Gli italiani hanno sempre coltivato la passione per il cibo e la cosa non sorprende vista la ricchezza che il nostro Paese offre dal punto di vista gastronomico. Da qualche tempo a questa parte, tuttavia, l'attenzione al cibo sembra essersi trasformata in un'ossessione.
Ogni giorno, in televisione, si vedono decine di programmi che hanno per protagonisti cuochi, pasticceri, fornai, aspiranti chef e ristoratori, camerieri e chi più ne ha più ne metta. Basta farsi un giro in una libreria per imbattersi in una mole impressionante di testi riguardanti l'ambito alimentare: diete, manuali di cucina, ricettari, persino tomi che insegnano come cucinare gli insetti. Ciascuno di essi promette miracoli: come vivere cent'anni, come guarire dal cancro e da altre malattie, come tornare giovani in un mese…
Il cibo si è tramutato in una sorta di religione profana, con i suoi sommi sacerdoti (gli chef della televisione), i suoi riti e le sue promesse di paradiso.
Di fronte a questa massa di informazioni, spesso sommarie o molto confuse, è estremamente difficile orientarsi. È il fenomeno che l'americano Michael Pollan chiamava dilemma dell'onnivoro. La sconfinata libertà di scelta fra prodotti di cui non si conoscono fino in fondo le caratteristiche e la provenienza conduce all'immobilità. Come può un normale cittadino capire che cosa davvero fa bene e che cosa no? Il risultato è che ciascuno si affida al guru che più lo ha convinto, talvolta arrivando a rasentare il fanatismo.
L'antropologo Marino Niola parla, a questo proposito, di tribù alimentari. «Vegetariani, vegani, gluten-free, crudisti, macrobiotici, lattofobi, fruttivori, carnivori - spiega lo studioso - se una volta le persone si distinguevano in base a quel che mangiavano, oggi è sempre più vero il contrario. Siamo quello che non mangiamo. Peggio, le diverse fedi alimentari stanno diventando come sette, via via più integraliste». Ha ragione, Niola. Il problema, purtroppo, è che questa divisione tra fazioni non si limita a complicare la scelta del ristorante in cui cenare con gli amici o a generare litigi e incomprensioni. Il caos che regna sovrano e le varie sette che lo popolano rischiano di fare danni molto più gravi. Affidarsi al santone di turno o seguire una dieta che promette miracoli può voler dire mettere in pericolo la propria salute. Compiere scelte radicali basandosi sull'emozione del momento può rivelarsi fatale. Come scrive Niola, oggi siamo quello che non mangiamo.
Va molto di moda privarsi dei cibi: niente zucchero, niente grassi, niente carne, niente latte, niente formaggio… La cucina del senza va per la maggiore. Bisogna rendersi conto, però, che privarsi da un giorno all'altro di un alimento, magari di qualcosa che abbiamo continuato a mangiare per anni, può essere veramente deleterio. Ecco perché è bene affidarsi agli specialisti.
Nicola Sorrentino è uno di questi. In questo libro, esplora diverse possibilità, fornisce ai lettori indicazioni precise, adatte alle esigenze e alle peculiarità di ciascuno. Offre soluzioni interessanti ai carnivori come ai vegetariani. E ha un grandissimo merito: non è ideologico. Direte: ma che c'entra l'ideologia con la dieta? C'entra eccome, proprio per i motivi che abbiamo spiegato prima. La scelta fra le varie tribù alimentari è molto spesso guidata da pregiudizi e da motivazioni che di scientifico hanno ben poco. Sorrentino aiuta a fare chiarezza, e spiega come trovare la propria strada, senza fanatismi e senza ossessioni. In questo modo, ci fa un grande regalo. Ci aiuta a vincere l'imbarazzo e il disorientamento e a scegliere i prodotti più adeguati al nostro corpo e alle nostre esigenze. Ci spiega quali sono le ragioni che devono guidare una scelta piuttosto che un'altra. Ci permette di sfruttare le proprietà benefiche del cibo, senza però toglierci il piacere di consumarlo. Così che possiamo, finalmente, sederci a tavola senza sentirci in un campo di battaglia.
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