2022-05-23
Allegri, Bremer, Carletto: l’alfabeto di un campionato della Madonnina
Un torneo combattuto fino all’ultimo minuto non si vedeva da anni. E nemmeno così tanti errori di allenatori, papere di portieri, ingaggi impazziti. Con la delusione di una Nazionale sprofondata dopo la vittoria europea.Triplice fischio. Va in archivio la stagione più pazza e combattuta dell’ultimo decennio in Italia e in Europa. Mancano due finali (Liverpool-Real Madrid e Roma-Feyenoord), ma molte pratiche sono chiuse ed è tempo di bilanci. Nome per nome, lettera per lettera, sorriso dopo sorriso.AllegriZero tituli, non accadeva dal pleistocene. Il Max torinese ha vissuto un anno di depressione nel cantiere bianconero da lui aperto per ridare smalto alla Signora. Non gli è riuscito nulla, e se Andrea Agnelli non gli avesse comprato Dusan Vlahovic a gennaio, forse avrebbe salutato da lontano pure la zona Champions. Ha chiuso accusando gli interisti di averlo preso a calci, ma il Var gli ha dato torto anche questa volta.BremerIl guerriero brasiliano del Torino proietta sull’erba l’ombra di Lucio, il centrale del triplete nerazzurro. Superba intuizione, Gleison è il miglior difensore in circolazione e per Urbano Cairo rappresenta un tesoretto da far fruttare sul mercato. Gran marcatore, duttile, fortissimo di testa, sarebbe perfetto anche come pegno a Blackstone per ricomprare la sede del Corriere.CarlettoL’unico in circolazione, Ancelotti. Dato per finito (anche da noi) dopo la triste avventura napoletana, ha ritrovato a Madrid le condizioni per la cavalcata perfetta. Perfetto gestore di uomini, ha rilanciato Karim Benzema e ha ridato benzina a gente battezzata cotta come Luka Modric e Casemiro. Come usa il gerovital lui, nessuno mai.DybalaCon le lacrime del settimo anno, il folletto argentino chiude a sorpresa l’avventura alla Juventus. È stata una storia stupenda: non si vincono 5 scudetti, 3 Coppe Italia, 2 Supercoppe senza essere protagonisti. Sacrificato sull’altare di Ronaldo, Paulo si è immalinconito fino al punto da dire «ciao». La paura che torni fenomeno all’Inter o alla Roma toglie il sonno a molti juventini.Effetto EuropaScomparso, definitivamente inabissato il 23 marzo a Palermo contro la Macedonia del Nord, quando un gol di Aleksandar Trajkovski a tempo scaduto ha silurato la corazzata azzurra campione d’Europa. Niente mondiali, guarderemo gli altri giocarli per la seconda volta consecutiva. Sarà un novembre più triste e piovoso del solito.FotofinishIl duello spalla a spalla fra Milan e Inter per lo scudetto ha caratterizzato un campionato della Madonnina. Milano è tornata in pieno, con due crucci: le squadre sono in mano a poteri stranieri, nessuno conosce più la differenza fra casciavit e bauscia. Neppure il sindaco Beppe Sala, che giocando alla politica da palude sul nuovo stadio rischia di perdere in un colpo solo i due club.GuardiolaAl Pep è andata peggio che alle navi della sua cara Open Arms: è stato rimbalzato per la quarta volta dal porto finale di Champions. Peggio per lui, così autoreferenziale da ritenere che il fuoriclasse sta in panchina. Ha dovuto ricredersi, mangiare il cappello come Rockerduck e comprare a suon di sterline un centravanti vero. Si consola vincendo la Premier.HaalandÈ il protagonista del mercato mondiale, va al Manchester City per 100 milioni e 30 milioni netti di stipendio all’anno per 5 anni. Roba da far sembrare CR7 un indigente. Ma pure l’ariete norvegese sfigura a fianco delle cifre senza senso grazie alla quali Kylian Mbappé rimane al Psg. Per rapporto qualità-prezzo meglio Tammy Abraham, l’ariete di Mourinho.InsigneC’è chi a 30 anni diventa un top player (Ivan Perisic) e chi va a farsi un tiro a giro a Toronto. Come Lorenzo Insigne, che lascia Napoli per un campionato di figurine mentre la sua carriera sarebbe ancora aperta a ben altre soddisfazioni. Guadagnava 4,5 milioni, si è fatto convincere per 15 milioni di dollari. Poi dicono che i soldi non sono tutto nella vita.LautaroQuando è in forma l’Inter vola, quando cala l’Inter non segna più. Non c’è squadra che dipenda maggiormente da un calciatore sia in campo, sia fuori. Nel senso che vendendolo (90 milioni), i cinesi nerazzurri metterebbero a posto i conti deprimendo l’ambiente e pure Dybala. Che andrebbe a Milano per giocarci insieme, senza trovarlo.MinoEra l’incubo dei club, il capataz dei procuratori, il male necessario del calcio alla deriva. Va bene, ma Raiola ha caratterizzato un’epoca e ha inventato il ruolo di seconda mamma dei campioni. Dagli ingaggi alle bollette della luce, non c’era numero che non lo riguardasse. Ibrahimovic ne parla come un figlio. Poche storie, l’Obelix di Nocera scomparso un mese fa è stato un rivoluzionario.NeymarNell’epoca d’oro del teatro c’era sempre un protagonista che invecchiava interpretando l’attor giovane. Scapestrato anche con l’artrosi, un virtuoso incompiuto: è il destino di Neymar, ormai non più giovane promessa e mai venerabile maestro. Solo comprimario di lusso al Cafè de Flore, a parlare di aleatorietà del dribbling con il fantasma di Sartre.OrsatoÈ il simbolo degli arbitri italiani e delle loro ambiguità. Fenomenale in Champions, tremebondo quando rientra da Chiasso. Soprattutto incapace di replicare in Italia il metodo Europa, dove i tuffatori non vengono presi in considerazione e si fischia fallo solo al primo accenno di amputazione. Purtroppo i fischietti italiani diventano coraggiosi solo in Tv, quando smettono.PortieriUn anno nero, tutti vittime della moda della costruzione dal basso. Ionut Radu (Inter) a Bologna e Alex Meret (Napoli) a Empoli hanno toccato il fondo con autogol da Paperissima, ma il portiere dai piedi buoni sta condizionando un ruolo, perché nessuno insegna a parare con le mani. Perfino Alisson (Liverpool) non è più una certezza. Handanovic ha risolto l’equivoco in modo originale: sta fermo sulla linea di porta e battezza tutto fuori.QatarAnche se non c’è l’Italia il mondiale si giocherà (21 novembre-18 dicembre). E sarà contraddittorio, straniante: prima i soldi e poi i valori, i diritti calpestati, la schiavitù degli operai che hanno costruito gli stadi. La Fifa lo sapeva dall’inizio ma ha girato la faccia. «Meglio non andarci», dicono i tifosi inconsolabili. La volpe e l’uva, favola sempre di moda.RevolutionIeri la cantavano i Beatles, oggi la fischietta Andrea Agnelli. La Juventus ha l’imperativo di ripartire, di consegnare ad Allegri una rosa da semifinale di Champions. Sul taccuino ci sono i soliti noti: Paul Pogba, Angel Di Maria, Gabriel dell’Arsenal, adesso anche Jorginho. Con la speranza presidenziale che il Max non li faccia giocare catenaccio e contropiede.SpallettiGli manca lo sprint finale. È un grande passista, ma quando vede il traguardo si scioglie. Ancora una volta Luciano Spalletti ha dato ragione ai critici che lo hanno ribattezzato «l’eterno secondo», nel senso che arriva bene ma arriva dopo. Peccato per il Napoli che a un certo punto della stagione, senza la sindrome Spalletti, avrebbe potuto volare via.TonaliUn Sandro in maschera ha giocato poco e male fino a gennaio (Stefano Pioli lo cambiava per la disperazione), un Sandro sontuoso è diventato protagonista della primavera del Milan. Una crescita notevole, un giocatore di grande personalità che i gol di Rafael Leao e le parate di Mike Maignan - volti rossoneri della superstagione - non possono offuscare. Chiude in bellezza con lo scudetto.UefaPer la monarchia del pallone, guidata da sua maestà Alexander Ceferin, sta per arrivare il giorno più problematico dell’anno: sabato 28 maggio il numero uno rischia di consegnare la Coppa dalle grandi orecchie al suo nemico più odiato, Florentino Perez. L’avvocato judoka crede di avere salvato il pianeta, ma la Superlega non muore mai.VarUsatelo di più per verificare i rigori veri e i falli cattivi, imponetelo per cancellare penalty derivati da starnuti, tuffi o tocchi insignificanti. I nemici principali del Var rimangono gli arbitri e infantili che temono di perdere potere. Per il resto, avanti tutta.ZlatanIncerti se eliminare la zeta dall’alfabeto per non rischiare di essere tacciati di putinismo, abbiamo deciso di mantenerla per celebrare uno dei più grandi testimonial tv del momento, «Ginocchio ferito» Ibrahimovic. Il suo girone di ritorno in panchina, da motivatore, è stato stratosferico. S’è goduto il trionfo a Sassuolo tornando in campo: peccato il gol annullato, ma dopo 11 anni ha riportato lo scudetto al Milan. A 40 primavere. Un vero patto col Diavolo.