Prima volevano che i renitenti pagassero i ricoveri di tasca loro. Adesso si scandalizzano perché alcuni non si lasciano intubare.
Prima volevano che i renitenti pagassero i ricoveri di tasca loro. Adesso si scandalizzano perché alcuni non si lasciano intubare.Sono come i kamikaze? Sono vittime della propaganda? Danneggiano solo sé stessi? O si mettono anche ad aggredire medici e infermieri? Hanno diritto di autodeterminarsi, al pari dei paraplegici che invocano il suicidio assistito? Oppure bisogna forzarli a inocularsi il vaccino? Dobbiamo presentar loro il conto del ricovero in terapia intensiva? O li dobbiamo «curare sempre»?Dopo mesi di grottesca mostrificazione di chi si oppone all’iniezione antivirus, il regime ha aggiornato la dottrina ufficiale. E sui giornali, alla figura del sociopatico che dribbla la siringa, mettendo in pericolo la salute pubblica e la ripresa economica, sta subentrando quella del no vax che respinge ogni terapia. Il medico si prodiga per salvarlo, ma lui glielo impedisce. Si tratta di un’aneddotica, spesso vaga e inaccurata, spacciata per statistica. Tuttavia, al Messaggero, i sanitari raccontano: «È un dramma, li vediamo morire». E gli anestesisti, su La 7, denunciano: in troppi stanno rifiutando le cure. La notizia, semmai, è che le cure esistono: non erano, appunto, una bufala dei no vax?C’è poi chi, come Gabriele Romagnoli sulla Stampa, prova a entrare «nella testa» di questi poveri squilibrati. Forse, sono uomini che cadono in un «equivoco»: pensare che «noi siamo le nostre idee». Forse, sono tipo i combattenti suicidi per l’islam: «È l’incubo dell’ortodossia, che annuncia la notte di individui e, sommandoli, di popoli». Costoro, comunque, non vanno liquidati con «sarcasmo», «derisione», o «condanna», ammonisce Donatella Di Cesare. Di chi è la colpa, se s’infliggono dei danni? «La lista è lunga. Va dai politici che sin dall’inizio hanno sminuito la pandemia» - incluso Sergio Mattarella, che a gennaio 2020 visitava la scuola cinese contro il razzismo? - ai «molti raggiratori di cui pullula ormai lo spazio pubblico». Può darsi, eh. Ma qualcuno ricorda che, fino a poco tempo fa, i no vax erano quelli che il ricovero nemmeno lo meritavano, che dovevano pagarselo di tasca propria? Qualcuno è solleticato dal sospetto che la ghettizzazione del renitente abbia radicalizzato e spinto all’irrazionalità certe posizioni - le quali, giova ribadirlo, nessuna legge ha bandito, visto che, per il momento, il vaccino non è obbligatorio? Lunedì, lo stesso quotidiano torinese, che ieri pontificava sui moventi «incomprensibili» dei no cure, aveva rilanciato l’«allarme» del Sant’Orsola di Bologna: «Un no vax in terapia intensiva costa 3.300 euro al giorno». Solo una settimana fa, i media italiani gongolavano per una sentenza della Corte costituzionale tedesca, che tra l’altro avevano interpretato male. Tutti giubilavano perché Berlino darebbe «la precedenza ai vaccinati» in rianimazione. A fine agosto, alla Regione Lazio veniva addirittura attribuito un «piano» per costringere i no vax a rimborsare gli ospedali, con tanto di proclami bellicosi dell’assessore alla Sanità, Alessio D’Amato. La guerra (in)civile, alimentata per opportunismo politico negli ultimi mesi, avrà mica giocato qualche ruolo, nella polarizzazione financo autolesionista di cui ora, con la faccia fresca, gli ex odiatori si scandalizzano, come se fosse una deriva imprevedibile? «Noi non abbandoniamo nessuno», predicano i camici bianchi su Avvenire. Che, finalmente, riscopre «un forte richiamo all’etica della professione medica». Ebbene: erano etici quei professionisti, pur celebrati da testate Web e quotidiani, che sbraitavano ai no vax: «Vi curo ma mi fate schifo» (il primario di Pesaro)? O li minacciavano: «Vi revoco l’assistenza» (la dottoressa di base nella Val Seriana)? E le infermiere che sghignazzavano, sui social, per il desiderio di «bucare una decina di volte la vena» ai disertori della dose? È questo il genere di amorevoli attenzioni, che ci si aspettava alimentassero la fiducia degli ideologizzati? Che dovevano ricucire il rapporto tra una setta oggettivamente traviata e gli scienziati incompresi? Nell’angoscia degli analisti per il destino dei no cure, poi, emerge una stridente contraddizione. Questi signori, difatti, sono altresì accesi promotori della «dolce morte». È il medesimo attrito che si è prodotto in Austria: vaccino obbligatorio, suicidio assistito libero. Dobbiamo poter decidere come e quando morire, ma non possiamo sottrarci a un trattamento sanitario. La rinuncia al quale, a differenza di quanto sostiene la Di Cesare, non causa «danni alla comunità». Se non in uno scenario - che non è quello italiano, né europeo - in cui i non vaccinati per partito preso sono così tanti, da intasare le corsie e precludere l’accesso ai nosocomi agli altri malati. Se però il criterio è questo qua, cioè se la patologia è imputabile a chi ne è affetto, allora la ramanzina va estesa a fumatori, bevitori, obesi, sessualmente promiscui, cultori di auto e moto veloci, eccetera eccetera. E dall’altro lato, sarebbe arduo sostenere che la legalizzazione dell’eutanasia non avrebbe conseguenze sociali imponderabili: al contrario, altererebbe il significato delle infermità, della vecchiaia, della sofferenza; snaturerebbe la missione del medico, il quale tuttora giura di «non compiere mai atti idonei a provocare deliberatamente la morte di una persona». Ma se l’autodeterminazione rimane l’unico faro etico, perché essa non vale più dinanzi al farmaco anti Covid, o alle bombole dell’ossigeno? Perché il biotestamento trasforma le cure salvavita di una novella Eluana Englaro in accanimento terapeutico, mentre le Dat dell’intubato sarebbero un tabù? Sottesa a molti ragionamenti libertari sull’eutanasia, in fondo, c’è una disumanizzante logica economicista: il vecchio, o il «vegetale», che campano attaccati a una macchina, sono improduttivi e onerosi. Affranchiamoli dal dolore e sgraviamo la collettività dal peso di mantenere le «vite indegne di essere vissute». Chi s’indigna a causa dei 3.300 euro al giorno per ogni no vax in rianimazione, non scorge, in questi no cure, una ghiottissima opportunità di risparmio?
Kaja Kallas (Ansa)
I ministri della Cultura lanciano un appello per far fronte alla presunta minaccia di Vladimir Putin, invocando perfino l’uso del cinema per promuovere i valori dell’Unione. E Kaja Kallas manipola la storia: «Russia mai attaccata negli ultimi 100 anni». Scorda i nazisti...
Il circolo culturale di Bruxelles è salito in cattedra. Non trovando una strada percorribile e condivisa per mettere fine alla guerra in Ucraina, l’Unione europea ha deciso di buttarla sulla Storia, sulle infrastrutture culturali, sulla «resilienza democratica», «sui contenuti dai valori comuni». Armiamoci e studiate. Così ti viene il dubbio: stai a vedere che Fedor Dostoevskij torna ad essere praticabile nelle università italiane e il presidente Sergio Mattarella fra otto giorni va alla prima della Scala ad applaudire Dmitrij Sciostakovic. Niente di tutto questo, con la Russia non si condivide nulla. Lei rimane fuori, oltrecortina: è il nemico alle porte.
Volodymyr Zelensky e il suo braccio destro, Andriy Yermak (Ansa)
Perquisiti dall’Anticorruzione uffici e abitazione del «Cardinale verde»: parte dei fondi neri sarebbe servita a procurargli una casa di lusso. Lui e l’indagato Rustem Umerov dovevano strappare agli Usa una pace meno dura.
Alì Babà. Nelle mille ore (e mille e una notte) di registrazioni, che hanno permesso alle autorità ucraine di ascoltare i «ladroni» della Tangentopoli di Kiev, era quello il nome in codice di Andriy Yermak, braccio destro di Volodymyr Zelensky. Ieri, dopo un blitz degli agenti, è stato costretto a lasciare il suo incarico di capo dello staff del presidente. La Procura anticorruzione (Sapo) e l’Ufficio anticorruzione (Nabu) hanno condotto perquisizioni nel suo appartamento e nei suoi uffici. Non risulta indagato, ma la svolta pare imminente: la testata Dzerkalo Tyzhnia sostiene che a breve saranno trasmessi i capi d’imputazione.
Sergio Mattarella (Getty Images)
Rotondi: «Il presidente ha detto che non permetterà di cambiare le regole a ridosso del voto». Ma nel 2017 fu proprio Re Sergio a firmare il Rosatellum a 4 mesi dalle urne. Ora si rischia un Parlamento bloccato per impedire di eleggere un successore di destra.
Augusto Minzolini riferisce una voce raccolta da Gianfranco Rotondi. Durante un incontro tenuto con l’associazione che raggruppa gli ex parlamentari, Sergio Mattarella si sarebbe lasciato andare a un giudizio tranchant: «Non permetterò che si faccia una legge elettorale a ridosso del voto. Abbiamo avuto l’esperienza del Mattarellum, che fu approvato poco prima delle elezioni, e diversi partiti arrivarono alle urne impreparati. Bisogna dare il tempo alle forze politiche di organizzarsi e prepararsi alle nuove elezioni». Lasciamo perdere il tono usato dal capo dello Stato («non permetterò…» sembra una frase più adatta a un monarca che al presidente di una Repubblica parlamentare, ma forse l’inquilino del Quirinale si sente proprio un sovrano) e andiamo al sodo.
Francesco Saverio Garofani (Imagoeconomica)
Il consigliere anti Meloni applica il detto siciliano: «Piegati giunco che passa la piena».
La piena è passata e il giunco Francesco Saverio Garofani può tirare un sospiro di sollievo. Da giorni tutto tace e il consigliere di fiducia del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sorveglia rinfrancato gli umori dei palazzi e i tam-tam dei media. Calma piatta, le ostilità si sono placate.







