John Niven ha usato tre parole, a suggello del proprio romanzo: Maschio bianco etero. Netflix se n'è fatte bastare due, Maschi veri, ironia senza retorica, un modo per ridere di quel che Hollywood, con la sua pesantezza, ha reso indigesto.
Maschi veri, adattamento italiano di una serie spagnola, Machos alfa, è una commedia tanto leggera quanto efficace, capace di portare alla luce le contraddizioni interne alla dicotomia che si vorrebbe sopprimere, quella tra maschile e femminile. Lo show, disponibile su Netflix a partire da mercoledì 21 maggio, è la cronaca di un processo preciso, relativo alla decostruzione della mascolonità cosiddetta tossica. I cartellini sono appesi alle camicie di chi vi partecipi, i nomi in bella vista. Non ci sono banchi, ma sedie. Davanti agli interlocutori un insegnante, un uomo, in piedi. Parla loro con semplicità, ogni parola tesa a dimostrare come nel linguaggio comune, nel pensare comune si celino i peggiori stereotipi di genere, i pregiudizi sessisti. Maschietto, femminuccia non sarebbero vezzeggiativi atti ad indicare i bambini. Bassa sarebbe altro rispetto ad un fatto, body-shaming. La donna, per i partecipanti al corso, sarebbe un oggetto, da possedere, amare e subordinare al maschile. Gli occhi degli studenti si fanno più grandi, carichi di incomprensione. Mattia, Riccardo, Luigi e Massimo, amici fraterni sin dai tempi della scuola, si guardano senza riuscire a capire come possano loro essere tossici, discriminare le donne. Si guardano e la narrazione si sposta altrove, non più nella sala del corso, ma a Roma, avanti e indietro per le case degli amici, i loro luoghi di lavoro, quelli della vita.
Maurizio Lastrico (Mattia), Matteo Martari (Massimo), Francesco Montanari (Riccardo) e Pietro Sermonti (Luigi) hanno esistenze diverse. Separato, il primo, con una figlia di diciassette anni, sex positive e aperta ad ogni tipo di sperimentazione. Direttore di palinsesto il secondo, pieno di sé fino al giorno in cui viene licenziato a causa di una comunicazione giudicata sessista. Montanari, invece, è il tipico maschio con l'ormone a palla: si piace, pensa di piacere, tradisce pensando non possa essere valido il contrario, ché la donna è costretta a provare sentimenti. Sermonti, l'indimenticabile Stanis di Boris, è l'opposto logico del suo amico di sempre. Reso pingue dagli anni, è autista per il trasporto pubblico della Capitale, nel tempo libero padre modello. Cucina, prepara i bimbi per la nanna, li prende e li porta a scuola. Ma, nel suo accudimento pressoché perfetto, si è dimenticato la propria virilità, e con questa i propri doveri coniugali. Sua moglie vorrebbe ritrovare la passione che il tempo ha sopito, mentre Ilenia, compagna di Riccardo, vorrebbe tenere insieme capra e cavoli, godere della coppia come istituzione sociale e, al contempo, aprirsi ad avventure con altri. Daniela, compagna di Massimo, è un'ex commessa, reinventatasi influencer (creatrice di contenuti, anzi) quando questi ha perso il lavoro. E sono loro ad intrecciarsi, negli episodi (brevi e pieni di ironia) di Maschi veri. Sono loro, quarantenni in fatica, alle prese con un'esplosione del femminile che sembra mangiarsi parte della libertà maschile e spogliarli della propria identità. «Un aspetto interessante di questa serie è il maschilismo tossico, maschilismo che si trova proprio nelle persone che credono di essere assolutamente avulse da tutto ciò, che leggono Internazionale, si documentano, cercano di spiegare agli altri come ci si dovrebbero comportare. Spero che chi guardi la serie riesca a ridere di questa cosa e, magari, a mettersi in discussione», ha provato a spiegare Lastrico, perfetto nel muoversi in quel campo minato che è il politically correct, per tenere in equilibrio il machismo del suo gruppo amicale e le istanze di parità della figlia adolescente. Il tutto con una capacità comica elegante e misurata, invidiabile verrebbe da dirsi.


