Ricordate le migliaia di lavoratori sospesi, perché non si erano vaccinati durante la pandemia Covid? I giudici non ebbero alcuna comprensione, a loro dire era giusto lasciarli a casa e senza stipendio. Nei confronti di chi fa uso di sostanze stupefacenti, invece, bisognerebbe avere un occhio di riguardo.
È quanto si evince dalla decisione della Corte di appello di Venezia, che ha rigettato il ricorso della società Veneziana energie risorse idriche territorio ambiente servizi (Veritas), contro una sentenza del giudice del lavoro del Tribunale di Venezia. Nell’ottobre del 2019, Anna Menegazzo aveva disposto la riammissione all’esercizio delle sue funzioni di un dipendente Veritas risultato più volte positivo, non al Covid, ma ai cannabinoidi.
Secondo i magistrati d’Appello Gianluca Alessio, Piero Leanza e Lorenzo Puccetti, il datore prima di sospendere un lavoratore dovrebbe «verificare la possibilità di assegnarlo ad altre mansioni» e questo è un «obbligo», perciò gli vanno pagati arretrati e spese.
La prestazione dell’uomo, operatore cimiteriale, «non può svolgersi in uno stato di non lucidità o di alterazione», contesta invece l’azienda, dal momento che il lavoratore utilizzava anche macchine operatrici ed era perciò sottoposto a test di controllo per l’accertamento delle condizioni di alcol dipendenza e tossicodipendenza previsto dall’accordo Stato-Regioni.
La prima volta, risultato positivo, era stato messo in ferie e al suo rientro il medico l’aveva giudicato idoneo «ma non idoneo alla guida di mezzi», come è tenuto a fare un operaio polivalente. Al successivo controllo era di nuovo positivo ed era stato rimesso in ferie in attesa di un nuovo accertamento. I giudici d’Appello contestarono la scelta aziendale, Veritas avrebbe dovuto verificare «la possibilità di mantenere il lavoratore in servizio con mansioni equivalenti».
Avete mai letto decisioni simili nei confronti di quanti venivano sospesi da aziende sanitarie o da istituti scolastici, da comandi militari, perché non in regola con le vaccinazioni anti Covid? «Nel caso di specie, a fronte della richiesta del lavoratore di essere assegnato ad altre mansioni compatibili con l’accertata inidoneità parziale e temporanea, Veritas spa non ha offerto la prova dell’impossibilità di adibire […] a mansioni (anche diverse persino inferiori) compatibili con il suo stato di salute», obbietta il presidente della sezione lavoro della Corte d’Appello, Gianluca Alessio.
Le scrivanie dei giudici dovrebbero crollare, sotto il peso dei faldoni di cause inutilmente tentate da dipendenti non vaccinati, lasciati senza occupazione e privati della possibilità di rendersi utili in settori non a diretto contatto con il pubblico. «L’inidoneità di un operatore polivalente non può obbligare una società a rivedere la propria organizzazione», osservano Andrea Bortoluzzi e Marta Molesini dello studio Toffoletto De Luca Tamajo, legali di Veritas che ricorrerà in Cassazione. «Stiamo parlando di un lavoratore nel servizio pubblico, che ha assunto volontariamente sostante stupefacenti, eppure si sostiene che non doveva subire conseguenze».
I giudici d’Appello hanno un occhio di tutto riguardo per l’operaio che si faceva le «canne», perché arrivano a mettere in discussione la sicurezza tanto invocata durante la pandemia. La questione «della finalità preventiva della sospensione cautelare dal servizio», sostenuta da Veritas «in relazione alle esigenze di tutela della salute del lavoratore e dei terzi», sarebbe «enfatizzata».



