
Ecco le opere finanziate: tra musei del giocattolo e della grappa, campi di padel, skate park, cimiteri e spolverature di libri antichi, montagne di milioni vanno a progetti di accoglienza. Ma noi pensiamo seriamente di aumentare il Pil coi servizi di etnopsichiatria?
L’avevo intuito da tempo, ma ora ne ho la certezza: il Pnrr sarà una monumentale occasione per buttare dalla finestra il denaro dei contribuenti. Altro che Piano nazionale di ripresa e resilienza, quello che ci apprestiamo a varare è un piano nazionale di spreco e inconsistenza. Che non servirà a rilanciare il Paese e nemmeno il suo Pil, ma contribuirà ad affossarlo con una montagna di debiti. Per rendersene conto, è sufficiente scorrere la lista dei progetti approvati che riguardano il «Potenziamento dei servizi e delle infrastrutture sociali di comunità». Si tratta di 112 pagine, bollinate con il marchio NextGenerationEu dell’Unione europea e dell’Agenzia per la coesione territoriale. Nel lungo elenco di interventi che sono stati ammessi e ritenuti idonei a ricevere il finanziamento si trova di tutto, ma in particolare servizi dedicati all’assistenza ai migranti. A Enna, per esempio, è stata autorizzata l’istituzione di un «servizio di etnopsichiatria e azioni di supporto rivolto in particolare a profughi in fuga dalla guerra e servizio di assistenza domiciliare socio-sanitaria». Costo previsto dell’intervento: 3 milioni e 830.000 euro. Costo effettivamente finanziato: 3 milioni e 830.000 euro. Vi chiedete che cosa c’entri un servizio di etnopsichiatria per profughi di guerra con l’assistenza domiciliare? Probabilmente nulla, ma forse dovreste porvi un’altra domanda: che cosa ha a che fare l’etnopsichiatria con la ripresa e la resilienza dell’Italia? Forse qualcuno pensa che grazie all’etnopsichiatria rilanceremo il Pil del Mezzogiorno ed eviteremo che i giovani emigrino altrove? Con l’etnopsichiatria creeremo posti di lavoro durevoli? Ma non vi dovete stupire per il progetto ennese, perché a Riesi, provincia di Caltanissetta, è stato autorizzato un intervento che prevede l’assistenza integrata per anziani e rifugiati. Costo ipotizzato: 1 milione e 64.814 euro. Costo finanziato: 1 milione 64.814 euro. Anche in questo caso vi state interrogando sulle ragioni per cui gli anziani sono messi sullo stesso piano dei rifugiati? Me lo sono chiesto anche io e non ho trovato risposta.
L’elenco continua, con un servizio di assistenza alla integrazione socio-alloggiativa dei migranti da realizzarsi a Santa Domenica Vittoria, in provincia di Messina (300 mila); un potenziamento del centro diurno disabili e interventi di accoglienza e integrazione dei profughi di guerra a Pozzallo, in provincia di Ragusa (1,9 milioni); un altro servizio di etnopsichiatria a Lercara Friddi, Palermo (5 milioni) e dei servizi integrati di assistenza per anziani e per rifugiati a Casteltermini, Agrigento (999 mila e 966 euro). Vi informo: con i progetti di cui sopra non solo è già stata impegnata una decina di milioni, ma siamo appena alla prima pagina di un papello che alla fine accumula una spesa di circa 1,4 miliardi. A pagina due ovviamente si replica, con altri impianti destinati all’accoglienza migranti e all’emergenza socio-abitativa, ma sempre dei richiedenti asilo. Qualche volta c’è una variazione sul tema, come per il Museo dei giochi e del giocattolo medievale 2.0 di Ficarra, Messina, o il Museo della Grappa nel comune di Exilles, in provincia di Torino. Oppure con l’allestimento multimediale dei Musei del pane e del brigante, a Panettieri, Cosenza. O con il Centro vip for Very important people di Pietramontecorvino, in provincia di Foggia, o con un parco avventura (ma inclusivo) a Ucria, Messina. Certo, ci sono tante palestre e piscine, piste di elisoccorso e molti servizi per anziani e altri per l’efficientamento energetico. Ma tra la costruzione di un maneggio (a Pomarance, Pisa), l’istituzione della capitale degli sport di montagna (a Pietracamela, Teramo), campi di padel e campi di calcio ovunque e anche la sistemazione dei cimiteri a Castel Baronia (Avellino), a San Mauro Marchesato (Crotone) e a Terranova da Sibari (Cosenza) eccetera, viene spontaneo chiedersi se questo fosse il famoso piano che doveva rilanciare l’Italia. Dove stanno la ripresa e la resilienza? Nella realizzazione di una nuova schiera di loculi a Rocca di Botte (L’Aquila)? Forse nei nuovi skate park di Fiorano al Serio (Bergamo)e a Taglio di Po (Rovigo)? Oppure nel progetto di «spolveratura» dei volumi antichi previsto dal comune di San Ginesio (Macerata)?
A leggere l’elenco di opere finanziate, si ha l’idea che ogni piccolo centro si sia spremuto le meningi per mungere un po’ di soldi, tanto sono bizzarri alcuni progetti. Ma oltre ad apparire incongrui con l’idea di far ripartire l’Italia, gli interventi finanziati sembrano rispondere a un concetto che ha a che fare più con l’accoglienza degli extracomunitari che con la resilienza degli italiani. Forse qualcuno ha dimenticato che questi soldi non sono gratis, ma vanno restituiti. Sono un prestito, con un tasso d’interesse e dei vincoli. Dunque, o l’investimento rende e consente di far crescere il Pil e rimborsare i creditori, oppure rischia di trasformarsi in una zavorra in più, cioè in debito, che pesa sul bilancio pubblico. Che diremo agli investitori che comprano i titoli di Stato italiano? Che con i soldi della Ue abbiamo fatto le piste di skate board per far divertire i nostri ragazzi? Facciamo una cosa: restituiamo il prestito prima che qualcuno butti i soldi dalla finestra.