Nel procedimento sul presunto team di spioni capitolini della Squadra Fiore c’è un filone che procede velocemente e su cui i pm, evidentemente, vogliono chiudere in fretta. Nasce da uno stralcio dell’inchiesta di Milano sui cugini meneghini della Squadra Fiore, ovvero gli specialisti dell’agenzia investigativa Equalize, capitanati dal geometra-hacker Samuele Calamucci e dall’ex poliziotto (deceduto il 9 marzo scorso) Carmine Gallo. Le captazioni hanno permesso di registrare le chiacchiere in libertà dell’ingegner Lorenzo Sbraccia (attualmente ai domiciliari con l’accusa di estorsione aggravata dal metodo mafioso), imprenditore nel settore dell’edilizia, appassionato di sicurezza e amico dell’ex vicepresidente del Csm Giovanni Legnini, già parlamentare dem e oggi avvocato.
Con le sue parole Sbraccia, preoccupato di avere segnalazioni di operazioni sospette sul groppone alla vigilia di alcuni importanti affari, ha inguaiato Legnini e anche il generale Giuseppe Zafarana, all’epoca comandante generale della Guardia di finanza e oggi presidente dell’Eni.
Calamucci e Gallo, con i magistrati milanesi e romani, avevano già tirato in ballo l’ex numero due del Csm per questioni legate a una nomina a procuratore di Larino, per cui sarebbe stata pagata una robusta mazzetta, e per presunti appalti pilotati nella ricostruzione di Ischia, quando Legnini era commissario straordinario post terremoto. Accuse a cui, nei mesi scorsi, abbiamo provato a cercare riscontri senza riuscirci.
Nel frattempo Legnini e Luca Palamara, che erano stati chiamati in causa, hanno presentato querela a Milano.
Ma adesso dalle conversazioni di Sbraccia con Calamucci e Gallo è stato individuato un altro filone in via di approfondimento che riguarda il presunto coinvolgimento di Zafarana nella verifica dell’esistenza di segnalazioni di operazioni sospette a carico di Sbraccia.
Legnini ha ricevuto una convocazione per la prossima settimana in Procura e il capo d’accusa non cita il generale, ma un ex appartenente alla Fiamme gialle, poi transitato nei servizi segreti come autista. Si tratta di Rosario Bonomo, il quale, ieri, con La Verità ha negato il proprio coinvolgimento nei controlli.
Nella comunicazione della Procura si legge che i reati contestati a Legnini (rivelazione di segreto e accesso abusivo a banca dati riservata) sono «ravvisabili nell’intermediazione compiuta, per conto di Sbraccia, presso ufficiali della Guardia di Finanza (in questo caso il riferimento dovrebbe essere proprio a Zafarana, ndr) ed ex appartenenti al Corpo, tra cui Rosario Bonomo, al fine di consentire all’imprenditore Sbraccia di acquisire informazioni riservate sulle banche dati in uso al Corpo; servizio che Rosario Bonomo svolgeva in modo continuativo - in cambio di remunerazione - sotto forma di assistenza e sicurezza aziendale in favore di Sbraccia».
I primi a indagare su questa pista sono stati i carabinieri di Varese. E in un’informativa inviata alla Procura di Milano avevano ammesso di non avere trovato riscontri: «Sbraccia racconta di quando ha dovuto iniziare a verificare le informazioni che gli veicolavano Gallo e Calamucci, facendo ripetutamente riferimento a un presunto incontro con il comandante generale della Guardia di finanza Giuseppe Zafarana, finalizzato all’espletamento di tali verifiche, episodio in relazione al quale si ritiene, però, di dover precisare che non sono stati raccolti elementi utili ad accertarne l’effettivo svolgimento».
Ma il quotidiano La Repubblica ha dato quasi per assodato il passaggio di documenti: «L’avvocato (Legnini, ndr) ha avuto dall’ex comandante della Gdf Zafarana informazioni per un suo amico imprenditore», ha scritto ieri il quotidiano romano.
L’ex vicepresidente del Csm, da parte sua, ha smentito con forza questa ipotesi: «Tali notizie scaturiscono da false affermazioni rese da appartenenti alla società Equalize […]. Ho già provveduto, lo scorso mese di giugno, a inoltrare atto di denuncia-querela per diffamazione e calunnia nei confronti dei predetti hacker. A seguito delle attività di indagine conseguenti a tali false dichiarazioni da parte degli appartenenti alla società Equalize, ho richiesto io stesso, per il tramite del mio difensore, avvocato Antonio Villani, al pm titolare delle indagini di essere ascoltato, essendo assolutamente convinto della mia totale estraneità ai fatti che mi vengono falsamente attribuiti. Mai, infatti, ho compiuto attività di intermediazione presso gli ufficiali della Guardia di finanza ed ex appartenenti al Corpo, per Lorenzo Sbraccia o per chiunque altro, al fine di acquisire informazioni da banche dati riservate».
A questo punto Legnini puntualizza: «Si riportano, peraltro, errate informazioni come le circostanze pubblicate sul quotidiano La Repubblica, del tutto inesistenti, in base alle quali disporrei da un lato di una casa “corazzata a prova di intercettazioni” e, dall’altro, avrei favorito asseriti incontri e/o presentazioni di Lorenzo Sbraccia con l’ex comandante generale della Guardia di finanza, Giuseppe Zafarana, che mai ho contattato per tali finalità. Fornirò, quindi, con assoluta serenità tutti i chiarimenti che mi saranno richiesti e confido che questa vicenda, frutto di calunniose affermazioni da parte di persone con le quali non ho mai avuto nulla a che fare, possa definirsi al più presto». In effetti Calamucci, a verbale, aveva descritto come una casa bunker («Completamente blindata, con delle porte iperblindate, jammer, delle finestre con delle tende protettive»), non quella di Legnini, ma quella di Sbraccia.
A Milano, Gallo ha riferito ai pm di avere litigato con Sbraccia (un cliente «gold» di Equalize) proprio a causa dei rapporti dell’imprenditore con l’alto ufficiale: «Lui era stato con Legnini dal generale Zafarana […] siccome lui non si fida di nessuno prendeva informazioni anche su di noi […] quindi è andato a chiedere a Zafarana, tramite Legnini, di verificare se a carico suo c’erano attività da parte della Guardia di finanza». L’ex poliziotto scende nei particolari: «Legnini l’ha portato da Zafarana e il generale l’ha ricevuto […] ha chiamato il suo collaboratore, ha detto “fai questo nominativo” e gli ha fatto fare una serie di accertamenti... dopodiché è tornato e ha detto, stai tranquillo che non...». Il generale avrebbe messo Sbraccia sul chi vive, sostenendo che il principale azionista di Equalize, Enrico Pazzali, fosse uno che «spaventa le persone» e avrebbe anche chiesto di riferire ai vertici della società milanese «che queste cose che fanno sono illegali e rischiano...». Gallo avrebbe chiesto a Sbraccia di riferire questo suo messaggio al comandante: «Digli a Zafarana che se l’ha fatto (il controllo, ndr), ha fatto una cosa illegale anche lui». Adesso gli inquirenti capitolini, per accertare la veridicità della vicenda, hanno convocato in Procura uno dei protagonisti: Legnini. Prima di loro, i colleghi milanesi avevano trasmesso il fascicolo nella Capitale, competente territorialmente, per gli opportuni accertamenti senza avere prima iscritto Zafarana sul registro degli indagati, a causa dei mancati riscontri. Dal tono vago della convocazione inviata a Legnini sembra che la ricerca non abbia ancora prodotto risultati certi nemmeno nella Capitale. Anche perché se alla Guardia di finanza avessero inserito il nominativo di Sbraccia nella banca dati che contiene le sos, una traccia sarebbe dovuta rimanere. Ma a leggere l’informativa dei carabinieri sembra che i primi controlli non abbiano consentito di individuare la presunta interrogazione illecita.
Una ricerca analoga ha, invece, dato risultati clamorosi nell’inchiesta sui presunti accessi abusivi realizzati dal tenente delle Fiamme gialle Pasquale Striano.
Le intercettazioni rivelano che Sbraccia ha usato il nome di Zafarana per esternare di fronte a Gallo e Calamucci i dubbi sul loro operato, come se lo volessero tenere sulle spine per scucirgli quattrini: «Te lo dico sincero, io sono franco eh... a me non mi devi prendere in giro, se c’è il problema lo devo sapere, se non c’è, non è che cambia il mio atteggiamento nei confronti di Equalize» dice. E aggiunge, riferendosi al generale che lo avrebbe tranquillizzato: «Se tu mi dici che le sos ci sono ho bisogno di andare a prendere di petto Zafarana e dire “senti testa di c...”». E quando l’alto ufficiale aveva saputo che le informazioni arrivavano da Equalize si sarebbe scaldato e avrebbe definito quelli di Equalize «ricattatori di m…»: «Mo’ ci penso io», avrebbe esclamato. E anche: «Mo’ lo distruggo (Pazzali, ndr)». Sbraccia riferisce ai suoi due interlocutori anche il motivo di tanto risentimento: «Perché già a un’altra brava persona gli han fatto lo stesso sistema, però ovviamente ricattandolo, creando un problema per poi provare a risolverlo e fottergli i soldi...».
Nella conversazione viene citato l’ex 007 dell’Aisi Bonomo, assunto dall’imprenditore ai domiciliari su indicazione di Legnini.
Sbraccia, dopo avere ricevuto da Gallo e Calamucci un estratto della banca dati protetta Serpico, si sarebbe confrontato con l’ex agente, il quale avrebbe avvertito il suo datore di lavoro che con quel materiale si «rischiano fino a
cinque anni di carcere»: «Questo me l’ha detto Bonomo... quello che voi avete portato a Roma è Serpico...». E anche Legnini avrebbe consigliato a Sbraccia di «chiudere» con Equalize.
Nell’intercettazione l’imprenditore propone una soluzione a Gallo e Calamucci. Suggerisce di mettere a confronto le presunte fonti di Equalize e i potenti mezzi del Comando generale della Gdf per acquisire conferme sull’esistenza delle sos: «Tu mi dici: “Guarda non riesco a essere certo”... vuol dire che io chiedo a Legnini, una volta ogni quindici giorni, vado da Zafarana e gli faccio fare il controllo…». Calamucci assicura di essere anche lui in grado di monitorare e «vedere» le sos: «Su questo ci dev’essere una collaborazione… io ti dico: “Io vedo questo, c’è questo”, poi tu gli chiedi anche la tua verifica... se il mio dato è genuino, io son più contento!». Ma poi lancia l’alert e «chiarisce a Sbraccia che anche quello che avrebbe fatto Zafarana (la verifica dell’esistenza o meno di sos a suo carico) costituisce un reato: “L’illecito lo commette anche lui eh, perché lo controlla per conto di un privato”». A Milano non hanno trovato riscontri a queste affermazioni. Adesso a cimentarsi sono i magistrati di Roma, che hanno deciso di interrogare, su sua richiesta, Legnini a poche ore dal Natale.