2019-10-17
Al capo del Salone piace la cultura libera. Ma soltanto quella che fanno i suoi amici
Nicola Lagioia glorifica su Repubblica il genio scorrettissimo Harold Bloom. Peccato che non ne metta in pratica la lezione.Ieri, su Repubblica, Nicola Lagioia ha scritto uno splendido articolo dedicato all'immenso critico letterario americano Harold Bloom, morto il 14 ottobre. Da narratore dotato, Lagioia è riuscito a sintetizzare alla perfezione il pensiero di Bloom senza scadere nei tecnicismi. In particolare, ha centrato un punto fondamentale. Il critico americano è stato uno dei primi a intuire la potenza devastante della «tirannia delle minoranze». Si è scagliato contro quella che ha chiamato «scuola del risentimento». Parliamo degli accademici, ormai la maggioranza, secondo cui un'oscura poetessa caraibica lesbica ha lo stesso valore letterario di Shakespeare, in virtù della sua appartenenza a una minoranza o a una serie di minoranze; i critici secondo cui i canoni estetici vanno demoliti e sostituiti con criteri che hanno a che fare con l'appartenenza sociale. Lagioia è straordinariamente sul pezzo: «Harold Bloom», scrive, «oggi va brandito contro chi ritiene che il valore di un'opera si misuri sulla sua utilità sociale o su ciò che rappresenta il suo autore fuori dal libro che ha scritto. Un'opera letteraria non è migliore solo perché il suo autore è gay o lesbica o afroamericano o disabile o disoccupato o nato in un Paese distrutto dal neocolonialismo. Le minoranze, le vittime del sistema economico, gli umiliati dai pregiudizi, i calpestati dall'imperialismo godono di un credito che è sacrosanto rivendicare (e riscuotere!) sul piano politico e sociale, non certo su quello artistico se non ne sono all'altezza». Meraviglioso, finalmente in Italia qualcuno ha avuto il coraggio di scriverlo. E Lagioia pure prosegue: «Pretendere che i danni subiti sul piano della giustizia sociale vadano recuperati sul territorio dell'estetica in nome del progresso democratico significa gettare con l'acqua sporca due millenni di letteratura». Insomma, «chi ama davvero la letteratura, continuava a ripetere Bloom, non lo fa per dotare di un megafono le proprie battaglie politiche o civili». E «la letteratura non serve a forgiare cittadini migliori». È commovente leggere parole del genere su Repubblica, sia detto senza ironia. Purtroppo, però, c'è qualcosa che non torna. Viene da pensare che il Nicola Lagioia autore dell'articolo appena citato sia un focoso omonimo del Nicola Lagioia che guida il Salone del libro di Torino. Quello che, tanto per per ricordare un caso recente, ha espulso l'editore Altaforte perché sgradito proprio agli autori che, con la scusa della letteratura, portano avanti battaglie politiche e civili contro «il fascismo di ritorno». Nessuno ha giudicato i libri di Altaforte (tra cui uno firmato da chi scrive, tanto per mettere le carte in tavola). Sono stati giudicati gli autori prima e l'editore poi. E tutto è avvenuto senza che Lagioia muovesse un dito in difesa dei censurati (anzi). Oh, che bello sarebbe stato far parlare le opere. Invece i libri sono stati usati come «megafono per le battaglie politiche o civili». Già, è davvero bellissimo leggere l'articolone di un bravo scrittore sul pensiero politicamente scorretto del critico americano. Ma è sinceramente irritante l'ipocrisia con cui si finge di ignorare che l'ideologia stigmatizzata da Harold Bloom in Italia ha vinto e stravinto. Questo è il Paese in cui si consegna il più celebre premio letterario - lo Strega - a un autore che ha firmato un romanzo su Benito Mussolini per via del suo «valore civile». Visto che al governo c'era Matteo Salvini, bisognava fare professione di fede antifascista. Questo è il Paese in cui trionfano i romanzi sulle minoranze oppresse, le donne maltrattate, il razzismo e tutte le altre belle cause di cattivo gusto. Questo è il Paese in cui un altro scrittore - Edoardo Albinati - può pronunciare bestialità sui bimbi morti in mare e nessun intellettuale sinceramente democratico ha da ridire, perché se sei schierato dalla parte giusta vale tutto. In compenso, se scrivi sul quotidiano sbagliato o pubblichi per l'editore sbagliato o firmi il pezzo sbagliato sono guai. Ne sa qualcosa Davide Brullo, straordinario poeta, a cui Linkiesta ha tagliato la collaborazione. Davide ha due brutti difetti: ha scritto per vari giornali «fascistissimi» e ha il vizio di stroncare chiunque. Non solo gli amici suoi, ma pure gli amici degli altri e gli amici degli amici, i romanzieri che oggi vanno per la maggiore, quelli che pubblicano per gli editori giusti al momento giusto. Sia chiaro: proprio perché amiamo Harold Bloom non vogliamo mostrare una briciola di risentimento. Lungi da noi il piagnisteo sui «poverini di destra che vengono esclusi».Cari amici letterati, scrittori e intellettuali. Caro Lagioia. Fatevi pure i vostri premi, i vostri saloni e i vostri salamelecchi. Godetevi i vostri «fascistometri», i vostri appelli e le gite sulle barche delle Ong. Bandite, censurate, ignorate i talentuosi di destra, centro e sinistra che non la pensano come voi. Fate pure quello che vi pare.Lasciate stare Bloom e il suo canone e optate per un dignitoso cannone, che vi si addice di più.