2025-10-28
«La condanna del profitto genera povertà»
Pubblicata anche in Italia l’autobiografia di Javier Milei, il presidente argentino che ha stravinto le elezioni di metà mandato. La sua missione è riabilitare il capitalismo come principale leva di sviluppo: «Punire chi guadagna non porta giustizia sociale».Proponiamo, per gentile concessione dell’editore, un estratto dell’autobiografia di Javier Milei (Il cammino del libertario), che alle elezioni di «midterm» ha ottenuto il 40%La più grande sfida ai valori etici del capitalismo del libero mercato «viene da marxisti, socialisti e comunisti». Il sistema «viene attaccato principalmente da un punto di vista etico, affermando che è materialista, egoista, ingiusto, immorale, selvaggiamente competitivo, insensibile, distruttivo e crudele». Tuttavia, nonostante gli attacchi, colpisce che ogni miglioramento economico dipenda dall’accumulazione di capitale, dal costante aumento della produzione e dal miglioramento dei suoi strumenti, e che il capitalismo abbia fatto più di ogni altro sistema per promuovere questo benessere. Se dunque «vale la pena difendere il sistema capitalista, è inutile limitarsi a difenderlo dal punto di vista tecnico, sostenendo che è enormemente più produttivo» ed efficiente, «a meno che non si riesca a dimostrare che gli attacchi socialisti basati sull’etica sono falsi e privi di qualsiasi fondamento», e che l’argomento riguardante la disuguaglianza dei redditi è stato l’emblema di errori che hanno causato fin troppo danno all’umanità. […]Il contrasto tra poveri e ricchi, tra capanna e palazzo, tra lavoratori e capitalisti è la grande questione che muove più o meno violentemente gli uomini da secoli, e quando il contrasto si fa più acuto, emergono sempre paladini dell’uguaglianza e della giustizia a mettere in discussione i risultati dell’economia di libero mercato. Tuttavia, vale la pena notare che la distribuzione del reddito è ovunque ineguale, nel senso che vi è un gran numero di redditi piccoli rispetto a un numero piccolo di grandi rendite. È in questo contesto che appare il concetto di giustizia sociale, che viene usato come sinonimo di giustizia distributiva e dà luogo all’instaurazione di un sistema fiscale progressivo, il quale fu proposto da Marx ed Engels nel 1848 come un modo per espoliare la borghesia del suo capitale per poi trasferirlo allo Stato. Tuttavia, il processo di mercato, come segnala Hayek, «corrisponde […] alla definizione di gioco» e, come tale, rappresenta una competizione giocata secondo regole e decisa da abilità superiore e/o buona sorte. In questo gioco, i prezzi del libero mercato rivestono un ruolo chiave: indicano quali beni produrre e quali mezzi utilizzare per produrli. Inoltre, gli individui, cercando di massimizzare i propri guadagni entro tali prezzi, faranno tutto il possibile per migliorare il benessere di qualunque membro della società, garantendo al tempo stesso che tutta la conoscenza disseminata nella società venga presa in considerazione e utilizzata. Pertanto, considerando giusta quella regola di remunerazione che contribuisce a massimizzare le opportunità di qualsiasi membro della comunità scelto a caso, dovremmo ritenere che sono le remunerazioni determinate dal mercato libero da interventi a essere giuste. Naturalmente, il risultato del gioco del mercato o «catallassi» implicherà che molti avranno più di quanto i loro consimili pensino che essi meritano, e ancora molti di più avranno considerevolmente meno di quanto i loro simili pensano che dovrebbero avere. […]In questo contesto, non sorprende che così tante persone vogliano correggere la situazione attraverso un «atto autoritario di redistribuzione». Tuttavia, se gli individui o gruppi accettano come giusti i loro guadagni nel gioco, è ingannevole che invochino i poteri coercitivi del governo per dirottare a proprio favore il flusso dei beni. E in verità, quando i governi discriminano coercitivamente tra i governati e iniziano a manipolare i segnali dei prezzi di mercato nella speranza di avvantaggiare determinati gruppi, ciò porta al collasso dei risultati di crescita e prosperità. Alla luce di ciò, quando esaminiamo le basi delle rivendicazioni di giustizia sociale, scopriamo che queste si fondano sul malcontento che il successo di alcuni uomini produce nei meno fortunati o, per dirla direttamente, sull’invidia. In effetti, la moderna tendenza a soddisfare tale passione mascherandola sotto la rispettabile veste della giustizia sociale rappresenta una seria minaccia per la libertà. In questo senso, vale la pena ricordare che il grande obiettivo della lotta per la libertà è stato quello di raggiungere l’uguaglianza di tutti gli esseri umani davanti alla legge. Ogni tentativo di controllare una parte delle remunerazioni attraverso un sistema di imposte progressive non solo redistribuisce in modo violento ciò che il mercato ha distribuito, ma implica anche un trattamento diseguale di fronte alla legge. Così infatti, maggiore sarà il successo, più che proporzionale sarà la punizione fiscale. Ciò darebbe origine a un tipo di società che in tutti i suoi tratti fondamentali sarebbe l’opposto di una società libera. La giustizia sociale non solo è ingiusta, ma porta anche a un modello totalitario. […] Probabilmente nessun altro aspetto morale del capitalismo ha provocato controversie così aspre o suscitato emozioni così violente come quello legato alla giustizia dell’economia di mercato. I critici del capitalismo denunciano questo sistema come sfruttatore, e la ragione per cui è disprezzato in gran parte del mondo è dovuta al fatto che molti lo vedono come un sistema eretto sull’ingiustizia, come se questa fosse una delle sue caratteristiche essenziali e definitorie. È a causa di questa violenta antipatia verso il capitalismo e preconcetto della sua ingiustizia che in nessun Paese moderno è stato permesso che il sistema fiorisca senza imporvi restrizioni. […] Agli occhi di chi paradossalmente si considera «progressista» e di coloro che abbracciano idee di sinistra, il difetto principale del capitalismo è la distribuzione ineguale del reddito e della ricchezza. In tal senso, il fine ultimo delle loro proposte politiche è il raggiungimento dell’uguaglianza, mentre i loro metodi per raggiungere l’espropriazione totale dei mezzi di produzione differiscono solo nella velocità. [...] In questa «logica» dunque il profitto aziendale viene rifiutato perché ritenuto immeritato, in quanto rappresenta un lucro ingiustamente sottratto ai lavoratori o ai consumatori, o a entrambi. […]Perciò, di fronte al colossale fallimento storico del comunismo (socialismo reale), coloro che vogliono presentarsi come moderati e generosi sono favorevoli ad accettare che una frazione dei redditi debba essere destinata alla retribuzione del capitale investito fornito dagli «sfruttatori». Friedrich von Hayek sottolinea che «se i socialisti sapessero di economia, non sarebbero socialisti». Infatti, «tutte le ragioni addotte a sostegno di una politica anti-profitto sono frutto di un’interpretazione erronea del funzionamento dell’economia di mercato». […]Quando arriva la melliflua serenata progressista, che si lagna per la «diseguale» distribuzione del reddito, frutto della presenza di «guadagni eccessivi», e partendo da ciò pretende di punire i vincenti con tasse progressive (discriminatorie), si finisce per danneggiare i più vulnerabili. Un’imposta progressiva costituisce un privilegio per i relativamente più ricchi, poiché ostacola l’ascesa nella piramide della ricchezza e produce un sistema di immobilismo e rigidità sociale. […]Pertanto, se la vera intenzione è che l’Argentina esca dall’inferno della decadenza in cui è sommersa da 90 anni, dobbiamo cancellare la prima lezione della politica e tornare all’ordine liberale, che in 35 anni ci fece lasciare alle spalle la barbarie per diventare il Paese più ricco del mondo.
Siska De Ruysscher @Instagram
(Esercito Italiano)
Si è conclusa nei giorni scorsi in Slovenia l’esercitazione internazionale «Triglav Star 2025», che per circa tre settimane ha visto impegnato un plotone del 5° Reggimento Alpini al fianco di unità spagnole, slovene e ungheresi.
L'esercitazione si è articolata in due moduli: il primo dedicato alla mobilità in ambiente montano, finalizzato ad affinare le capacità tecniche di movimento su terreni impervi e difficilmente accessibili; il secondo focalizzato sulla condotta di operazioni offensive tra unità contrapposte. L’area delle esercitazioni ha compreso l’altopiano della Jelovica, nella regione di Gorenjska, e il massiccio del Ratitovec, tra i 900 e i 1.700 metri di altitudine.
La «Triglav Star 2025» è culminata in un’esercitazione continuativa durata 72 ore, durante la quale i militari hanno affrontato condizioni meteorologiche avverse – con terreno innevato e fangoso e intense raffiche di vento in quota. Nella fase finale, il plotone italiano è stato integrato in un complesso minore multinazionale a guida spagnola. La partecipazione di numerosi Paesi dell’Alleanza Atlantica ha rappresentato un’importante occasione di confronto, favorendo lo scambio di esperienze e competenze.
La «Triglav Star 2025» si è rivelata ottima occasione di crescita, contribuendo in modo significativo a rafforzare l’integrazione e l’interoperabilità tra le forze armate dei Paesi partecipanti.
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Richard Gere con il direttore di Open Arms Oscar Camps (Getty Images)