2019-01-18
Alessandro Pansa arrivò tra mille dubbi ma Finmeccanica riuscì a risollevarsi
Per gentile concessione dell'editore, pubblichiamo un estratto del nuovo libro di Alessandro Da Rold, Pecunia non olet. La mafia nell'industria pubblica, il caso Finmeccanica (Chiarelettere, 240 pagine, 16 euro). Lunedì 21 gennaio, alle ore 18.30, l'inchiesta verrà presentata a Milano, alla libreria Feltrinelli di piazza Duomo. Interverranno l'autore, Alfredo Robledo, ex procuratore aggiunto di Milano, Vittorio Emanuele Parsi, docente di Relazioni internazionali all'università Cattolica e Peter Gomez, direttore de Ilfattoquotidiano.it.In piazza Monte Grappa la notizia dell'arresto di Giuseppe Orsi suscita soprattutto smarrimento. Chi lavora nel gruppo comincia a pensare a una specie di inevitabile nemesi e non riesce più a immaginare un qualunque orizzonte futuro. Con l'arrivo dell'ingegnere lombardo al posto di Pfg (Pier Francesco Guarguaglini), si dicono in molti, nulla è mutato se non in peggio. La calata da Nordovest, che pareva dovesse trasformare il mondo, si rivela alla prova dei fatti una svolta dal sapore gattopardesco: «Se vogliamo che tutto rimanga com'è, bisogna che tutto cambi». […]L'ormai stremato ufficio stampa di piazza Monte Grappa dirama una breve nota nella mattinata, in cui «conferma l'ordinata prosecuzione dell'attività gestionale e il proseguimento delle iniziative in corso» ed «esprime solidarietà al proprio presidente e amministratore delegato, [...] ribadendo fiducia nell'operato della magistratura». Un colpo al cerchio e uno alla botte, stavolta ben comprensibili: che altro si sarebbe potuto scrivere? Dopo quest'atto dovuto, si passa subito all'operatività: più tardi nella stessa giornata un secondo comunicato viene diffuso «ai sensi e per gli effetti dell'art. 114, comma 5, del d. lgs. n. 58/1998, in ottemperanza alla richiesta pervenuta dalla Consob in data odierna». E informa che «il consiglio di amministrazione di Finmeccanica è stato convocato per domani, mercoledì 13 febbraio 2013, alle ore 18.00, per l'adozione dei più opportuni provvedimenti in materia di governance della società». Il giorno seguente, mentre il titolo perde un altro 4 per cento in Borsa, complice la notizia dell'annullamento del contratto indiano, il consiglio procede alla nomina del direttore generale, Alessandro Pansa, quale amministratore delegato e, in attesa che l'assemblea sia convocata ed elegga il presidente, attribuisce al consigliere anziano, l'ammiraglio Guido Venturoni, la carica di vicepresidente. I ritratti del nuovo capoazienda che riempiono i giornali nei giorni seguenti sono quasi tutti neutri, se non negativi. La sua biografia suscita dubbi: ha un profilo marcatamente finanziario e nessuna esperienza industriale. È figlio del celeberrimo giornalista Giampaolo, superbocconiano come Mario Monti e molto vicino al ministro dell'Economia, Vittorio Grilli, che ha anche aiutato a risanare - attraverso pressioni sulle banche e presunte consulenze - i debiti della sua ex moglie, Lisa Lowenstein, d'intesa con Giuseppe Orsi. Il quadro d'insieme lascia supporre una nomina al solito, esasperante sapore di casta. Eppure... eppure chi ha collaborato con lui in quei mesi così difficili non esita ad ammettere che il neoamministratore delegato catapultato al settimo piano nel giro di ventiquattr'ore drammatiche e purtroppo prematuramente scomparso, a soli 55 anni, l'11 novembre 2017, è riuscito a stabilire un clima di ritrovata calma e accresciuta professionalità. Pur se mancava certamente di competenza industriale e commerciale e forse anche di quel carisma naturale - misto di visione, coraggio ed empatia - che, piaccia o meno, è indispensabile a un comandante in capo, Alessandro Pansa è stato un uomo indubbiamente molto colto, profondo nel pensiero, ironico nei modi, accanito nel lavoro, capace di ascoltare e di riconoscere, una volta tanto, il merito.Una delle sue prime decisioni è quella di allontanare dal gruppo Patrick Chabrat, che non gli pare probabilmente degno di quella fiducia che Orsi gli aveva concesso, e riassumere Francescomaria Tuccillo, di cui conosce da vicino le vicissitudini africane, i risultati sul campo e, soprattutto, l'etica. Proprio a lui era stata infatti affidata da Orsi la verifica delle presunte irregolarità amministrative dell'avvocato napoletano citate nel «rapporto Chabrat». Gli è stato in tal modo possibile verificare di persona l'assoluta correttezza di Tuccillo e, probabilmente, constatare l'accanimento persecutorio di cui era vittima. Forse proprio per questo ne decide, nel 2013, la reintegrazione nel gruppo e gli affida una missione calibrata sulle sue competenze: quella - per citare l'ordine di servizio che la annuncia - «di rivedere il modello organizzativo di tutto il settore marketing e vendite di Finmeccanica alla luce delle legislazioni in vigore in tutti i Paesi in cui il gruppo opera e delle best practice del settore. La competenza legale di Francesco e la sua esperienza quale rappresentante di Finmeccanica in Africa lo rendono particolarmente adatto al ruolo che gli è affidato». La sede di lavoro cui lo destina è l'ufficio del gruppo a Londra, per evitare ogni tipo di interferenza inquinante da parte del quartier generale di piazza Monte Grappa. E così il primo aprile 2013, dopo soli nove mesi, l'avvocato napoletano rientra in Finmeccanica dalla porta principale. Per dirla alla Stephen King, «a volte ritornano». Succede purtroppo di rado, ma le «brave persone» ritornano.Nell'aprile del 2016 la Corte d'Appello di Milano ha ribaltato la sentenza, condannando per corruzione impropria e frode fiscale Orsi a quattro anni e sei mesi e Bruno Spagnolini a quattro anni di carcere, nonché alla confisca complessiva di 7,5 milioni di beni. Ma l'8 gennaio 2018, a seguito di un annullamento con rinvio della Corte di cassazione, la Corte d'Appello di Milano ha assolto Orsi e Spagnolini e scritto: «La mancanza di prova relativa all'elemento materiale del reato impone l'assoluzione, anche con riferimento all'addebito fiscale, degli imputati con la più favorevole formula perché il fatto non sussiste». Ma la storia è lontana dal suo punto finale. In data 2 novembre 2018 la Procura generale di Milano e le parti civili, cioè l'Agenzia delle entrate e il ministero indiano della Difesa, hanno impugnato la sentenza d'appello bis, depositando ricorso davanti alla Corte di cassazione: la Procura contesta alla Corte d'Appello di aver fatto un copia e incolla della sentenza di assoluzione di primo grado. In ogni caso sull'esito della vicenda incombe la prescrizione che potrebbe intervenire a fine 2019inizio 2020.Nel frattempo, il caso continua a essere oggetto delle attenzioni della giustizia indiana, che non pare volersi fermare. Dopo aver chiesto e ottenuto l'arresto dell'ex capo di stato maggiore dell'Aeronautica, Sanjeev Tyagi, il Cbi (Central bureau of investigation) di Delhi, cui è affidata l'inchiesta, ha depositato il primo settembre 2017 presso la Corte suprema indiana il fascicolo di 30.000 pagine con tutti i capi di imputazione relativi al cosiddetto Agustawestland chopper scam. Il documento conferma che tra le persone per cui si chiede formalmente l'incriminazione figurano anche Giuseppe Orsi e Bruno Spagnolini e motiva corposamente le ragioni dell'accusa. Appaiono anche tra gli incriminabili le loro due aziende italiane, cioè Finmeccanica e Agustawestland. Più di recente, il governo indiano ha chiesto formalmente alle autorità italiane di notificare a Orsi, Spagnolini e all'attuale Leonardo la citazione a comparire nel processo in corso presso il tribunale di Delhi, pena l'emissione di un mandato di cattura internazionale. Il 4 aprile 2018 il ministero della Giustizia italiano ha eseguito la notifica attraverso la Procura di Milano. I legali dei tre destinatari hanno fatto ricorso al Tar del Lazio per annullare il provvedimento del ministero e al gip di Milano contro la sua esecuzione. Al Tar in particolare hanno domandato una sospensione immediata della notifica, che è stata rifiutata perché, hanno scritto i giudici, «non sussistono i requisiti dell'estrema gravità e dell'urgenza». Per ora la questione resta aperta: il Consiglio di Stato ha sospeso la citazione a comparire davanti al tribunale di Delhi il 29 maggio 2018, ma ha poi revocato la sospensiva il 21 giugno, rinviando la questione al Tar affinché decida in merito all'assistenza giudiziaria internazionale richiesta dall'India all'Italia.