Diciamo le cose come stanno: per essere pubblicato dalle maggiori riviste scientifiche, un articolo deve puntellare la narrazione egemone. Non stiamo dicendo alcunché di eclatante: nel mondo accademico è il segreto di Pulcinella. Ma quando ad ammetterlo è uno studioso e, segnatamente, uno il cui saggio è appena finito su Nature, la verità a tutti nota e da tutti taciuta assume le sembianze della rivelazione esplosiva.
Il protagonista della vicenda è Patrick T. Brown, scienziato del clima, condirettore del Climate and energy team al Breakthrough institute di Oakland, in California. Un uomo perfettamente integrato nel gotha dei «competenti». Non è un negazionista, né del riscaldamento globale né, presumiamo, del Covid; non è un no vax; non è un agit prop di Donald Trump; non è prezzolato dai produttori di combustibili fossili. Anzi, pochi giorni fa ha ottenuto che Nature pubblicasse il saggio che ha scritto insieme ad altri sette colleghi. Il testo illustra in che modo i cambiamenti climatici favorirebbero e aggraverebbero i mega incendi nel Golden State.
manipolare è «la norma»
Fin qui, tutto secondo i piani. Solo che, con un intervento su The Free Press e un lungo post su X (già Twitter), Brown ha ammesso che le cose non stanno proprio come si legge in quel paper. La squadra di scienziati, testimonia il firmatario dello studio, si è soffermata soltanto sul climate change, ignorando altri fattori «altrettanto o più importanti»: ad esempio, «la cattiva gestione delle foreste e l’incremento nel numero di persone che appiccano roghi, o accidentalmente o deliberatamente». Sono le variabili che, su queste stesse colonne, provavamo a portare alla vostra attenzione quando, a luglio, il Meridione italiano e la Sardegna bruciavano: manco a farlo apposta, gli inneschi riconducevano alle attività di piromani. Era spuntato addirittura un video, che immortalava un ragazzino mentre dava alle fiamme una sterpaglia, sotto lo sguardo del nonno. Situazione analoga in Grecia: mentre ancora infuriava la campagna a reti unificate sui danni collaterali della canicola estiva, le autorità arrestavano 79 delinquenti.
Per quale motivo Brown e compagnia hanno sorvolato su dettagli così centrali? Be’, includerli nell’analisi «avrebbe annacquato la storia che giornali prestigiosi come Nature e il suo rivale, Science, vogliono raccontare»: che tutti i mali del mondo sono colpa del riscaldamento globale.
I media e le riviste accademiche sono affamati di contributi che consolidino il pensiero unico. E il reo confesso lo riferisce con candore: «La prima cosa che un ricercatore climatico astuto sa è che il suo lavoro dovrebbe sostenere la narrativa dominante. Ossia, che gli effetti del cambiamento climatico sono pervasivi e catastrofici e che il modo principale di affrontarli non è varare misure pratiche di adattamento, tipo infrastrutture più forti e resilienti», bensì ridurre le emissioni di gas serra. D’altronde, per chi aspira a una carriera universitaria, in mezzo a tanta concorrenza, è fondamentale far uscire i propri studi su giornali di fascia alta. Chi li redige, dovrà allora preoccuparsi di servire agli editori precisamente il boccone che desiderano assaporare. Magari, impreziosito da «cifre strabilianti», capaci di attirare l’attenzione di televisioni, quotidiani e siti Internet.
A dar retta a Brown, che ne sa qualcosa, quest’abitudine di impostare gli articoli, «con l’influenza del cambiamento climatico considerata isolatamente, in maniera irrealistica», non sarebbe un trucchetto da professorucoli di seconda categoria. Al contrario, «è la norma» per le opere «di alto profilo». Egli cita un altro saggio pubblicato, guarda caso, su Nature e fa notare che, stando alle statistiche, «i decessi legati alle ondate di calore sono diminuiti e la resa dei raccolti è in aumento da decenni». L’opposto di ciò che sostenevano gli estensori della ricerca, nel frattempo sfruttata dai giornalisti che battono sull’apocalisse ambientale.
Gli scienziati sanno bene che sono stati normalizzati comportamenti manipolativi e disonesti. Trascurano a bella posta ogni elemento che non riconduca ai disastri della CO2 di origine umana, sforzandosi pure di fornire numeri che si prestino alla bulimia sensazionalistica delle testate. Ritengono, però, che ricorrere a quei sotterfugi sia un male necessario. Ed entro certi limiti, è difficile biasimarli. Devono scegliere: o pubblichi, vieni citato dai colleghi, guadagni prestigio, moltiplichi finanziamenti e incarichi; oppure ti metti a patire la fame. E non per via della siccità.
Ora, Brown asserisce che non ha intenzione di «disconoscere» il suo paper. In ogni caso, la vera domanda andrebbe rivolta a Nature: alla luce di quanto ha riferito uno degli autori, lo studio sugli incendi in California può essere ancora considerato valido? La sua pubblicazione non solleva interrogativi sul processo di revisione paritaria con doppio cieco, che in teoria dovrebbe garantire autonomia e imparzialità e, invece, appare condizionato dagli stessi pregiudizi in virtù dei quali si seleziona il materiale coerente con l’ortodossia green?
«negazionisti» puniti
Non è un puntiglio. Non è rancore. È che quando la sorveglianza della censura preventiva fallisce, si abbatte la scure del controllo postumo. Voi lettori ne siete informati. Sulla Verità vi abbiamo raccontato che fine ha fatto fare Springer allo studio di Franco Prodi, Gianluca Alimonti, Luigi Mariani e Renato Angelo Ricci, i quali, attingendo ai dati dell’Ipcc, contestavano l’allarmismo sugli eventi meteo estremi. Al termine di un lungo procedimento interno, l’editore lo ha ritirato, contestando un’analisi ingannevole. In realtà, uno dei nuovi revisori, pur riconoscendo che «le affermazioni degli autori sono […] in accordo con la verifica prodotta» dal panel dell’Onu, invitava «i direttori responsabili a considerare seriamente le implicazioni della possibile pubblicazione» del paper. E come mai? Forse perché, a differenza di quello di Brown e soci, picconava la versione ufficiale dei catastrofisti? Chi è che inganna il pubblico? A cosa si è ridotta la scienza moderna, l’impresa più spettacolare e ardita della civiltà occidentale?


