Per la milionesima volta soltanto quest’anno, è tornato il nazismo. Perché fosse ritornato in tutte le precedenti occasioni lo ricordiamo confusamente, ma di certo sappiamo che ora è alle porte grazie a Elon Musk che saluta alla maniera di Hitler. I principali fascistologi italiani lavorano incessantemente da giorni vivisezionando ogni frammento di immagine, per comprendere se davvero negli occhi di Musk brillasse una svastica nel momento in cui ha levato il braccio verso il cielo. Roberto Saviano, con il consueto acume, sostiene che Elon abbia fatto apposta per provare e generare traffico sulle piattaforme. Altri ritengono che invece fosse una manifestazione sincera di fede hitleriana. Caspita, sono proprio astuti questi nuovi nazisti: per passare inosservati si mettono a imitare il Führer proprio mentre tutto il pianeta sta guardando.
La verità è che il gesto di Musk, qualsiasi cosa significasse (stava lanciando il cuore ai suoi fan? Le droghe lo avevano convinto di trovarsi nell’antica Roma?), è una specie di sogno bagnato di tutti i progressisti. Costoro hanno già stabilito da tempo che Donald Trump sia il nuovo Hitler e Musk il suo Goebbels, e in quel braccio teso trovano la traballante conferma delle proprie assurde convinzioni. Ci vogliono credere, vogliono che sia un saluto nazista per potere finalmente dire: ecco, sono tornati davvero!
E allora ci credano pure, gli amici sinistrorsi, se questo li conforta e li risarcisce di una vita ingiusta. Per tutti gli altri, si rende invece necessaria qualche riflessione un filo più lucida. Se Musk davvero avesse tentazioni totalitarie, di certo non avrebbero nulla a che fare con le braccia tese e lo sbattere di tacchi degli stivaloni. Più semplice: se si ripresentasse il nazismo, difficilmente lo farebbe con le divise d’antan e i baffetti. Ciò che dovrebbe suscitare inquietudine è semmai l’apparato ideologico transumanista che Elon ha adeguatamente oliato negli ultimi anni: l’idea di ibridare uomini e macchine, il sogno di ripopolare il mondo tramite utero in affitto, la smania di conquistare Marte come desideravano i cosmisti russi, più in generale la convinzione che la tecnica sciolta da ogni briglia possa in qualche maniera redimere l’umanità. Ecco, tutto questo è piuttosto pericoloso, ma non c’entra nulla con i saluti hitleriani. E soprattutto Musk esprime queste convinzioni da anni, pubblicamente, e nessuno lo hai mai demonizzato finché non si è schierato con Trump. Anzi, in passato lo hanno descritto come un brillante innovatore progressista. Del resto persino Mark Zuckerberg comincia a essere dipinto oggi nei panni del supercattivo, figuriamoci quell’altro. Se l’algoritmo di Facebook favorisce Trump, allora siamo nella distopia hitleriana; se favorisce (come ha fatto ampiamente) i democratici woke, allora siamo nella sacrosanta difesa delle istituzioni democratiche.
Il punto, alla fine, è sempre il medesimo: nazista è (o diventa) chi non piace ai liberal. I quali, per sopravvivere, hanno bisogno costantemente di Nemici Assoluti contro cui scagliarsi, mostri da abbattere o da evocare per spaventare le folle. Non conta realmente ciò che un leader politico, un personaggio pubblico o un capo di Stato dice o fa realmente: conta se bisogna demonizzarlo o meno. Ora, con Trump e Musk, gli Stati Uniti puzzano di nuovo di zolfo.
Curiosamente, anche i sinceri democratici di casa nostra hanno riscoperto l’antiamericanismo e si lanciano addirittura in tirate pseudo sovraniste. «Credo che la presidenza Trump mostri all’Europa un mondo nuovo», dice ad esempio Lia Quartapelle del Pd. «Un mondo in cui gli interessi americani sono molto diversi dagli interessi europei. Noi abbiamo sempre pensato che le cose potessero andare di pari passo, mano nella mano. Trump invece fa parte di quei leader nazionalisti, isolazionisti che tendono a chiudere la porta del proprio Paese e tutti gli altri restano fuori. Quindi è giusto che l’Europa si dia da fare per dire che i nostri interessi - quelli commerciali, per esempio - sono diversi dagli interessi degli Stati Uniti». E ancora: «Dal punto di vista commerciale dobbiamo ricordare agli Stati Uniti che non abbiamo un legame così indissolubile, ma che se il commercio con gli Usa diventa difficile, esistono altri mercati». In sé il ragionamento non fa una piega: va bene essere alleati di qualcuno, ma se questo qualcuno ci danneggia dobbiamo guardarci intorno. Viene però da domandarsi: come mai allora nel caso della Russia abbiamo obbedito agli Usa anche se questo danneggiava largamente l’Europa? Anche Putin - come Trump e Musk - è stato equiparato a Hitler, dunque con lui non si potevano fare affari. Ora invece, lo sostiene pure Ursula von Der Leyen, possiamo guardare a India e Cina con entusiasmo. Quindi i cinesi sono buoni se contrastano Trump ma cattivi se sostengono Putin? Hitler è meno Hitler se arriva un nuovo Hitler da contrastare? Pare di sì.
In questo quadro, è del tutto irrilevante se Musk abbia fatto o meno il saluto nazista. Perché tutti questi discorsi prescindono dalla realtà, dalla concretezza dei fatti e delle azioni. A rendere eventualmente Musk un dittatore non è il modo in cui agisce con le sue piattaforme e non sono nemmeno le sue idee: è il semplice fatto che si è schierato con i cattivi, cioè i conservatori. Chi compie questa scelta è condannato. Tutti gli altri, anche se realmente feroci o autoritari, sono graziati. E mentre noi ci occupiamo del nazismo che ritorna, le nuove forme di oppressione passano inosservate: guardiamo il braccio teso e non la luna.