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Progetto «Un dono per la vita»: «Passeggini, biberon e tanto altro ad altre dieci mamme in difficoltà»

Progetto «Un dono per la vita»: «Passeggini, biberon e tanto altro ad altre dieci mamme in difficoltà»

Le statistiche parlano chiaro: l'Italia non è un Paese per genitori, ma ognuno di noi può fare molto per invertire la rotta. Oggi, giovedì 12 dicembre, alle ore 13 nella sede di Pro Vita & Famiglia ha preso nuovamente forma il progetto «Un dono per la vita», l'impegno sociale della Onlus prolife guidata dal presidente Toni Brandi e dal vice presidente Jacopo Coghe, che consiste nella consegna di passeggini, culle, pannolini, ciucci e biberon per le mamme che stanno affrontando o hanno affrontato una gravidanza e che versano in difficoltà non solo economiche. Il Natale è un tempo di riflessione e di condivisione in famiglia, proprio per questo il nostro sostegno è ancora più concreto.

«Sosteniamo le madri coraggio, che non possono permettersi i beni di prima necessità, con un dono semplice che vuole dare a tutte le donne il messaggio di non arrendersi perché la vita è sempre la migliore scelta che si possa fare. Arriviamo là dove lo Stato non arriva, ossia alle vere e quotidiane necessità delle famiglie. Le spese che una famiglia deve affrontare per un figlio appena nato sono di circa 1.500 € e noi nel nostro piccolo cerchiamo di dare il nostro sostegno a chi non può» hanno dichiarato Francesca Romana Poleggi e Maria Rachele Ruiu, membri del direttivo di Pro Vita & Famiglia, che hanno consegnato i doni a dieci madri, italiane e migranti, individuate grazie alla collaborazione del Segretariato sociale per la Vita Onlus, che offre loro assistenza e sostegno.

«Il nostro è un piccolo intervento a sostegno alla genitorialità. Essere madri è una gioia ma quando si tratta di persone prive del supporto del proprio compagno, o dei propri familiari o di una rete relazionale e sociale, può far molto paura» ha proseguito Francesca Romana Poleggi.

I progetti per il sociale sostenuti da Pro Vita & Famiglia nel tempo stati sono diversi: aiuto a famiglie in difficoltà e a mamme che dopo il nostro intervento hanno scelto la Vita, ma anche donazioni per le cure perinatali e prenatali e tanto altro.
«Il nostro impegno» ha concluso Maria Rachele Ruiu, in attesa anche lei del suo secondo figlio «è una risposta concreta alle esigenze delle mamme, soprattutto a quelle lasciate sole in un momento tanto delicato. Nonostante le numerose battaglie, ancora oggi queste donne rappresentano l'anello debole della società invece che una forza e una risorsa. Ognuno di noi è chiamato a supporto di questa missione sociale e noi la sentiamo come nostra battendoci, anche culturalmente, per una controtendenza che possa riportare a crescere, in tutti i sensi, il nostro Paese».

Schlein e Cgil unite contro il Ponte che crea 40.000 posti di lavoro
Elly Schlein (Ansa)
Corteo a Messina per dire no all’opera. Salvini: «Nessuna nuova gara. Si parte nel 2026».

I cantieri per il Ponte sullo Stretto «saranno aperti nel 2026». Il vicepremier e ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, snocciola dati certi e sgombera il campo da illazioni e dubbi proprio nel giorno in cui migliaia di persone (gli organizzatori parlano di 15.000) sono scese in piazza a Messina per dire no al Ponte sullo Stretto. Il «no» vede schierati Pd e Cgil in corteo per opporsi a un’opera che offre «comunque oltre 37.000 posti di lavoro». Nonostante lo stop arrivato dalla Corte dei Conti al progetto, Salvini ha illustrato i prossimi step e ha rassicurato gli italiani: «Non è vero che bisognerà rifare una gara. La gara c’è stata. Ovviamente i costi del 2025 dei materiali, dell’acciaio, del cemento, dell’energia, non sono i costi di dieci anni fa. Questo non perché è cambiato il progetto, ma perché è cambiato il mondo».

Ecco le contestazioni dei pm
Luigi Lovaglio (Ansa)
A Milano si indaga su concerto e ostacolo alla vigilanza nella scalata a Mediobanca. Gli interessati smentiscono. Lovaglio intercettato critica l’ad di Generali Donnet.

La scalata di Mps su Mediobanca continua a produrre scosse giudiziarie. La Procura di Milano indaga sull’Ops. I pm ipotizzano manipolazione del mercato e ostacolo alla vigilanza, ritenendo possibile un coordinamento occulto tra alcuni nuovi soci di Mps e il vertice allora guidato dall’ad Luigi Lovaglio. Gli indagati sono l’imprenditore Francesco Gaetano Caltagirone; Francesco Milleri, presidente della holding Delfin; Romolo Bardin, ad di Delfin; Enrico Cavatorta, dirigente della stessa holding; e lo stesso Lovaglio.

Il Vaticano perno della geopolitica. Ora la nuova «Ekumene» è possibile
Leone XIV (Ansa)
  • La missione di Prevost in Turchia aiuta ad abbattere il «muro» del Mediterraneo tra cristianità e Islam. Considerando anche l’estensione degli Accordi di Abramo, c’è fiducia per una florida regione multireligiosa.
  • Leone XIV visita il tempio musulmano di Istanbul ma si limita a togliere le scarpe. Oggi la partenza per il Libano con il rebus Airbus: pure il suo velivolo va aggiornato.

Lo speciale contiene due articoli.

Faccia tosta Pd: ha massacrato Mps e ora accusa Giorgetti di «opacità»
Pier Carlo Padoan (Ansa)
Schlein chiede al governo di riferire sull’inchiesta. Ma sono i democratici che hanno rovinato il Monte. E il loro Padoan al Tesoro ha messo miliardi pubblici per salvarlo per poi farsi eleggere proprio a Siena...

Quando Elly Schlein parla di «opacità del governo nella scalata Mps su Mediobanca», è difficile trattenere un sorriso. Amaro, s’intende. Perché è difficile ascoltare un appello alla trasparenza proprio dalla segretaria del partito che ha portato il Monte dei Paschi di Siena dall’essere la banca più antica del mondo a un cimitero di esperimenti politici e clientelari. Una rimozione selettiva che, se non fosse pronunciata con serietà, sembrerebbe il copione di una satira. Schlein tuona contro «il ruolo opaco del governo e del Mef», chiede a Giorgetti di presentarsi immediatamente in Parlamento, sventola richieste di trasparenza come fossero trofei morali. Ma evita accuratamente di ricordare che l’opacità vera, quella strutturale, quella che ha devastato la banca, porta un marchio indelebile: il Pci e i suoi eredi. Un marchio inciso nella pietra di Rocca Salimbeni, dove negli anni si è consumato uno dei più grandi scempi finanziari della storia repubblicana. Un conto finale da 8,2 miliardi pagato dallo Stato, cioè dai contribuenti, mentre i signori del «buon governo» locale si dilettavano con le loro clientele.

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