolazione devo trasformare gli strumenti messi in piedi durante l’emergenza in strumenti «ordinari». Come fanno i pompieri che anche se non c’è un incendio in corso non è che smettono di fare i pompieri, son sempre pronti ad intervenire. Così non è stato fatto. Ma si può sempre imparare dagli errori del passato. E se il Covid richiederà un richiamo annuale del vaccino, iniziare adesso a ragionare su come andrà impostata la logistica delle prossime campagne seppure periodiche o magari a rotazione, ovvero non tutte insieme. È, inoltre, opportuno ricordare che al momento ci sono 12,96 milioni di persone bi-vaccinate che sono idonee a ricevere la terza dose ma non l’hanno ancora ricevuta. Non sappiamo quante, tra queste, si siano contagiate e non debbano quindi fare il terzo shot. Ma si tratta comunque di numeri importanti. Nel frattempo sulla necessità della quarta dose si sono espressi ieri alcuni esperti. Secondo Mario Galgani, immunologo e ricercatore presso l’Università di Napoli Federico II, «effettuare una quarta dose con un vaccino sviluppato per un virus diverso da quello attualmente in circolazione potrebbe non essere la migliore strategia contro la pandemia. Sarebbe più efficace rincorrere il virus, sequenziare le varianti emergenti e stabilire un sistema di richiami utile a contrastare dinamicamente la diffusione dell’infezione», ha detto all’agenzia Agi. Per Galgani, la situazione emergenziale andrebbe affrontata «come un’epidemia influenzale, con richiami annuali per i soggetti più fragili progettati in base alle esigenze».Per Gian Vincenzo Zuccotti, preside della Facoltà di Medicina dell’università Statale di Milano e direttore Pediatria e Pronto soccorso pediatrico dell’Asst Fatebenefratelli Sacco, «non è possibile che dopo due anni di pandemia continuiamo a parlare di big data e intelligenza artificiale senza provare a usarli come guida. Con tutti questi dati che abbiamo ormai a disposizione, mi aspetto che escano algoritmi che dicano quali sono le popolazioni fragili, quali sono esattamente le popolazioni che dobbiamo continuare a sorvegliare e monitorare, e eventualmente anche vaccinare», ha commentato all’agenzia Adnkronos. Precisando che «se cambia il virus e anche chi ha fatto l’infezione naturale non riesce a creare protezione, è opportuno rivaccinarsi. Ma dobbiamo provare a differenziare. Partiamo almeno da dove abbiamo più certezze, cioè dai bambini, perché in queste fasce d’età la pandemia è un’emergenza più di tipo organizzativo che non sanitario».