L’Unione europea interviene nella scalata di Unicredit su Banco Bpm. Secondo quanto anticipato da Bloomberg, Bruxelles invierà una lettera ufficiale a Palazzo Chigi per contestare il contenuto del golden power con cui Palazzo Chigi intende vincolare la banca guidata da Andrea Orcel nel suo percorso di scalata a Bpm, a oggi fermo allo 0,12%. Si tratta dell’obbligo di abbandonare gli asset russi, di vincolare per anni gli investimenti in fondi con sede in Italia (Btp compresi) e infine riperimetrare il numero degli sportelli.
Proprio oggi i poteri speciali esercitati dal governo finiranno al vaglio del Tar e a questo punto la decisione diventa di capitale importanza. Già la mossa dell’Antitrust europeo potrebbe innescare un conflitto politico tra Roma e Bruxelles di grande portata, mettendo in discussione il ruolo delle autorità nazionali su un’operazione strategica nel cuore del sistema bancario nazionale. Un conflitto cui peraltro non sono estranee logiche ideologiche e di schieramento politico considerando che l’Antitrust europeo fa capo a Teresa Ribera, esponente di primo piano del Partito socialista spagnolo. I suoi rapporti con il nostro governo non sono mai stati semplici. Soprattutto da quando Giorgia Meloni a Madrid partecipò al congresso del partito di destra Vox.
Gli uffici di Teresa Ribera sembrano dunque pronti a bacchettare il governo di Roma per un uso inappropriato del golden power visto che l’operazione si svolge all’interno dei confini nazionali. Il tema del contendere è quindi questo anche se, stando a un lancio di agenzia Ansa, la lettera da parte dell’Antitrust Ue potrebbe essere di altra natura. Potrebbero venire chiesti al governo soltanto ulteriori chiarimenti e dettagli aggiuntivi sulle modalità di applicazione. In entrambe le opzioni, quella più hard e quella più soft, sarebbe inevitabile uno scontro con dg Comp che, al di là dei dettagli, rivendica il proprio perimetro di potere sulle banche. Chi ha diritto di intervenire quando balla il risiko bancario? L’Ue o un governo nazionale? Alla fine la questione in ballo è tutta qua.
Perché da un punto di vista pratico è difficile immaginare un intervento impositivo della Commissione. Certo, si potrebbe arrivare fino all’avvio di una procedura di infrazione. Che sarebbe però una delle tante e non impedirebbe a Roma di lasciare i paletti su Unicredit. Il dossier rischierebbe però di impattare su altri temi. Non solo sul fatto che Gae Aulenti si stia muovendo (come dimostra la notizia di ieri della conversione dei derivati per avere il 20% dei diritti di voto) su Commerzbank in Germania, dove l’ostilità del governo federale è dichiaratamente ai massimi Ma anche su altre partite apparentemente laterali. Come la discussione che ci attende sugli Eurobond e il rischio incombente di una nuova forma di Mes. Situazione complessa che si inserisce in un gioco di matriosche e di risiko concentrici. Che puntano verso Mediobanca, istituto a sua volta sotto Ops da parte del Monte dei Paschi di Siena. Ieri l’ad di Piazzetta Cuccia, Alberto Nagel, ha ascoltato il parere dei sindacati in merito all’offerta. Mediobanca «ha invitato le rappresentanze sindacali aziendali delle aziende del gruppo a esprimere un parere», si legge in una nota, «sulle eventuali ripercussioni che l’Ops di Mps potrebbe avere sull’occupazione». I rappresentanti dei lavoratori non sembrano però voler dare seguito alla richiesta nel merito, sottolineando che «a formulare dei pareri oggi, non essendo mai stati coinvolti, si rischia di cadere in dinamiche comunicative dettate da altre esigenze».
I sindacati «hanno per unico obiettivo quello di tutelare, caparbiamente e con ogni mezzo, i concreti bisogni delle persone, quale che sia l’esito dell’Ops, perseguendo la piena salvaguardia dell’occupazione, delle professionalità, dei trattamenti economici e normativi di chi rappresentiamo». «Difenderemo altresì», aggiungono le sigle, «i livelli dei servizi alla clientela e i presidi territoriali, che assicurano l’esercizio della funzione sociale del credito e del risparmio dell’impresa bancaria», conclude il comunicato. Per cui, al di là delle frasi d’obbligo, la reazione delle sigle all’invito di Nagel a prendere la durlindana contro l’invasore senese sembra molto fredda. Viene da chiedersi chi sostenga adesso l’ad di Piazzetta Cuccia, che nelle ultime tre settimane ha perso una bella quota dei pattisti e pure l’occasione di chiudere in breve tempo la scalata a Banca Generali.



