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Indagati i due broker del Colombia-gate. Perquisiti ma non iscritti Giancarlo e Paride Mazzotta
Massimo D'Alema (Ansa)

Come anticipato nei giorni scorsi dalla Verità la vicenda della trattativa per fornire armi alla Colombia portata avanti da Massimo D’Alema ha avuto ieri una svolta giudiziaria.

Verso l’alba una decina di agenti della Digos di Napoli, su delega del procuratore aggiunto Vincenzo Piscitelli, si sono presentati a casa dei due broker incaricati di fare da intermediari nel Paese sudamericano, Emanuele Caruso e Francesco Amato.

Ai familiari di Amato, che vive in Spagna, è stato chiesto di informare il giovane pugliese della necessità di mettersi in contatto con la polizia giudiziaria. A Caruso sono stati sequestrati documenti e gli apparati elettronici.

L’avvocato di quest’ultimo, Raffaelle Lorenzo, dice alla Verità: «Si è trattato di una perquisizione in cui il mio assistito ha offerto la massima collaborazione. Adesso finalmente abbiamo scoperto che è indagato e possiamo difenderci pienamente. Per questo siamo ancora più sereni e dimostreremo nelle sedi opportune l’estraneità ai fatti contestati».

Infatti, l'avvocato Lorenzo aveva già provato a verificare in Procura se il suo assistito fosse sotto indagine. Ma per la doverosa segretezza delle indagini preliminari non aveva avuto conferma dell’iscrizione sul registro degli indagati del suo cliente. Nel decreto di perquisizione i reati contestati, a detta del legale, sono il falso e la sostituzione di persona, un’accusa collegata al fatto che i due si erano presentati come consiglieri del Ministero degli Esteri colombiano e rappresentanti di organizzazioni collegate all’Apm. Gli investigatori, infatti, sono alla ricerca di elementi utili a dimostrare che i due «si siano accreditati» presso «istituzioni internazionali», è scritto nel decreto di perquisizione, allo scopo di fare affari.

Sono inoltre stati perquisiti (pur non essendo iscritti nel registro degli indagati) Giancarlo e Paride Mazzotta. Il primo è l’ex sindaco di Carmiano e collaboratore di D’Alema. Il secondo è suo figlio, consigliere regionale pugliese di Forza Italia. Ieri abbiamo provato a contattare entrambi, ma senza fortuna. I telefoni sono risultati spenti fino a sera.

Entrambi i Mazzotta, nel gennaio scorso, hanno preso parte alla trasferta a Bogotà insieme con i dirigenti di Fincantieri e Leonardo per alcuni incontri finalizzati alla trattativa per la vendita di due fregate, due sommergibili e 24 caccia M-346.

I briefing sono avvenuti non con figure istituzionali del governo colombiano e delle forze armate, ma con consulenti non accreditati. Il 6 maggio avevamo ricordato che la Procura di Napoli, ha aperto un fascicolo dopo alcuni articoli della Verità e che in quel momento stava provando a fare chiarezza sui punti più oscuri. L’occasione per iniziare le indagini è stata un filone dell’inchiesta di questo giornale sull’affaire Colombia, relativo ad alcuni patrocini concessi dall’Assemblea parlamentare del Mediterraneo e giudicati dall’ambasciatore Sergio Piazzi, segretario generale dell’organizzazione, falsi.

Tanto che dopo averli visionati sul nostro giornale l’Apm aveva deciso di presentare denuncia. Sta di fatto che queste carte sarebbero state utilizzate dai broker pugliesi ingaggiati da D’Alema per accreditarsi con le istituzioni colombiane, ma anche presso Leonardo. In particolare tale documentazione sarebbe stata presentata da Emanuele Caruso, il quale avrebbe ottenuto il patrocinio per la Camera EuroMediterranea per l’industria e l’impresa, l’associazione tunisina di cui è segretario generale, direttamente dall’ex presidente dell’Apm Francesco Maria Caruso e dall’ex vicepresidente della Confindustria di Lecce Vito Ruggieri Fazzi. Ma questi ultimi, con noi, un mese fa, avevano assicurato di aver concesso il patrocinio per una singola manifestazione tenutasi a Lecce. Il broker, però, ci ha mostrato una mail del 5 agosto 2013 con cui un funzionario della Apm, tale Martin Micallef, informava Ruggieri Fazzi («All’epoca vicepresidente della Camera euromediterranea e mio socio in due ditte di Dakar» puntualizza Caruso) che, dando «seguito alla nota del presidente Amoruso», l’Apm aveva «concesso il proprio patrocinio gratuito alla Camera EuroMediterranea per l’Industria e l’Impresa». Una missiva che si concludeva così: «Le saremo grati se vorrà comunicarci le prossime attività della Camera per poterle iscrivere nel nostro calendario». Da allora, però, Caruso avrebbe fatto di quel patrocinio un uso piuttosto disinvolto. Almeno stando alla denuncia della stessa Apm. Del resto anche la Colombia avrebbe chiesto chiarimenti su un presunto verbale del 2021 dell’Apm utilizzato da Caruso per accreditarsi come consigliere del ministero degli Esteri.

Per la Procura di Napoli, guidata da Giovanni Melillo, appena nominato capo della Direzione nazionale antimafia, e per la Digos, a cui sono state delegate le indagini, la verifica dell’autenticità dei documenti non può prescindere da un’analisi più ampia della vicenda e dai doverosi controlli sul variopinto team che, da dietro le quinte, si stava occupando di promuovere l’affare milionario utilizzando canali che definire underground è eufemistico. Gli inquirenti sarebbero in attesa di acquisire l’audit di Leonardo. È Mazzotta senior a portare da D’Alema i broker: i quattro iniziano a parlare della possibile vendita alle forze armate colombiane, un affare da 4 miliardi di euro.

D’Alema ne parla con l’ad di Leonardo Alessandro Profumo. Non è chiaro se sia stato l’ex sindaco pugliese o l’ex premier, ma qualcuno indica come mediatore da contrattualizzare lo studio Allen di Miami.

Iniziano le trattative. Il succo è che il nuovo broker verrà pagato se il prezzo supererà i 350 milioni di euro. La provvigione sarebbe stata del 2 per cento. E forse, i mediatori avrebbero incassato pure «un compenso come “retailer”». Inoltre, superato il tetto dei 2 miliardi sarebbe stato previsto un ulteriore lauto premio.

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