Italiani nel mirino dei trafficanti di uomini perché paghiamo i riscatti più alti di tutti

Un branco di lupi a bordo di jeep. Hanno fiutato la preda e mentre la braccavano ne assaporavano già la carne succosa. Questo sono gli italiani in Libia: prede. E piuttosto appetitose, anche.

Bruno Cacace ha 56 anni. Originario di Borgo San Dalmazzo in provincia di Cuneo, è in Libia da circa dieci anni: sarebbe dovuto rientrare a casa domenica. Danilo Calonego viene dalla provincia di Belluno, e ha 66 anni. Entrambi lavorano per la Contratti Italiani Costruzioni (Con.I.Cos.) di Mondovì. Li hanno catturati - assieme a un cittadino canadese - a Ghat, nel sud del Paese, nei pressi del locale aeroporto. Secondo alcune fonti, avrebbe dovuto trattarsi di un sequestro lampo, con il riscatto pagato sull'unghia e senza perdere tempo. Ma forse qualcosa è andato storto, e ora la situazione si fa complicata.

La zona in cui è avvenuto il sequestro è controllata dal governo di unità nazionale di Tripoli, riconosciuto dall'Onu e, almeno in teoria, non dovrebbe trattarsi di un campo d'azione jihadista. D'altra parte, finora non è giunta alcuna rivendicazione da parte di gruppi combattenti. Secondo il sindaco di Ghat, Komani Mohamed Saleh, i due italiani sono stati rapiti da un gruppo di fuorilegge, già noto alle autorità, ma questo non ci rende più tranquilli. Il confine fra la criminalità organizzata e le bande jihadiste, in Libia e nel Maghreb, è a dir poco poroso. Ci sono trafficanti di uomini prestati alla guerra di Allah per convenienza, e fanatici religiosi che rapiscono gli occidentali per finanziare la propria causa assassina. Talvolta gli ostaggi passano di mano in mano, e il loro prezzo sale.

Se si vuole capire perché gli occidentali e gli italiani in particolare vengano rapiti bisogna gettare uno sguardo sul mercato più orrendo che ci sia: quello degli esseri viventi. Un giro d'affari che, negli ultimi dieci anni, è cresciuto esponenzialmente. Le varie primavere arabe e gli sconsiderati interventi militari hanno destabilizzato larghe aree dell'Africa e del Medio Oriente. Gli jihadisti imperversano e si sono imposti con forza crescente. E i criminali hanno fiutato l'affare. A spiegarlo è Loretta Napoleoni, studiosa celebre per le sue posizioni controcorrente sul versante economico, ma nota anche per il suo approfondito lavoro sul terrorismo. Negli Stati Uniti e in Gran Bretagna è appena uscito il suo nuovo libro, intitolato Merchants of Men (Mercanti di uomini), un'inchiesta estremamente documentata - e a tratti sconcertante - sui rapimenti e il traffico di immigrati.

«La Libia è un mercato abbastanza sviluppato per quanto riguarda i rapimenti sin dai tempi di Gheddafi», ci spiega la Napoleoni. «Bisogna capire che i rapimenti non sono un business molto facile. O, meglio, sequestrare qualcuno è facile, ma tenere prigioniero un ostaggio è complicato e molto costoso. Motivo per cui serve una struttura». In Libia, questa struttura esiste dai tempi di Gheddafi, e si è rodata grazie al traffico di immigrati, ma anche attraverso il contrabbando e la vendita di droga. «La Libia è ancora un Paese molto destabilizzato», continua la studiosa. «Il nuovo governo si è insediato, e sono state riaperte le concessioni di visti per viaggiare. Si tratta di un messaggio chiaro, è come dire che la situazione è sotto controllo. Ma non è assolutamente vero. La presenza di jihadisti e di uomini dello Stato islamico è ancora schiacciante. E il rapimento è una delle forme più semplici e remunerative per finanziarsi che hanno».

L'invio di truppe italiane in Libia, inevitabilmente, suggerisce l'inquietante idea di una «risposta» al nostro intervento. Ma il motivo per cui sono stati sequestrati i due italiani potrebbe essere molto più semplice, e molto più banale: i soldi. «Gli italiani sono quelli che pagano di più, sono belle prede», spiega la Napoleoni. Basti pensare al caso di Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, rapite in Siria nel 2014. «Un membro dell'unità di crisi italiana», racconta nel suo libro la Napoleoni, «scherzava sul fatto che liberarle è costato all'Italia un punto di Pil: 13 milioni di euro». Per quanto riguarda il canadese rapito a Ghat assieme ai nostri connazionali, il discorso potrebbe essere diverso. «Il Canada ufficialmente non paga. Però consente alle famiglie di negoziare e pagare. Questo significa che i riscatti sono molto più bassi, certo non di 13 milioni come per Greta e Vanessa. Quella è una cifra con cui una organizzazione jihadista, anche una grande, può sostenersi per un paio d'anni».

L'aumento dei prezzi degli ostaggi, dai primi anni Duemila a oggi, è impressionante. Nel 2004, liberare un prigioniero occidentale in Iraq costava circa 2 milioni di dollari. Oggi ne possono servire oltre dieci. Contemporaneamente è salito il costo della sicurezza: una compagnia privata specializzata in contrasto ai rapimenti dieci anni fa chiedeva 1000 dollari al giorno, oggi siamo sui 3000. Nel caso dei due italiani sequestrati in Libia, quello della sicurezza resta un punto oscuro. Avevano sempre avuto la scorta, ma nei giorni precedenti il sequestro gli era stata tolta. Alla fine, rimediare ai danni tocca ai governi. Ecco perché le cifre richieste per i riscatti diventano sempre più elevate. «I prezzi sono aumentati per il semplice motivo che i governi pagano», dice Loretta Napoleoni. «Se dai da mangiare agli orsi, gli orsi torneranno da te per avere sempre di più».

Inoltre, c'è da considerare l'aspetto della concorrenza. «I governi sono in competizione fra loro. Ora il governo italiano negozierà da solo per gli ostaggi, per riportarli a casa prima dei canadesi. Questa è concorrenza. Lo stesso succede con gli informatori sul territorio, i fixer: vengono contattati da vari governi, e quello che paga di più si prende i migliori. In tutto questo, chi ci guadagna sono i rapitori».

Certo, ufficialmente il governo italiano non foraggia i terroristi. Anche sul caso di Greta e Vanessa fu mantenuto il massimo riserbo, nonostante circolassero parecchie notizie sui pagamenti. «La verità è che pagano tutti», dice la Napoleoni. «Anche gli Usa pagano: non con denaro, ma attraverso scambi. Pensate forse che i nostri ostaggi ci vengano restituiti perché siamo belli? Se non si paga, gli ostaggi vengono uccisi».

Sono le regole del business. Spietato, ma estremamente redditizio. «Jihadisti e trafficanti che una volta commerciavano droga, oggi si sono buttati sulla tratta di uomini», sospira Loretta Napoleoni. «Guadagnano di più. E se affonda una nave carica di migranti, pazienza. Se affonda una nave piena di coca è un danno».

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