2020-01-12
Serraj sfrutta la nostra gaffe e batte cassa
Il leader libico, dopo il nulla di fatto di mercoledì, alza la posta con Palazzo Chigi. Premier surreale: «Cooperato con Di Maio».A ogni azione corrisponde una reazione. E a ogni autogol politico corrisponde l'opportunità offerta all'altra parte di alzare clamorosamente il prezzo. È questa la morale che si ricava dalla sortita romana di ieri di Fayez Al Serraj, che, senza tanti giri di parole, e proprio mentre sta perdendo sul campo, ha chiesto all'Italia tre cose l'una più costosa dell'altra: soldi (le mitiche compensazioni), legittimazione internazionale piena, e lo stop all'offensiva militare del suo arcinemico Haftar.Ma procediamo con ordine. Dopo la sequenza di svarioni diplomatici e protocollari inanellati dall'esecutivo italiano questa settimana, ieri l'uomo di Tripoli è arrivato a Roma (grazie al lavoro e all'impegno del direttore dell'Aise Luciano Carta), dopo aver annullato il primo incontro previsto mercoledì scorso, in polemica per la forma e la sostanza dell'accoglienza concessa dal governo - prima di lui - al generale della Cirenaica Khalifa Haftar, con cui Conte aveva dato la sensazione di discutere già della divisione delle spoglie di Al Serraj.Dentro questa gaffe maggiore del governo, c'era anche un altro conflitto, che si trascina da tempo, quello tra Conte (che mercoledì cercava il gol in rovesciata) e il povero Luigi Di Maio, che a metà settimana girovagava per il Nord Africa. Per paradosso, ieri a Conte, per provare a ricucire il rapporto con Al Serraj, ha fatto comodo proprio una scelta compiuta nei giorni scorsi dal titolare della Farnesina, cioè quella di non firmare la dichiarazione conclusiva del vertice tenuto al Cairo e sottoscritta da Egitto, Francia, Grecia e Cipro: «La dichiarazione conclusiva era troppo sbilanciata contro Al Serraj e la Turchia», aveva fatto sapere Di Maio. L'altro argomento usato dal premier italiano è lo sforzo del governo per rendere possibile quel «cessate il fuoco» chiesto da Turchia e Russia e finora ignorato nei fatti da Haftar, che, sentendo la vittoria più vicina, da giorni non solo non si ferma, ma anzi intensifica la propria offensiva.Dopo le quasi tre ore di colloquio, i due protagonisti si sono presentati davanti ai microfoni e alle telecamere. Conte ha parlato della Libia come di «una polveriera con forti ripercussioni sulla regione mediterranea». Dopo di che, ribadito l'ovvio («Fermare il conflitto interno e le interferenze esterne»), il primo ministro ha oscillato tra toni difensivi, qualche excusatio e le consuete giaculatorie europee: «L'Italia ha sempre linearmente lavorato per una soluzione politica e per contrastare l'opzione militare. Non abbiamo altri obiettivi, non abbiamo agende nascoste. Ci adopereremo sempre più per un coinvolgimento ancor maggiore dell'Ue e per non rimettere le sorti future del popolo libico alla volontà di singoli attori. Senza nulla togliere agli interventi di singoli attori, la casa comune europea è la massima garanzia che si può offrire all'autonomia e all'indipendenza del popolo libico». Conte, che - in un passaggio surreale ha anche evocato il suo «coordinamento con il ministro degli Esteri Di Maio» - ha riferito, sempre nello sforzo di compiacere Al Serraj, di aver espresso a Haftar tutta la sua «costernazione per l'attacco che c'è stato a Tripoli all'accademia militare» (di cui Haftar è quasi certamente responsabile), e ha annunciato a sorpresa di voler riprendere il lavoro comune interrotto nel 2014 sulle «compensazioni dovute alla Libia», con una commissione congiunta.Al Serraj ha subito puntato il dito contro Haftar, e di fatto ha chiesto che la comunità internazionale punti su di lui e non sul generale della Cirenaica: «Ricordo che dal 4 aprile 2019 Tripoli è stata oggetto di un'offensiva che ha interrotto il processo per la soluzione politica. Tutto lo sforzo delle Nazioni Unite è stato vanificato da allora, e complica il lavoro verso Berlino. Le partecipazioni di Haftar a precedenti conferenze erano soltanto tentativi per guadagnare tempo: la sua volontà era solo quella di ostacolare il processo di pace. L'attacco che c'è stato ci costringe a partecipare ad attività belliche come nostro diritto di difesa della capitale. Ho proposto l'organizzazione di un evento, di una conferenza nazionale come un viatico verso il processo elettorale. Accogliamo con piacere l'iniziativa di Russia e Turchia che puntano a un “cessate il fuoco", a condizione che ci sia un ritiro della parte che attacca, ma la fazione avversa non sembra disponibile». Gran finale sulle compensazioni: insomma, è chiaro che Al Serraj bussa a quattrini, vuole che qualcuno fermi Haftar e che la comunità internazionale scelga lui. Desideri difficilmente condivisibili da Haftar.Tornando ai protagonisti italiani, è chiaro che Conte insegue un suo personale protagonismo: lunedì sarà in Turchia da Erdogan e poi in Egitto da Al Sisi. Esattamente lo stesso percorso fatto - a livello di ministri degli Esteri - da Di Maio nei giorni passati.Intanto Di Maio, con sprezzo del pericolo (e del ridicolo), ieri ha perfino fatto ironia su chi aveva criticato il governo, evocando polemicamente davanti alle telecamere «quelli che non hanno mai giocato a calcio e stanno sul divano a fare gli allenatori». Su Facebook il ministro degli Esteri ha rincarato la dose: «In questi giorni ho letto tante invettive gratuite contro il governo per lo scarso ruolo a livello internazionale dell'Italia, ma sulla Libia abbiamo già ricevuto a Roma tutti gli attori principali. E sediamo ai tavoli importanti che ci consentono di chiedere alle parti un “cessate il fuoco" immediato. Ieri al Consiglio affari esteri dell'Ue la Germania ci ha ringraziato perché anche grazie al lavoro fatto dall'Italia in questi giorni si potrà presto fissare la conferenza di Berlino, quella che mette intorno ad un tavolo gli attori di questa maledetta guerra per procura».
Papa Leone XIV (Getty Images)
Sergio Mattarella con la mamma di Willy Monteiro Duarte (Ansa)
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L'amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)