La prima supporter è stata lei: «Da ragazzina faceva disegni che ho utilizzato e, quando era a New York, ha lavorato nel nostro ufficio. È molto creativa, sul prodotto è davvero brava. C’è l’idea di fare una sua linea di prodotti. A settembre-ottobre avremo una sua capsule». Parola di Franco Luini, presidente e ceo di Tucano Milano 1985 ma soprattutto padre di Rosa, in arte Rose Villain, famosa cantautrice e rapper milanese dalla chioma rigorosamente azzurra. Se lei, qualche volta, si occupa di borse, lui non scrive le sue canzoni. Ma il legame è fortissimo e basta vedere come stanno vicini. D’altronde Tucano Milano 1985 parla una lingua familiare in quel grande appartamento ottocentesco di piazza Castello dove si respira un’aria tecnologica da sempre. C’è Alessandro, l’altro figlio, che si occupa della parte digitale e sta lavorando a una applicazione che consenta di comunicare con clienti e agenti. C’è Franco, uno dei quattro fratelli del patron, che lavora in azienda. C’è una unione che ha portato al successo.
Quando siete partiti?
«Nel 1985, con l’idea di occuparmi di borse perché avevo avuto una esperienza precedente. Abbiamo ancora un reparto che si occupa di tenere i rapporti con le aziende per prodotti anche personalizzati, ma oggi è per noi una cosa marginale».
Perchè il nome Tucano Milano 1985?
«L’ho scelto perché nell’anno precedente, nel 1984, ero stato in Brasile per un lungo periodo e uno degli amici aveva una casa in campagna, con una grossa voliera di tucani, animali pacifici, molto di famiglia, molto tranquilli, spettacolari e mi erano piaciuti molto. Cercavo un nome per aprire l’azienda ed è venuto da lì. Nel 1985 ero partito pensando a borse di carattere sportivo ma poi si è presentata l’opportunità, nel 1988, di fare un prodotto che potesse contenere il primo computer trasportabile di Apple. Quella borsa ha avuto subito successo e noi eravamo gli unici ad avere un contenitore adatto a questa funzione. Al nome abbiamo aggiunto Milano perché è la nostra città e in più producevamo in Italia, in Lombardia».
Un’idea vincente, insomma.
«Ci era stato chiesto da un conoscente questo tipo di borsa e da lì ho capito subito, iniziando a frequentare i negozi specializzati, che poteva essere un settore interessante. Non esistevano nemmeno i tappetini per il mouse ed eravamo gli unici a produrli. Da lì abbiamo iniziato a seguire ogni esigenza: c’erano i porta floppy disk, i porta cd. Parallelamente allo sviluppo dell’informatica, che è stato clamoroso, noi abbiamo fatto accessori per proteggere, contenere questi nuovi prodotti. Abbiamo vissuto e seguito tutto lo sviluppo della rivoluzione informatica».
La produzione è ancora italiana?
«No, nel 1995 abbiamo deciso di spostare la produzione in Cina perché stavamo perdendo in competitività a causa dei costi di produzione. E anche quella è stata una esperienza molto interessante, a cominciare dal vivere la trasformazione della Cina che è stata incredibile. Ho sempre fatto molti viaggi in quel lontano Paese, anche dieci ogni anno: c’erano molte strade sterrate, quasi solo biciclette. In vent’anni c’è stato un cambiamento radicale».
L’avventura cinese continua?
«Sì, con un ufficio dal 2007 nella parte sud della Cina, a Dongguan, nella regione del Guandong, che si trova tra due grandi città, Shenzhen al confine con Hong Kong e Canton, la capitale della Cina del Sud. Noi ci troviamo in mezzo. Tutta l’elettronica del mondo viene fatta a Shenzhen, una città modernissima».
Cosa comprende il marchio Tucano Milano 1985?
«Si sviluppa in tre merceologie: borse e zaini, sleeve che abbiamo lanciato negli anni 2000, custodie per computer. Realizzate in neoprene, hanno caratteristiche particolari e rappresentano il 25% del nostro fatturato. E poi custodie per i tablet».
Quante borse producete all’anno?
«Globalmente circa 4 milioni di pezzi tra le tre tipologie di prodotti; le borse, tra piccole e grandi, ammontano a un milione circa. L’attività principale è ancora questa, noi la chiamiamo consumer electronic e la vendiamo nelle grandi catene. Da qualche anno abbiamo sviluppato delle linee destinate più a un canale lifestyle che sono presenti nei department store più importanti e in negozi di valigerie. Sono attività separate sia come organizzazione di vendita sia come canale di destinazione».
Questa ultima collezione chi la disegna?
«Ho sempre seguito personalmente il prodotto ma queste linee meno tecniche e più femminili sono in mano a Claudia Panuccio, la nostra creative director. Ci sono linee particolari in cotone o valorizzate da dettagli in pelle. C’è la linea Gommo con rifiniture gommate. E poi astucci, zaini business. Gli organizzatori da viaggio come Piego per le scarpe e Pigio, salvaspazio da valigia, in plastica riciclata e praticamente senza peso, capace di ridurre lo spazio degli indumenti del 50%. Il catalogo è già ampio ma ogni sei mesi ci sono delle serie nuove».
Questo progetto di prodotti lifestyle quando è partito?
«Da sei sette anni lo volevamo lanciare ma poi il Covid ha bloccato tutto. Grazie a una rete vendita non solo italiana, siamo in Spagna, Francia e in Grecia dove abbiamo un ottimo distributore e stiamo partendo in Inghilterra. Negli Stati Uniti abbiamo una filiale a New York, con clienti interessanti. E ora un obiettivo: trovare il primo negozio monomarca a Milano che possa contenere tutte le nostre collezioni».



