2020-03-12
Vittoria dei soci di Popolare Vicenza. Ok al processo a Bankitalia e Consob
Sì della Cassazione per procedere contro la Vigilanza in una Corte veneta: Renè Fernando Caovilla e altri danneggiati chiedono 60 milioni.Si apre una breccia per gli azionisti della ex Popolare di Vicenza che hanno ottenuto una vittoria importante: potranno portare in giudizio Bankitalia e la Consob davanti ai Tribunali ordinari per chiedere loro il risarcimento dei danni dovuti alla omessa vigilanza a tutela del mercato e degli investitori. Il principio è stato stabilito dalle Sezioni Unite della Cassazione, con l'ordinanza 6453 del 6 marzo 2020, che ha respinto il ricorso sollevato da Via Nazionale e dalla Commissione di controllo sulla Borsa. Nel lungo contenzioso seguito al default dell'istituto un tempo guidato da Gianni Zonin, Bankitalia aveva infatti contestato la giurisdizione dei tribunali veneti di Venezia, Padova e Vicenza per le cause promosse dai risparmiatori rivolgendosi alla Corte di Cassazione affinché dichiarasse la competenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio a decidere su ogni questione riguardante le sue eventuali responsabilità. A resistere con un controricorso è stato un gruppo di ex soci, alcuni con posizioni importanti. Come la maison di calzature di lusso «Caovilla 1899», e il suo amministratore unico Renè Fernando Caovilla, assistiti dall'avvocato Mario Azzarita dello studio legale Sat di Padova. L'imprenditore che non ha ricevuto finanziamenti, avendo investito direttamente i propri risparmi in azioni (nell'ambito degli ultimi aumenti di capitale del 2013 e del 2014), chiede un risarcimento di 14 milioni mentre la società di 4 milioni. I soci rimasti incastrati nel crac vicentino brindano, convinti che se le richieste di Bankitalia fossero state accolte, ci sarebbe stato un notevole rallentamento dei processi e soprattutto uno spostamento delle decisioni riguardanti le banche venete dai tribunali del territorio in cui la Pop Vicenza e anche Veneto Banca materialmente operavano. E complessa, viene sottolineato in una nota dello studio legale Sat, sarebbe stata anche l'istruttoria in sede amministrativa. La corte di Cassazione ha così «affermato un principio di diritto che ora vale sia per gli investitori che hanno perduto denaro proprio investendo in azioni Bpvi, sia per gli azionisti finanziati per acquistare le azioni. I processi presso i tribunali veneti verranno dunque immediatamente riassunti, nella speranza di arrivare presto ad una decisione sulla vicenda e sulle relative responsabilità», viene aggiunto nella nota dei legali padovani che hanno rivoluzionato la strategia difensiva degli sbancati veneti.In ballo ci sono cinque cause, tutte patrocinate dall'avvocato Mario Azzarita e basate su argomentazioni simili. In totale la richiesta dei danni si aggira attorno ai 60 milioni. Quella più ingente è stata presentata dal veneziano Caovilla, che figurava tra i primi venti soci dell'istituto di credito berico. L'industriale contesta a Bankitalia e a Consob di non aver impedito alla Popolare di Vicenza «di attribuire, falsamente, alle azioni un valore improprio applicando criteri di calcolo non corretti e di falsificare i dati patrimoniali in modo da apparire una banca solida, sicura ed in continua crescita patrimoniale».L'accusa si basa su due pilastri. Il primo addossa ai due enti il mancato intervento repressivo contro le operazioni «baciate» (finanziamenti in cambio di azioni). Il secondo è relativo al prezzo delle azioni. Come dimostrato in Procura dagli stessi periti di Bankitalia, nel 2014 il prezzo reale dei titoli Pop Vicenza era 23 euro e non 62,5. Praticamente 40 euro in meno rispetto al prospetto approvato dalle istituzioni. È su questa «cresta» spillata agli investitori che Consob e Bankitalia sono chiamate a rispondere in solido. L'istituto centrale guidato da Ignazio Visco viene accusato di aver omesso di vigilare «sul contenimento del rischio, sulla stabilità patrimoniale e sulla sana e prudente gestione della banca vicentina», Consob «sulla trasparenza e correttezza dei comportamenti della stessa, compito finalizzato anche alla tutela degli investitori, omissioni ancor più gravi in quanto intervenute in un periodo nel quale erano stati lanciati dalla banca vicentina consistenti aumenti di capitale». Decisioni assunte dal cda e ratificate dall'assemblea dei soci, su cui i due organi di vigilanza non avrebbero svolto i dovuti controlli, al punto da non rilevare «la scorrettezza della metodologia utilizzata per determinare il prezzo dei propri titoli, né la falsificazione dei dati rappresentati nei bilanci, comunicati agli investitori, riflettenti il valore dei titoli e degli indici di stabilità rappresentati nei prospetti informativi», dal momento che Bpvi aveva “scorrettamente finanziato la propria clientela per l'acquisto delle azioni, senza dichiararlo in bilancio, attraverso il meccanismo del cosiddetto capitale finanziato».
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)