2021-04-11
Dico «pulizia etnica», ma senza cattiveria
La mia affermazione riguardo Maurizio Gasparri era solo enfasi parolistica, accompagnata dall'aggettivo «intellettuale» fra parentesi. Avevo anche detto di voler inseguire Luigi Di Maio con una roncola, se è per questo. Ho solo una idiosincrasia per i «Capitan Fracassa».La risposta di Maurizio Belpietro: «Caro Antonello, ovviamente tu sei libero di pensare di Maurizio Gasparri, come di qualsiasi altro politico, ciò che vuoi, e pure di scriverlo. E di certo non mi metterò io a discutere dei torti e delle ragioni del senatore di Forza Italia, il quale credo sia abituato alle critiche e anche alle repliche. Tuttavia, permettimi di dirti una cosa: per spiegare che la frase in cui dicevi che Gasparri suscita in te un desiderio di «pulizia etnica (intellettuale)» non era da prendere alla lettera, perché scherzavi, non c'era bisogno di scrivere una pagina. Bastava una riga: scusate, ho scritto una cazzata. Succede anche ai migliori».Caro direttore, rispondo al tuo corsivo sulla querelle tra Maurizio Gasparri e il sottoscritto, ringraziandoti innanzi tutto per le parole di stima che hai comunque voluto riservarmi.In cambio, però, t'infliggo una delusione: non mi occuperò della vicenda «liberalizzazione delle droghe leggere» (su cui ho poche idee ma confuse) perché non è stato il merito a provocare la reazione da te stigmatizzata - poteva trattarsi dell'abolizione della caccia, per dire - bensì il metodo.Provo a spiegare, facendo coming out: io nutro quasi da sempre una tangibile idiosincrasia per il personaggio (non per la persona, che avrà innegabili qualità) Gasparri.Per lui come per tutti quelli che - sul piano dello stile e sempre nel loro agire «pubblico» - si atteggiano a Capitan Fracassa: penso a Matteo Salvini, a Matteo Renzi, a Beppe Grillo.I giganti del pensiero e dell'azione. I marchesi del Grillo del «io so' io e voi eccetera». I leader delle frasi roboanti, delle affermazioni muscolari, degli slogan apodittici, delle minacce e degli ultimatum (e del dito medio rivolto ai contestatori, elegante gesto che accomuna Gasparri a Piero Fassino, e non solo).Sicché, quando ho letto che Gasparri aveva mandato un pizzino a Mario Draghi, «Se il presidente del Consiglio si azzarda ad “aprire" sulle droghe leggere il governo è morto», il Franti che è in me non ha resistito, distillando gli ormai celebri «140 caratteri choc» (talmente choc che il tweet è delle 17 della domenica di Pasqua e lo sturm und drang sul Web si è scatenato nel primo pomeriggio del giorno dopo: si vede che le vergini scandalizzate di Pasquetta domenica sera stavano ancora digerendo l'abbacchio): «Maurizio #Gasparri è un politico - mio e vostro stipendiato, peraltro - così seducente coinvolgente convincente che ogni volta che lo ascolto mi vedo costretto a rivalutare il concetto di pulizia etnica (intellettuale)». Ora, che il senatore sia un nostro stipendiato mi pare fattuale: i parlamentari sono pagati dall'erario, le cui casse sono alimentate dalle nostre tasse. Nel caso di Gasparri, ciò avviene dal 1992: otto legislature in trent'anni, l'anno prossimo. Credo siano pochi i suoi colleghi con altrettanta longevità di servizio. All'invidia per tale cursus honorum da politico, si unisce anche quella per il giornalista Gasparri, in pensione dal 2020 essendo entrato nel 1983 come praticante nella redazione del Secolo d'Italia, organo del Msi. Trentasette anni di onorata carriera, in cui però è stato in aspettativa dal succitato 1992, quindi di fatto gli anni di effettivo lavoro sono stati soltanto nove.Pas male, direbbero i francesi, tenuto conto che nel frattempo l'ex ministro continua a maturare la pensione da parlamentare. Tutto legale, sia chiaro: «Tutto è accaduto in base alle norme e alle regole», ha specificato Gasparri, inciampando inconsapevolmente nel riflesso pavloviano di chi magari è sempre pronto a stigmatizzare i privilegi altrui, ma altrettanto lesto nell'invocare il formalismo legislativo quando si tratta di difendere o giustificare i propri (qui ad essergli accomunato è Clemente Mastella, diventato pensionato Inpgi agli inizi del terzo millennio avendo lavorato, prima di entrare in Parlamento e quindi in aspettativa, come giornalista professionista alla Rai di Napoli per 397 giorni).Quindi con le imposte sul mio reddito io contribuisco alle sue entrate mensili quale «rappresentante della Nazione», e con i contributi che verso al (dissestato) ente previdenziale dei giornalisti concorro ad alimentare la sua pensione.Poi, per carità, in così lunga vita parlamentare Gasparri, come Benito Mussolini, avrà anche fatto cose buone, è stato addirittura ministro delle Comunicazioni per quattro anni nel secondo governo di Silvio Berlusconi, periodo del quale si ricorda la legge che porta il suo nome, ma giusto quello, secondo la fotografia al vetriolo scattata da Francesco Storace, suo ex compagno di partito: «Ha firmato un provvedimento che non ha scritto, e probabilmente neppure letto». Di certo, con l'avvento di Internet, sono diventate virali talune sue esternazioni, tipo quella del 2008: «Con Barack Obama alla Casa Bianca, Al Qaeda forse è più contenta» (Osama Bin Laden un po' meno, visto che sotto la presidenza dell'“abbronzato" ci ha rimesso le penne).Oppure quella del 2010, rivolto ai genitori: «Dite ai vostri figli di stare a casa e di non partecipare ai cortei. Quelle manifestazioni sono frequentate da potenziali assassini» (perché anche qui vale il doppiopesismo: la protesta dei «nostri» è sempre legittima, quella degli «altri» è alimentata nientemeno che da possibili killer). Oppure quella ancora più recente, sulle due cooperanti Greta Ramelli e Vanessa Marzullo sequestrate in Siria e liberate nel 2015, forse dietro pagamento di un riscatto: «Sesso consenziente con i guerriglieri? E noi paghiamo» (il tema del denaro, come vedi, è caro pure a lui, quindi non dovrebbe adombrarsi se lo definisco «mio stipendiato»). In questo caso scoppiò il consueto ambaradan social, con lui che si strinse nelle spalle serafico: «Capisco che ci sia un clima di censura (brutta cosa la censura, senatore, su questo sono d'accordo: quella che si subisce e quella che si impartisce). Ma io ho letto la notizia su un sito, mi sono limitato a chiedere se fosse vera», e amen.Sento che ti stai spazientendo, direttore, e immagino la tua obiezione: «Ma qui non sono in discussione la carriera e le prese di posizione di Gasparri, opinabili come quelle di tutti, ma il fatto che tu abbia inneggiato alla pulizia etnica, e questa tua gravissima affermazione non sta né in cielo né in terra. E non mi tirare fuori la storia dell'aggettivo tra parentesi, “intellettuale", perchè quella è una pecetta». Bene. Ora che ti ho spiegato perché non mi piace di Gasparri, posso dirti in tutta franchezza che impiccare il sottoscritto, da sempre «gandhiano non violento», all'accusa di essere un fautore della sopraffazione o addirittura dell'eliminazione di qualcuno è semplicemente lunare? Quell'aggettivo non è un cerotto. Non mi auguro la soppressione di nessuno (sono pure contrario alla pena di morte), Gasparri in testa, né il taglio della lingua di chicchessia (nella guerra dei Balcani era un optional contemplato).Ma questo non m'impedirà di continuare a brandire le armi della provocazione dialettica. Volendo, questo sì, arrivare allo sradicamento di tutte quelle che reputo le smargiassate dei personaggi pubblici, tanto più quando sono esponenti, a qualunque titolo, delle istituzioni. Quindi obbligati, loro sì, a un surplus di cautela.Da parte mia, invece, nessuna genuflessione davanti ai sommi sacerdoti del Sinedrio del Web, ma anzi la rivendicazione del mio diritto di esprimere, là dove parlo a titolo personale, in modo anche satiricamente abrasivo, la mia critica o il mio dissenso (riconoscendo ovviamente al mio prossimo la facoltà di fare altrettanto).Quello che poi né tu né Gasparri potevate sapere è che la vituperata espressione io l'ho già usata più volte in passato (chiedere, per conferma, ai colleghi con cui realizzo ogni mattina da tre anni un programma su Virgin Radio).Non solo. In diverse occasioni ho annunciato di voler «inseguire con la roncola per le vie di Roma» Luigi Di Maio, così come Maria Giovanna Maglie raccontò che se avesse incrociato Greta Thunberg l'avrebbe «messa sotto con la macchina»: due assassini nati, Mgm ed io? Abbiamo difeso perfino Marco Travaglio, pensa come siamo laici qui alla Verità, quando è stato messo in croce dalla Santa Inquisizione del Web per aver scritto, nel 2017, che la (precedente) legislatura stava per essere sciolta «si spera nell'acido»: desiderava dunque che deputati e senatori fossero affidati alle cure del mafioso Giovanni Brusca, tragicamente noto per essere un esperto di bidoni e solventi chimici? Ma poi, scusa: proprio su queste colonne, quando al conte Gelasio Gaetani dell'Aquila d'Aragona Lovatelli, discendente di tre Papi, ho confessato che l'avrei fatto volentieri stramazzare a colpi di taser elettrico, l'esagerazione poteva essere presa alla lettera? Quando ho iniziato il ritratto di Fabio Fazio, qui pubblicato lo scorso autunno, scolpendo nell'incipit: «Lo odio», davvero qualcuno può aver concluso che vorrei il suo male (i suoi cachet di certo sì, ma questo è un altro paio di maniche)? È solo enfasi parossistica, un po' come quando Ettore Petrolini disse a uno che a teatro lo fischiava dalla balconata: «Io nun ce l'ho cò te ma cò quelli che te stanno vicino e nun t'hanno ancora buttato de sotto» (oggi partirebbe subito «la rivolta della rete» con tanto di hashtag: #EttoreVergognati e #BoicottaPetrolini).E se cito Petrolini non è un caso. Se c'è uno che ha saputo reinterpretarlo da par suo, quello è stato Gigi Proietti, che per spiegare la sua ripulsa di politici e talk show dichiarò: «Contemplo in tv Maurizio Gasparri e mi dico: vediamo dove va a parare per giustificare il suo presenzialismo, chissà che c'avrà da dì stavorta». Era il mese di aprile del 2017. Perché me lo ricordo? Perché lo disse a me, che lo stavo intervistando per... La Verità (con titolo puntuale, un suo virgolettato: «Re, buffoni e voltagabbana, la politica è un'eterna farsa», e un occhiello redazionale strepitoso: «La società dei magnaccioni»).Auguro a Gasparri di vivere fino a 150 anni in salute, serenità e letizia, con altre 10.000 apparizioni in tv. Anche se io, a differenza del grande Proietti, so già «che c'avrà da dì stavorta»: un'altra gasparrata. Senza offesa, neh.***Caro Antonello, ovviamente tu sei libero di pensare di Maurizio Gasparri, come di qualsiasi altro politico, ciò che vuoi, e pure di scriverlo. E di certo non mi metterò io a discutere dei torti e delle ragioni del senatore di Forza Italia, il quale credo sia abituato alle critiche e anche alle repliche. Tuttavia, permettimi di dirti una cosa: per spiegare che la frase in cui dicevi che Gasparri suscita in te un desiderio di «pulizia etnica (intellettuale)» non era da prendere alla lettera, perché scherzavi, non c'era bisogno di scrivere una pagina. Bastava una riga: scusate, ho scritto una cazzata. Succede anche ai migliori. (m.b.)
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)