2023-10-16
Leonardo Tricarico: «Troppe critiche a Israele, i suoi raid sono necessari»
Leonardo Tricarico (Imagoeconomica)
Il generale: «Non potrà evitare di fare vittime civili, ma non ha altra scelta. Hamas è isolato nel mondo arabo, però sradicarlo da Gaza è difficile. Gli Usa? Non hanno colpe».Generale Leonardo Tricarico, conosciuto come Dino, già capo di Stato Maggiore della nostra aeronautica, le chiederò di parlarmi da soldato su quello che sta accadendo e che accadrà a Gaza nella guerra fra Hamas ed esercito israeliano.«Già è sbagliato chiamarla guerra. Gli americani sono fissati con gli acronimi. Ne hanno coniato uno quando sono emerse queste situazioni: Mootw. Military Operation Other Than War. Un’operazione militare che però non è guerra. Un’operazione militare antiterrorismo di dimensioni mai viste prima». Comprendo…«Qui non siamo di fronte ad uno scontro simmetrico fra due eserciti regolari che si fronteggiano, come ad esempio nel caso di Russia ed Ucraina. Ma è un conflitto altamente asimmetrico. Sia per le dimensioni che per l’identità dei contendenti. Hamas ha tentacoli ovunque, così come la testa. Debellarla è maledettamente difficile».Hamas, del resto, ha detto che giustizierà gli ostaggi uno ad uno qualora Israele colpisse i suoi obiettivi senza preavviso. Come se quei tagliagole avessero fatto altrettanto il 7 ottobre.«Se venissero già consegnati gli ostaggi sarebbe un grosso passo in avanti per evitare ogni escalation, infatti».E qui sta la difficoltà!«Mi dica quale altra forza armata al mondo avvisa prima di fare un bombardamento. Dicendo anche quali saranno gli obiettivi». Direi nessuna.«Golda Meir, premier israeliano, diceva: “Potremo perdonarvi per aver ucciso i nostri figli ma non per averci costretto a fare altrettanto con i vostri”. E una cosa è certa…» (pausa, ndr)Prego…«Laddove gli israeliani possono, cercano di evitare come nessun altro, a meno che qualcuno non me ne porti evidenza, la perdita di vite di non combattenti. Ma è chiaro che nel caso specifico non si può fare molto di più di quello che Israele sta facendo perché gli obiettivi militari che si possono considerare legittimi spesso, se non sempre, in quella striscia si sovrappongono anche in misura pari al 100% con infrastrutture civili. Non a caso il capo di Stato Maggiore della Difesa israeliana ha dovuto specificarlo».Cioè…«“Faremo operazioni di attacco aereo con ingaggio di precisione, ma non chirurgiche” è stato ciò che ha detto. E lo abbiamo visto. Ci sono palazzi che con un singolo colpo sono crollati come castelli di carte. Noterà, ad esempio, la differenza con le immagini che vengono dall’Ucraina. Dove a seguito dei bombardamenti russi vediamo piuttosto palazzi ancora in piedi, anche se ridotti a delle formaggiere. E qui devo fare una seconda considerazione».Prego…«L’opinione pubblica, a differenza di ciò che accade in Ucraina, sembra avere sulla questione israeliana uno spirito critico non sempre giustificabile. Vedo troppi toni ultimativi e sbrigativi contro le tecniche utilizzate da Israele, che in quel teatro non possono essere diverse rispetto a quelle attuate».Come è prefigurabile un’operazione militare speciale su un territorio così vasto?«Non sarà un D-day. Non sarà un’operazione modello sbarco in Normandia per intendersi. E nessuno si illuda di condizionare Israele, perché loro hanno sicuramente bene in testa cosa fare. La difficoltà sta nel fatto che dovranno scandagliare il territorio palmo a palmo utilizzando contemporaneamente esercito, forze speciali ed intelligence, minimizzando le perdite civili che ovviamente Hamas tiene come scudo umano. Impossibile prefigurare quanto tempo sia necessario».L’intelligence di Israele è la prima al mondo. Per questo viene difficile pensare che sia stato semplice forarla arrivando al massacro del 7 ottobre. Lei sa che le interpretazioni malevole si sprecano in proposito.«L’intelligence israeliana è stata sempre la prima al mondo a coniugare la moderna tecnologia con la presenza umana sul territorio. E questa schiera di confidenti rimane e sarà abbondantemente utilizzata per scoprire gli obiettivi da colpire. Anche il dirimpettaio di casa ha spesso collaborato con l’intelligence israeliana. Mi creda, c’è una parte importante del mondo arabo che non condivide assolutamente i comportamenti di questi terroristi».A maggior ragione emergono le perplessità su ciò che è avvenuto il 7 ottobre. Poteva tutto essere evitato?«Io mi sono fatto una mia idea, avendo passato una vita in armi. Ed è chiaramente una mia opinione. La divisione interna nel Paese ha avuto un impatto enorme. Ma in questo caso parlerei di management politico tragico da parte di Netanyahu, che infatti mi auguro sia quanto prima spazzato via dagli elettori alla prima elezione utile. Israele è arrivata dilaniata e divisa con manifestazioni e scontri interni durati per oltre 38 settimane. Il tutto mentre Hamas ha preparato nei minimi particolari queste efferatezze. A ciò si aggiungano due ulteriori errori. Uno di sottovalutazione e l’altro di speculare sopravvalutazione».Vale a dire…«In tutti questi anni nell’immaginario collettivo si è consolidata un’immagine di sostanziale arretratezza tecnologica e militare unita ad una certa disorganizzazione, per quanto riguarda le capacità offensive dei miliziani islamici».Basti pensare all’intifada e alle iconiche immagini dei ribelli in kefiah.«Esatto… sassi e poco più. Magari qualche cecchino. E questo errore di percezione ha finito anche per condizionare gli apparati di intelligence israeliani che si sono, come dire, seduti di fronte a questa rappresentazione. Senza considerare il fatto che il terrore, a differenza di una guerra, puoi efficacemente spargerlo anche usando armi rudimentali come appunto pietre ed asce».I video sui social network delle crudeli esecuzioni fanno il resto.«Ed anche sulla disorganizzazione è bene intendersi. La rete del terrore non ha bisogno di un’organizzazione gerarchica e strutturata come quella di un esercito regolare. È sufficiente una rete ramificata di migliaia di cellule combattenti o lupi solitari attivabili da un referente che ne controlla molte decine».Nessun lupo conosce gli altri lupi se non pochi. Nessun referente conosce gli altri referenti se non pochi…«E questo fa sì che se anche arrivi a disattivare attraverso le forze dell’ordine e di intelligence la singola cellula, lì ti fermi e non riesci ad arrivare a tutto il resto».C’è poi il tema della sopravvalutazione di cui parlava prima.«Sopravvalutazione della capacità della tecnologia di sopperire al fattore umano. Arrivato debole appunto per la situazione di forte debolezza politica interna allo stato di Israele».Si parla di due anni come tempo necessario alle forze di Hamas per arrivare ad organizzare l’azione del 7 ottobre.«A conferma della sostanziale arretratezza di cui parlavo prima. Un esercito regolare con forze dedicate riuscirebbe ad organizzare azioni del genere nel giro di qualche settimana».Quanti uomini potrebbe aver impiegato Hamas per questa azione efferata?«Poche centinaia. E consideri che Hamas, secondo le stime, può contare su effettivi che vanno da 17.000 a 20.000 uomini».L’Italia è al sicuro?«Abbiamo un apparato di intelligence e forze dell’ordine di primo livello. Ma purtroppo bisogna essere onesti. Forse non siamo al sicuro come lo eravamo negli anni Novanta. La situazione geopolitica internazionale è completamente cambiata ed è ancor più indecifrabile. Abbiamo immigrati di seconda generazione che non si sono integrati affatto. Una sorta di “francesizzazione” delle nostre periferie che io vedo nitida. Accanto a una difficoltà significativamente maggiore di tenere il fenomeno della radicalizzazione sotto pieno controllo».Il mondo arabo è compatto?«In realtà Hamas è molto più isolata di quanto non si creda all’interno del mondo arabo. Fatta ovviamente eccezione del supporto iraniano. La reazione del mondo arabo in generale, in questo momento, è stata quella di fare “il pesce nel barile”. L’Arabia Saudita ha messo in ghiacciaia i cosiddetti accordi di Abramo voluti dall’amministrazione Trump e che avrebbero messo fuori gioco l’Iran rispetto al resto del mondo arabo propenso a dialogare con Israele. Mi sentirei di dire che è stata una reazione comprensibile, volta verosimilmente a raffreddare la tensione. Insistere platealmente su questi accordi sarebbe apparsa come una provocazione». Gli Usa hanno una responsabilità in termini di colpa su quanto accaduto?«Lei sa che sul conflitto Russia Ucraina io ho avuto una posizione molto poco convenzionale. Ma in questo caso dico proprio di no».
Massimiliano Fedriga (Ansa)