L’inchiesta della Procura di Ivrea sull’incidente ferroviario che nella notte tra mercoledì e giovedì è costato la vita a 5 operai che stavano effettuando la sostituzione di un tratto di binario all’altezza della stazione di Brandizzo, ieri ha avuto una rapida accelerazione. L’ipotesi di reato formulata dai magistrati, guidati dal procuratore capo Gabriella Viglione, che ha strutturato un pool di magistrati per l’indagine composto dalla reggente e dai sostituti procuratori Giulia Nicodemi e Valentina Bossi, dopo aver aggiunto l’aggravante del dolo eventuale alle ipotesi di reato di disastro ferroviario e omicidio plurimo colposi, ha iscritto sul registro degli indagati i primi due nomi.
A sorpresa, a finire sotto inchiesta sono stati i due sopravvissuti alla tragedia. Si tratta di Andrea Girardin Gibin, caposquadra della Sigifer, l’azienda esterna addetta alla manutenzione della linea ferroviaria su cui stavano lavorando le vittime, travolte e uccise dal treno. Oltre a Gibin, la Procura ha iscritto nel registro degli indagati anche Antonio Massa, addetto di Rfi (Rete ferroviaria italiana) al cantiere in cui lavoravano le vittime. Secondo l’ipotesi della Procura avrebbe dovuto impedire agli operai di iniziare il cantiere in attesa del passaggio del treno che li ha travolti.
Poco prima che la notizia dell’iscrizione sul registro degli indagati trapelasse, la cognata di Gibin aveva raccontato ai giornalisti il profondo stato di prostrazione dell’uomo: «Andrea è in stato di choc: da anni andava a lavorare insieme ai suoi compagni e continua a ripetere i loro nomi. Forse l’istinto gli ha permesso di salvarsi dato che, appena ha visto la luce del treno, si è buttato dall’altra parte».
Secondo i magistrati, a causare la tragedia sarebbe stata una cattiva comunicazione. Senza il via libera, gli operai non avrebbero dovuto lavorare su quel tratto ferroviario. Da quanto risulta, ci sarebbero state importanti violazioni dei protocolli per il rilascio del nulla osta e delle autorizzazioni a svolgere le manutenzioni sui binari che dovrebbero essere messe per iscritto. Questo sarebbe avvenuto con l’aggravante che i lavori sul binario 1 della linea Milano-Torino per la sostituzione di un tratto di rotaia si sarebbero svolti sotto lo sguardo diretto di uno dei responsabili formali del rilascio autorizzativo.
Tra il materiale sequestrato dagli investigatori, a quanto si apprende, ci sarebbe, infatti, una conversazione tra l’addetto di Rfi che avrebbe dovuto dare per iscritto il nulla osta agli operai per cominciare i lavori e il collega dell’ufficio movimento di Chivasso che avrebbe dovuto rilasciare un via libera di cui, invece, non è stata trovata traccia nei rilievi finora al vaglio degli inquirenti: mentre i due stanno parlando, secondo quanto emergerebbe dalla registrazione, si sentirebbe in sottofondo prima il rumore dei lavori, poi l’arrivo del treno e infine le urla disperate delle vittime.
L’arrivo dei primi indagati era stato anticipato ieri mattina dalle dichiarazioni del procuratore Viglione: «Dalle prime indagini emergono gravi violazioni della procedura di sicurezza al momento dell’incidente. Ci sono profili di responsabilità per i quali saranno a breve indagate alcune persone». Il capo della Procura ha poi confermato ufficialmente il rischio di un disastro di proporzioni ancora più gravi che La Verità aveva anticipato ieri nella ricostruzione dei primi passi dell’inchiesta: «Devo dire che si è rischiata forse una situazione ancora più drammaticamente grave. Perché se il treno fosse passato qualche minuto dopo con i binari già rimossi dai lavori, il mezzo avrebbe deragliato».
L’inchiesta sembra, però, essere solo agli inizi, dal momento che la Viglione, che nel pomeriggio di ieri ha dichiarato che «l’evento poteva essere evitato se la procedura fosse stata seguita nel modo corretto», ha espresso dubbi anche sulle procedure: «Ciò che è accaduto ha reso palese che il meccanismo di garanzia non era sufficiente a tutelare adeguatamente un lavoro così delicato in una sede così pericolosa come i binari ferroviari».
Intanto ieri le indagini sono proseguite, e i magistrati hanno sentito di nuovo, come persone informate sui fatti, Marcello Pugliese e Francesco Gioffrè, i due macchinisti che si trovavano nella cabina del treno che ha investito i 5 operai. Da giovedì il convoglio, composto dalla motrice e 11 vagoni, è sottoposto a sequestro e nei prossimi giorni verrà probabilmente chiesto di effettuare un incidente probatorio davanti al gip, durante il quale verrà verosimilmente anche stabilita definitivamente la velocità alla quale viaggiava il treno.
Le prime indiscrezioni parlavano di 160 chilometri orari (In una nota Rfi aveva dichiarato che «le condizioni della linea» consentivano «in quel tratto di raggiungere» quella velocità), ma nelle ore successive ha preso piede una versione alternativa che ridimensionerebbe a 100 chilometri orari la velocità che il convoglio avrebbe mantenuto mentre transitava sul primo binario della stazione di Brandazzo, quello più a ridosso dell’abitato.



