Lo Stato affronta il virus senza armi. Adesso persino Borrelli lo ammette

Lo Stato affronta il virus senza armi. Adesso persino Borrelli lo ammette
Angelo Borrelli (Stefano Montesi, Corbis, Getty Images)
C'è voluto del tempo, ma alla fine se n'è convinto perfino Angelo Borrelli, che ieri, con venti giorni di ritardo su ciò che auspicavo, a Repubblica ha confidato: «Nei momenti speciali servono leggi speciali. La Protezione civile ha bisogno di rapidità: non siamo burocrati». Peccato che il 5 marzo il capo della Protezione civile la pensasse in maniera diametralmente opposta e si fosse risentito, al punto di scrivermi una puntuta lettera di risposta, proprio perché nell'editoriale sulla Verità avevo sollecitato contro il coronavirus la nomina di un «commissario con poteri speciali». Sì, l'articolo esordiva così, chiedendo che nella lotta contro l'epidemia ci fosse un uomo esperto al comando, al quale fosse consentita l'adozione di procedure che saltassero «a piè pari la burocrazia e le lentezze della macchina amministrativa». Borrelli, forse temendo che le critiche facessero vacillare la sua poltrona, aveva replicato esibendo il suo curriculum sul fronte delle emergenze, come a dire: non c'è bisogno di nessun altro, basto io. Quel giorno, ossia molte vittime fa, il capo della Protezione ci tenne a elencare nel dettaglio le misure prese per contenere l'epidemia, specificando, tra l'altro, che il dipartimento da lui diretto era intervenuto «per reperire anche all'estero i dispositivi necessari soprattutto per il personale sanitario e i pazienti affetti da coronavirus». Ma ora, con venti giorni di ritardo e migliaia di contagi fra medici e infermieri, Borrelli ammette senza imbarazzi che niente di tutto ciò si è verificato. Le mascherine non ci sono e «temo che dall'estero non ne arriveranno più». «Siamo arrivati tardi», è l'amara conclusione del numero uno della Protezione civile, che, per ovviare all'inconveniente del mancato reperimento di dispositivi contro il virus, suggerisce di far partire la produzione nazionale «il prima possibile», ma questo lo sapevamo anche noi.

Ovviamente non ce n'era bisogno, perché le testimonianze dell'impreparazione con cui abbiamo affrontato questa guerra le abbiamo lette e ascoltate tutti. Tuttavia quella di Borrelli è la confessione senza se e senza ma di una sconfitta. Anzi, l'intervista a Repubblica è la certificazione di un disastro, peraltro annunciato. In quell'articolo di venti giorni fa sostenevo che non si può combattere a mani nude contro un'epidemia e l'uomo che ogni sera ci aggiorna sui morti, nella sua lettera, obbiettò che nessuno era costretto a combattere a mani nude. «Voglio tranquillizzare i suoi lettori», scrisse con un tono indispettito. La realtà ci ha dimostrato invece che non c'era alcun motivo per essere tranquilli, perché i nostri soldati, ossia i medici e gli infermieri, nel rispetto della storia patria, cioè come in tutti i conflitti mondiali, sono stati mandati al fronte disarmati.

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La parabola di Aimo Moroni parte dal pollaio
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.

È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.

«L’abito industriale avvolge il corpo, quello sartoriale veste l’anima»
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».

C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.

Non solo droghe: i giovani provano a riempire il vuoto con gioco e porno
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.

Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!

Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.

Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».

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