2022-02-11
Meno Pil, più inflazione: i conti non tornano
Paolo Gentiloni, commissario Ue all’Economia (Ansa)
La Ue rivede al ribasso le stime di crescita per il 2022, mentre i prezzi continuano la loro corsa. Perfino il Pd si sveglia sul caro energia: verso un nuovo decreto senza scostamento. Intanto sale ancora lo spread.Allacciate le cinture e pregate forte, sta per cominciare il giro della morte dei conti pubblici. Un anno di Mario Draghi al governo si festeggia con lo spread a 161,8 (doppio rispetto a un anno fa, e il più alto da nove mesi) il rendimento del Btp a 1,864 (triplicato in 12 mesi), 164 miliardi di debito in più (ma è quello buono s’intende) e prospettive di crescita al ribasso con la possibilità di non arrivare ai livelli pre pandemici neppure alla fine di quest’anno. Ieri Paolo Gentiloni, commissario all’Economia a Bruxelles in nome e per conto del Pd e dell’Italia, ha fatto sapere che i sogni di gloria sono svaniti nella nebbia dell’inflazione. Cresceremo meno delle attese, attorno al 4,1% (la stima precedente era del 4,3). Già la Banca d’Italia ci aveva fatto sapere che la previsione del ministro dell’Economia Daniele Franco scritta nella Nadef che valeva il 4,4% di crescita è sbagliata. Per Via Nazionale non andremo sopra il 3,8%, Confindustria sta lì e anche uno studio di Coop-Prometeia ci accredita il 4%. Ma c’è da chiedersi: a fronte di questi scenari, immaginare le manovre a sostegno delle imprese, per il caro bollette e via promettendo ha un qualche dato di realtà? A Bruxelles fanno finta di non sapere come stanno davvero le cose a Roma, altrimenti dovrebbero licenziare Christine Lagarde, presidente della Bce, che ogni volta che apre bocca fa disastri sui mercati. Che sono poi il nostro primo e più esigente azionista; da qui il rialzo dello spread. La Lagarde è preoccupata ma tranquilla per l’inflazione. L’ossimoro elevato a politica monetaria. E dice che «se gli spread si allargheranno abbiamo gli strumenti per gestirli». Viene da chiedere: pensa all’acquisto titoli? Finisce tra quattro settimane! Tornando alla conferenza di «er moviola», guardato a vista da Valdis Dombrovskis, il vicepresidente della Commissione e cane da guardia sulla stabilità Ue che ha già detto che «sui debiti bisogna che l’Italia sia dia una mossa» ma è contento per le campagne di vaccinazione e per il recupero dell’occupazione, Gentiloni ha detto che l’area euro crescerà del 4% (era previsto uno 0,3 in più) come tutta l’Unione e che l’inflazione preoccupa ora (punta del 4,8 nel primo trimestre) ma andrà a scendere per attestarsi al 3,5%. In Italia è vista al 3,8. Ieri il vicepresidente della Bce Philip Lane è tornato a dire che non c’è alle viste un rialzo dei tassi e che la Bce non intende strozzare la ripresa nella culla. O forse teme di affossare l’Italia che si porterebbe dietro tutto l’euro. Però c’è tutto un mondo intorno. L’inflazione in Usa viaggia al 7,5% (le Borse hanno sbandato per chiudere poi sulla parità; Milano è cresciuta dello 0,2) e ormai il (primo) rialzo dei tassi a metà marzo è scontato. L’Opec fa sapere che le scorte di petrolio sono al minimo; tradotto: non aspettatevi ribassi. La Bce - che quest’anno ha comprato il 100 % del nostro debito - comunque rallenterà gli acquisiti di titoli, per esaurirli a marzo, e già il governatore della Baca d’Olanda Klaas Knot s’è fatto sentire chiedendo un rialzo dei tassi . Così i mercati si portano avanti con il lavoro e alzano lo spread. Ieri è arrivato a 161,8 con il rendimento del Btp a 1,866. Se va avanti così a fine anno solo di maggiori interessi sono 18 miliardi. Mario Draghi ha perso il tocco magico? È probabile, ma è molto più probabile che i mercati sappiano che i nostri conti non tornano. Si è magnificato il boom del 6,5% del Pil nel 2021, lo fa soprattutto il ministro Renato Brunetta. Proprio un boom però non è stato. Va applicato un deflatore dello 0,7%, il 6,5% è riferito al Pil 2020 che era sprofondato del 9%. A conti fatti per stare alla pari dell’anno pre pandemico ci mancano ancora 70 miliardi. Se cresciamo del 4% quest’anno non facciamo comunque pari perché il deflatore sarà del 2% stando che l’inflazione quasi pareggia l’incremento atteso del Pil. E abbiamo un maggior onere per il servizio del debito che in un anno di governo Draghi è passato da 2570 a 2734 miliardi. Perciò l’impressione è che il governo cerchi di comprare tempo sapendo che l’inflazione gli erode il debito, ma si mangia anche i soldi degli italiani. Per giudicare le magnifiche sorti e progressive di Mario Draghi c’è da farsi anche un’altra domanda. Quando lui - da entrante in Bce e uscente da Bankitalia - il 5 agosto del 2011 scrisse la famosa lettera che dava lo sfratto da Palazzo Chigi a Silvio Berlusconi e al suo ministro dell’Economia Giulio Tremonti, lo spread era a 300 punti, ma il tasso ufficiale della Bce era dell’1,5%. Oggi lo spread è a 161,8 punti, ma il tasso della Bce è a zero. Non sarebbe il caso che qualcuno trovasse la differenza?