2018-07-28
Macron usa il voto in Libia per emarginare l'Italia
L'Eliseo punta a organizzare le elezioni a dicembre, come ventilato in un incontro (da cui siamo stati esclusi) con i due leader che si sono spartiti il Paese. Una mossa per indebolire l'Italia ora che Palazzo Chigi cerca di tornare protagonista in Africa.Stime negative del Fmi. Nuova polemica: c'è la pressione fiscale più alta d'Europa.Lo speciale contiene due articoliLa Libia rappresenta la faglia geopolitica tra l'Italia e la Francia che rischia di devastare le capacità di ricomposizione dei conflitti dell'Unione europea e di influire pesantemente sul futuro assetto dello scacchiere mediterraneo. Se con la cacciata di Muammar Gheddafi, cogliendo la scusante favorevole delle rivoluzioni arabe di primavera, a Parigi speravano di togliere la Libia alla sfera d'influenza italiana spronando un riassetto più favorevole degli equilibri politici nord africani a lungo congelati, ora incominciano a comprendere che le avventure neocolonialiste portano molti più problemi di quanti possano gestirne dei Paesi che culturalmente non sono più attrezzati ad amministrare politiche di potenza. Oggi siamo lontani dai mesi immediatamente successivi all'intervento, cosiddetto umanitario, della Francia, al quale si accodarono l'Italia ed il Regno Unito per cercare di difendere i propri interessi prevedendo di spezzettare, qualora necessario per contenere le pretese di Parigi, il futuro assetto della Libia in tre Stati ben distinti. Tuttavia da anni oramai la situazione sul terreno, nonostante l'ipocrisia della comunità internazionale che a parole continua a difendere l'unità di facciata dello Stato libico, rispecchia i piani di divisione del Paese sulla base dei confini che in passato definivano la Cirenaica, la Tripolitania e il Fez. Quando negli anni passati i governi italiani erano caratterizzati da una forte debolezza internazionale ed erano disposti a subire ricatti pur di sopravvivere finanziariamente, la nostra presenza in Libia ha avuto un approccio debole con cui si sperava di riuscire a calmierare la pressione migratoria e di non danneggiare le attività dell'Eni. Per dimostrare l'inconsistenza della nostra posizione, a maggio Emmanuel Macron ha perfino convocato a Parigi una riunione di tutte le parti coinvolte nella questione libica escludendo dal consesso i vertici italiani. In quell'occasione il generale Khalifa Haftar, capo indiscusso della Cirenaica, Fayez Al Sarraj, presidente della Libia riconosciuto dall'Onu, e i rappresentanti delle varie istituzioni del Paese africano diedero il loro sostegno - non la firma, in quanto gli attori a vicenda non si riconoscono - alla dichiarazione con cui si fissavano per dicembre le elezioni parlamentari. La settimana scorsa, per sostenere il piano di marcia, il ministro degli Esteri francese Jean Yves Le Drian si è recato in visita in Libia, dove ha incontrato sia i rappresentanti ufficiali di Tripoli, sia quelli della ribelle Tobrouk e si è concesso una chiacchierata anche con Haftar a Bengasi, la città che il generale libico considera il simbolo della sua isolata resistenza contro l'Isis e della quale oggi in gran parte rimangono solo desolanti macerie. Nonostante le frasi di circostanza del ministro francese, riportate con gallica sicumera da Le Figaro, confermino il convincimento che le elezioni possano tenersi prima della fine dell'anno, all'Eliseo la tensione è palpabile. Macron sa bene che l'Italia sta riprendendo geopoliticamente quota e che con poche mosse ben studiate è riuscita a reinserirsi con credibilità tanto nella vicenda libica, quanto in tutte le questioni importanti del Nord Africa. Le danze sono state aperte dal viaggio esplorativo di Matteo Salvini a Tripoli nel mese di giugno. Nel frattempo gli Stati Uniti di Donald Trump sono tornati a preferire Roma a Parigi grazie a una posizione anti tedesca assai più credibile. L'Egitto, alleato americano in Medio Oriente e grande beneficiario delle attività di Eni, ha ricevuto Salvini, che ha così potuto inviare attraverso il presidente egiziano Abd Al Fattah Al Sisi qualche messaggio politico ad Haftar, da mesi alla ricerca di un canale semi ufficiale di comunicazione con il governo italiano che gli permetta di svincolarsi in parte dall'abbraccio di Macron e di segnalare il proprio pragmatismo a Washington. Infine pochi giorni fa si è recata da Al Sarraj il ministro della Difesa italiano, Elisabetta Trenta, per informare le istituzioni libiche sostenute dall'Onu che per l'Italia le elezioni possono essere solo il risultato di un processo inclusivo di stabilizzazione del Paese, e che spera di poter incontrare a breve anche Haftar. L'Italia, con realismo strategico, sta finalmente legittimando il secondo fronte di comunicazione rubando Haftar alla Francia, abilitandone la figura internazionalmente e contestando l'ammissibilità geostarategica di una Libia protettorato francese. La settimana prossima l'assemblea della Cirenaica dovrebbe avviare le procedure legislative per le elezioni di dicembre. A questo punto è assai facile prevedere che la complessità dello scacchiere sociale libico e le forti rivalità personali dei principali attori coinvolti ostacoleranno lo svolgimento delle elezioni così come programmate da Parigi senza l'Italia. Ma soprattutto non è difficile prevedere che Parigi utilizzerà nei prossimi mesi ogni mezzo per indebolire l'immagine e la stabilità del nostro Paese a livello internazionale. Quel che manca all'Italia è un sistema d'intelligence economica e geopolitica da anni implementato da tutti i principali Paesi rivali, e in cui Parigi è storicamente all'avanguardia.Laris Gaiser<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/macron-usa-il-voto-in-libia-per-emarginarci-2590432006.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="il-pil-francese-rallenta-male-i-consumi" data-post-id="2590432006" data-published-at="1758200823" data-use-pagination="False"> Il Pil francese rallenta. Male i consumi L'economia francese fa acqua da tutte le parti. A dirlo sono istituzioni importanti come il Fondo monetario internazionale o l'istituto di statistica e analisi economica dell'Esagono, l'Insee. Come spiega l'Istat francese, nella lettura preliminare dei dati del secondo trimestre 2018, il prodotto interno lordo è cresciuto dello 0,2% rispetto allo stesso trimestre 2017 e del 2,2% a livello annuale. Si tratta di un rallentamento rispetto all'incremento dello 0,3% avvenuto lo scorso anno, giudicato in modo negativo anche perché gli economisti si aspettavano un aumento almeno dello 0,3%. L'economia francese è cresciuta meno delle attese a causa «di problemi interni aggravati anche dall'aumento dei prezzi petroliferi e dall'incertezza sul commercio», commentano gli analisti di Unicredit. La domanda domestica «è rimasta debole a seguito della delusione dai consumi delle famiglie, mentre il calo delle esportazioni è stato compensato dalla crescita delle scorte», concludono gli esperti. La spesa dei consumatori francesi, infatti, è cresciuta a giugno solo dello 0,1% a livello mensile e dello 0,3% su base annuale. Il dato, anche in questo caso, è più basso rispetto alle proiezioni degli analisti, che si aspettavano un rialzo su base mensile dello 0,5%. «L'economia della Francia deve ancora stabilizzarsi», commenta Matthew Pennill di Morgan Stanley, secondo cui «la crescita francese dovrebbe vedere un rimbalzo nel secondo semestre, con la progressiva scomparsa dei venti contrari ai consumatori». Più in dettaglio, «il balzo degli investimenti dopo un inizio anno difficile suggerisce come sia in corso un'espansione più solida delle attese». «La spesa delle famiglie ha deluso ancora», prosegue Pennill, aggiungendo che la stima di Morgan Stanley sull'intera Eurozona è stata rivista a +0,4% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Che Parigi non navighi in buone acque lo dimostrano anche le previsioni dell'Fmi. Secondo l'istituto guidato da Christine Lagarde, il Pil il prossimo anno è destinata a rallentare un po'. Se il prodotto interno lordo quest'anno dovrebbe fermarsi a quota 1,8%, per il 2019 le previsioni bloccano l'asticella all'1,7%. Come spiegano dal consiglio dei direttori esecutivi del Fondo monetario internazionale, «la Francia è vittima di tensioni interne a livello commerciale e di una certa dose di rischio geopolitico e altre problematiche in arrivo dall'Europa. Un fattore che peserà sulle prospettive di crescita del Paese». Per questo il consiglio è di correre subito ai ripari cercando quanto prima di risolvere i problemi strutturali dell'economia francese: disoccupazione, scarsa competitività e alti livelli di indebitamento, sia privato sia pubblico. In effetti la Francia, in fatto di economia, sembra aver poco da insegnare all'Italia. Il Paese presieduto da Emmanuel Macron quest'anno è quello con la maggiore pressione fiscale d'Europa. I lavoratori francesi sono infatti gli ultimi in Europa a vedere il giorno della «liberazione fiscale», quando cioè i cittadini smettono di lavorare per pagare le tasse e iniziano a guadagnare per loro stessi. Quel giorno per i francesi è caduto ieri, il 27 luglio. Ben oltre il Belgio (10 luglio) e persino oltre Germania, Italia e Grecia, dove la liberazione dalle tasse è avvenuto l'8 luglio. Medaglia d'oro al Regno Unito: chi lavora in Gran Bretagna ha iniziato a guadagnare per sé a partire dall'8 maggio. L'unica nota positiva per i lavoratori francesi è che nel 2018 gli è andata meglio che nel 2017. L'anno scorso il cosiddetto tax freedom day è arrivato il 29 luglio. In poche parole, su 12 mesi, l'anno scorso ogni francese ha dovuto lavorare sette mesi per far fronte alle richieste dello Stato, riuscendo addirittura a fare peggio di Paesi fiscalmente inguaiati come Grecia e Italia. Gianluca Baldini
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)