La rivoluzione dei costumi ha liberato alcuni e reso invisibili molti. Ha portato godimento alla maggioranza delle donne e a una minoranza maschile, relegando ai margini (o quasi) la grande platea maschile. Questo è il nucleo della «redpill», una teoria che si avvale di dati statistici e studi evoluzionistici per opporsi a quelle narrazioni che designano la rivoluzione dei costumi come qualcosa di universalmente benefico, i due sessi come uguali e l’amore come un qualcosa di romantico. In una parola: la redpill si oppone al politicamente corretto, non a caso, diffondendosi nell’ultimo decennio soprattutto sul web e tra i più giovani.
Secondo recenti sondaggi condotti nel Regno Unito, la metà degli intervistati appartenenti alla «generazione Z» ha dimostrato avversione per il femminismo e i media tradizionali, insofferenza per la democrazia e il wokeismo, fascinazione per la leadership carismatica.
Sono giovani attivi sui social network, lontani dai riflettori ma che, secondo alcune analisi, hanno inciso per il trionfo di Donald Trump alle ultime elezioni americane.
Sono immersi in una cassa di risonanza mediatica che non solo permette ma anche incoraggia l’esibizione dei corpi, fino a renderla una fonte di guadagno su piattaforme come Onlyfans.
Sono bombardati da slogan che considerano sobrietà e galateo retaggi tossici del patriarcato, tratti distintivi di quel «vostro bravo ragazzo», il colpevole per antonomasia dei femminicidi secondo la retorica femminista.
Sono accusati di essere «vaniglia» in quanto monogami, cioè passati di moda, insipidi e inferiori rispetto a chi segue pratiche sessuali più «colorate».
Sono i cittadini di serie B del nuovo mondo forgiato da femminismo e politicamente corretto, sotto l’ombrello dei dogmi del pensiero unico: l’appiattimento tra uomini e donne, la «decostruzione» degli stereotipi di genere, la santificazione del godimento individuale.
La redpill è la narrazione di questi giovani in rivolta contro la nuova «normalità». Non a caso, il suo nome deriva dal film Matrix e indica una scomoda verità, in contrapposizione alla «bluepill», una rassicurante bugia regolarmente digerita a reti unificate. E la scomoda verità - stando a questa corrente di pensiero - riguarda proprio la schizofrenia di un mercato sbilanciato a favore delle donne e di una risicata minoranza maschile.
La redpill insiste sull’elemento biologico: uomini e donne sono diversi, con istinti rispettivamente poligamici e ipergamici. Con la prima espressione si intende la tendenza ad accoppiarsi innumerevoli volte: per gli uomini, la produzione di spermatozoi è pressoché infinita. Invece le donne sono istintivamente ipergamiche perché tendono a selezionare il miglior partner, potendo sostenere un numero limitato di gravidanze nel corso della propria vita. Di conseguenza, per gli uomini sarà rilevante il solo elemento estetico («Look») delle partner. Al contrario, le donne, in maniera più selettiva, si interesseranno anche alle condizioni socioeconomiche («Status» e «Money»).
Look, Status e Money sono i termini della teoria «LMS», il pilastro della redpill, e rappresentano dei valori misurabili e suscettibili di incremento o diminuzione. Tutto questo, calato dalla biologia alla società, dalla teoria alla pratica, configura un mercato che relega gli uomini dal lato della «domanda» mentre le donne stanno in attesa in quello dell’«offerta».
Secondo la redpill, fino al 1968 sussistevano pressioni sociali - il «patriarcato» - che garantivano un certo equilibrio. Così il moralismo stemperava gli istinti, il matrimonio era la destinazione finale più comune e il rapporto 1:1 tra domanda e offerta, nell’accoppiamento tra un maschio e una femmina, era piuttosto garantito, a parte le sporadiche scappatelle, non a caso sempre biasimate e relegate ai margini della società.
La rivoluzione dei costumi, però, ha alterato questo equilibrio sdoganando la promiscuità. Così, oggi, la maggioranza delle donne seleziona sempre la stessa minoranza di uomini dai valori Lms più elevati lasciando la maggioranza maschile nella solitudine o quasi. Questa tendenza emerge con più evidenza sulle app di incontri come Tinder. Qui, secondo il sito specializzato Swipestats, le donne apprezzano solo il 5% dei profili maschili. E, non a caso, l’astinenza sessuale maschile è passata, nell’ultimo ventennio, dal 3% all’11,6% tra gli uomini fino ai 40 anni in Italia, secondo un rapporto di Censis e Bayer, e dal 19% al 31%, tra i giovani americani fino ai 24 anni, secondo altri studi.
Come tutte le ideologie, la redpill può fornire un orizzonte di senso, un impulso per l’azione, ma può anche sfociare nella rassegnazione e nella violenza. Allo stesso modo, dal marxismo e dall’Illuminismo sono derivate non solo le più grandi conquiste della modernità ma anche le brigate rosse e il terrore giacobino.
A questo presupposto di buon senso, però, sfugge il circo mediatico, in primis il suo fiore all’occhiello: il podcast di inchiesta vincitore del «Premio Morrione 2024» consultabile su RaiPlay.
L’espediente è sempre più o meno lo stesso: confondere la redpill, che è una teoria a cui si aderisce attivamente, con gli «incel», ossia quella fetta di uomini costretti alla solitudine (il termine deriva dall’inglese «Involuntary Celibate») perché poco «appetibili» e spesso affetti da disturbi psicologici. Gli incel animano i forum dove riversano la propria frustrazione, spesso con odio e linguaggio violento, e talvolta anche distorcendo le teorie redpill. Negli anni, alcuni incel sono anche balzati ai disonori della cronaca compiendo omicidi e altri atti violenti. Così, il mainstream è riuscito facilmente a confondere gli incel, la redpill e le altre espressioni antifemministe del web, inventando o ingigantendo presunte sfumature di misoginia e fascismo.
Il metodo è lo stesso utilizzato da Fanpage nel montaggio della celebre inchiesta su Gioventù Nazionale, la sigla di Fratelli d’Italia. Cioè si seleziona unilateralmente le immagini, gli episodi e gli scorci di vita più controversi, si opera un montaggio ad hoc dei contenuti e si lancia un messaggio carico di moralismo e allarmismo. L’obiettivo consiste nel disumanizzare un’ideologia, esprimendo una condanna aprioristica, senza affannarsi nella comprensione o nella critica.
La redpill incoraggia l’azione e l’automiglioramento, e non necessariamente solo l’odio e la frustrazione. Infatti, i forum pullulano di consigli su come migliorare i propri parametri Lms: innanzitutto per il proprio benessere e poi per riscuotere più successo tra le donne. Così, si incoraggia l’esercizio fisico e l’equilibrio mentale; si accresce la consapevolezza delle proprie responsabilità e dei propri limiti; si stimola la fantasia per acquisire maggiore denaro o, più in generale, uno scopo nella propria vita.
Spesso gli aderenti alla redpill si avvicinano a Jordan Peterson e Rollo Tomassi, due intellettuali che si rivolgono soprattutto al maschio medio smarrito promuovendo disciplina, forza, lucidità e ambizione. Su questa scia è spopolato il trend «reject modernity, embrace masculinity» sui social network: videomontaggi che contrappongono la virilità moderna effeminata, fragile e in sovrappeso a una mascolinità tradizionale, eroica, disciplinata e forte.
Individualismo, cinismo, biologismo, volontà di rivalsa e di automiglioramento forgiano, così, la redpill, un fenomeno intrinsecamente moderno, con una propria estetica, sorto in reazione al politicamente corretto. È evidente la matrice militante: l’accettazione delle sfide della contemporaneità, il tentativo di trionfare nel «mercato» sessuale. La distanza dal conservatorismo è evidente: nella redpill non c’è l’ossequio per la tradizione né per la sacralità, non c’è la nostalgia né il desiderio di restaurare i tempi passati. Forse la vicinanza più prossima è al socialismo eretico, a Christopher Lasch, Michel Clouscard e Michel Houellebecq, autori critici verso le disuguaglianze attuali, il narcisismo e l’integrazione delle istanze sessantottine nel capitalismo.



