All’inizio c’è solo lo stupore. Ed è sperimentabile da tutti: grandi interpreti, esperti di musica, semplici appassionati, curiosi. Nessuna selezione all’ingresso per la meraviglia. Non contano i diplomi di Conservatorio, non serve lo smoking. Due orecchie (e un cuore) bastano e avanzano. L’indagine sulla bellezza, per chi vuole, viene dopo. Ed è una scalata verso una cima che non si riesce nemmeno a intravedere. Analisi, imitazione, comprensione, creazione: ogni musicista prende un sentiero diverso e affronta la salita a modo suo.
Non sparate sul pianista, il podcast della Verità dedicato a chi ha trovato nella musica la sua vera voce, ricomincia da dieci tragitti molto differenti tra loro (gli artisti in realtà sono 14 perché una puntata sarà dedicata a cinque compagni di viaggio che vogliono arrivare in alta quota insieme). Dopo la puntata speciale dalla Prima della Scala, si parte il 12 dicembre e l’appuntamento si rinnova ogni giovedì sul sito del quotidiano e su tutte le piattaforme di streaming.
Un esploratore, in cammino da 83 anni, è ad esempio Franco D’Andrea, grande saggio dell’improvvisazione, ammirato in tutto il mondo. Quando si è messo in marcia le scuole di jazz non esistevano e l’unica via era chiudersi in cantina e decifrare al pianoforte quella sorta di linguaggio alieno, affascinante e in continua evoluzione che arrivava dai dischi partoriti Oltreoceano. Stesso strumento, versante opposto della grande montagna. Ilia Kim, interprete classica, ci condurrà ai piedi di una celebre pagina di Ludwig van Beethoven nella quale era già stata scritta la prima e l’ultima nota di un amore che non avrà mai fine. Quello con il gigante della critica Piero Rattalino, morto tra le braccia della pianista di Seul una notte d’aprile dell’anno scorso. Francesco Libetta invece ripercorrerà a ritroso i passi che gli hanno permesso di creare prima nella mente e poi in un album, appena uscito per Sony music (Chopin selon Chopin), l’atmosfera immaginaria delle leggendarie esecuzioni che il compositore polacco organizzava per gli amici (improvvisazioni comprese). Alla voce pionieri troviamo Andrea Dulbecco, salito giovanissimo su un treno in partenza da Sanremo quando da noi il vibrafono era un oggetto misterioso. Poi pendolare sulla tratta Milano anni Settanta-Berlino ancora tagliata in due dal Muro, prima di diventare il riferimento di uno strumento che oggi si trova tra la valle del jazz e quella della musica colta contemporanea.
Il compito di mostrare due percorsi affascinanti e alternativi della voce femminile toccherà a Veronica Simeoni e a Vanessa Tagliabue Yorke. Folgorata da piccola dall’apparizione di Maria Callas in tv, la prima è una mezzosoprano d’opera forgiata alla scuola di Raina Kabaivanska (il suo Tanti auguri alla Scala è una chicca della puntata dal Piermarini) e oggi richiesta da tutti i grandi teatri. La seconda, sperimentatrice, jazzista e compositrice, ha condensato nell’album The Princess of the Night (Azzurra music) la sua riflessione sulla notte, lasciandosi ispirare da Duke Ellington, dalla musica cubana e dal mondo sonoro di Olivier Messiaen. A guidare gli ascoltatori in un’esplorazione del codice di Charlie Parker ci sarà l’altosassofonista Rosario Giuliani, mentre il musicologo statunitense Ashley Kahn (vincitore di un Grammy) si addentrerà nel capolavoro di John Coltrane A Love Supreme.
Per far dialogare elementi così diversi non poteva mancare un direttore d’orchestra. Ed Enrico Fagone , oltre al talento, ha il merito di averne creata una. Senza dimenticare il gruppo citato all’inizio. Enrico Rava, Matteo Paggi, Francesco Diodati, Francesco Ponticelli ed Evita Polidoro sono i Fearless Five. Cinque e senza paura. Sì, ma di cosa? Della musica che dev’essere ancora scritta e quindi del vuoto. Niente male per chi punta alla vetta. Buon ascolto!



