2024-01-21
L’Ue scherma contratti e sms Ursula-Pfizer
Ursula von der Leyen (Ansa)
L’Europarlamento, pur contestando la potenziale «mala amministrazione», boccia due proposte dei conservatori per spingere la Commissione a tirare fuori il testo degli accordi con Big Pharma (senza omissis) e i messaggi tra la Von der Leyen e l’ad Bourla.«La trasparenza è uno dei principi fondamentali dell’Ue». La solenne dichiarazione campeggia sul sito istituzionale dell’Unione e il concetto è incluso nei trattati. Solo che, dalle belle parole ai fatti, il passo non è sempre brevissimo.Prendete il caso dei contratti tra Bruxelles e le case farmaceutiche, o dei messaggi scambiati tra Ursula von der Leyen e l’amministratore delegato di Pfizer, Albert Bourla. Pochi giorni fa, l’Europarlamento ha avuto la possibilità di votare una risoluzione che incaricava il difensore civico di insistere con la Commissione, affinché pubblicasse, senza omissis, i testi degli accordi per le forniture dei vaccini anti Covid, e divulgasse le comunicazioni private, tramite cui la numero uno dell’esecutivo Ue avrebbe condotto una parte dei negoziati con la multinazionale. Secondo voi com’è finita? Proposta bocciata. Gli onorevoli si sono fatti bastare una tirata d’orecchi all’ex ministro tedesco e una pacca sulla spalla al mediatore europeo, Emily O’Reilly, che da due anni va in cerca della verità.Il 17 gennaio, a Strasburgo, i deputati Ue dovevano valutare, appunto, il report annuale dell’Ombudsman, la cui attività si è concentrata anche sull’anomalia dei contratti segreti con Pfizer & C., oltre che sul giallo degli sms della Von der Leyen e di Bourla, nella primavera del 2021. In ballo c’erano lo sblocco delle consegne delle dosi antivirus e il terzo, cruciale impegno tra Bruxelles e la compagnia tedesco-americana. Presupponiamo anche che la presidente della Commissione abbia agito in buona fede. Che sia intervenuta personalmente per sopperire alle eventuali lacune della negoziatrice incaricata formalmente dall’Unione, la funzionaria Sandra Gallina. All’epoca, in effetti, l’Europa stava scontando uno svantaggio sistematico nell’approvvigionamento di vaccini rispetto alla sua principale concorrente, la Gran Bretagna reduce dalla Brexit, che era riuscita ad assicurarsi una corsia preferenziale nelle forniture e aveva ipotecato uno dei farmaci disponibili, quello di Astrazeneca, ideato e prodotto in patria. Le intenzioni, insomma, potevano essere specchiate: si trattava di velocizzare le procedure, poiché, mentre Londra vaccinava a raffica e coltivava la speranza di allentare presto le restrizioni, nel Vecchio continente le immunizzazioni erano partite con il freno a mano. Nondimeno, il modus operandi della Von der Leyen è stato irrituale: l’aristocratica a capo dell’Ue ha trattato sull’impiego di fondi pubblici con il Ceo di una casa farmaceutica, utilizzando un servizio di messaggistica privato, per poi dichiarare che delle conversazioni non c’era più traccia e che, non essendo esse dei documenti ufficiali, non aveva comunque alcun obbligo di conservarle.Il Parlamento europeo, nella sua risoluzione finale, ha in effetti elogiato l’inchiesta del mediatore, s’è detto «preoccupato che l’approccio della Commissione abbia costituito mala amministrazione», ha insistito che, al contrario di quanto asserito da Ursula, i messaggi con Bourla avevano i crismi degli usuali documenti e ha accolto con favore «le raccomandazioni dell’Ombudsman all’amministrazione Ue riguardo la registrazione dei messaggi di testo e istantanei relativi a questioni di lavoro». Bene, brava la signora O’Reilly, sette più. Ma la verità è che, al netto degli applausi, i deputati hanno mollato l’osso. E hanno bocciato un emendamento proposto dal gruppo dei conservatori (Ecr), che menzionava esplicitamente «il rifiuto della Commissione di fornire accesso a documenti e messaggi di testo relativi alla negoziazione dei contratti di acquisto di vaccini», denunciando «gli abusi senza precedenti» da parte dell’esecutivo. Una formula che certo non si sforzava di annegare nel burocratese il j’accuse nei confronti della Von der Leyen e del suo entourage. Ppe, macroniani e socialisti hanno scelto dunque di blindare la versione edulcorata del paragrafo. È andato a farsi benedire pure un altro emendamento, che invitava l’Ombudsman a fare ulteriori pressioni sulla Commissione, allo scopo di convincere quest’ultima a «pubblicare immediatamente i contratti relativi all’acquisto di vaccini […] senza espunzioni». È vero che gli onorevoli avevano già consultato, alla chetichella, senza poter portare con sé telefoni e taccuini, alcune copie degli accordi. Solo che i fogli erano sbianchettati. E proprio nelle sezioni più succose.Alla faccia del principio di trasparenza, il copione non è cambiato: a 349 onorevoli di Ppe, Renew Europe e Socialisti e democratici, inclusi gli italiani di Fi, Pd, Italia viva e Azione, è parso che il mistero dei contratti non meritasse di essere definitivamente chiarito.Un analogo destino ha trascinato nell’oblio l’emendamento sulle denunce, giunte sul tavolo del mediatore, contro obblighi e divieti imposti durante la pandemia nei vari Stati, e quello sul diniego opposto dalla Commissione all’accesso a tre documenti, che avrebbero potuto far luce su una partita di mascherine di dubbia qualità. Nella versione del rapporto dell’Ombudsman, licenziata dall’Eurocamera, non c’è stato spazio per quei riferimenti. Il principio di trasparenza è evaporato. Come i messaggi della Von der Leyen.
Massimo Doris (Imagoeconomica)
Giovanni Pitruzzella (Ansa)
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